Per lui sono un gioco, niente di più
Mi sveglio nel cuore della notte,
Ma perché mi sono ridotta cosi, perché? In fondo te la sei cercata tu, Sophia. Ed è vero, la mia coscienza ha ragione: me la sono cercata io. Così tra le lacrime esco da quella doccia e mi dirigo verso il letto dove, come al solito, mi butto con poca delicatezza e in men che non si dica i miei occhi si fanno pesanti e con ancora addosso la tovaglia mi addormento lì, con mille pensieri nella testa e i suoi occhi di fronte a me.
William
È già mattina. La notte con quella piccola sgualdrina è passata. È stata a dir poco strepitosa: lei che urlava dal dolore e quelle bellissime lacrime che scendevano dai suoi occhi azzurri, i quali i imploravano di smetterla, ma io la penetravo ancora di più, ancora più in fondo, ancora più veloce, ancora più forte. Quelle come lei devono essere prese a novanta e sbattute violentemente su qualsiasi superficie.
Mi giro a toccare il lato dove ho fatto dormire Sophia, ma non c'è. Così con un gesto rapido mi alzo e mi dirigo verso la cucina, pensando di trovarla lì, ma non la trovo. Inizio a preoccuparmi pensando che sia uscita senza il mio permesso, e ciò significherebbe solo una cosa: una fottutissima punizione, che si ricorderà per il resto della sua insignificante vita.
"Sophia, dove cazzo sei?", urlo con tutte le mie energie, ma nessuna risposta. "Soph, se non mi dici immediatamente dove cazzo sei avrai una punizione esemplare che ricorderai per il resto della tua esistenza", grido a denti stretti mentre salgo le scale per andare nelle loro stanze. Apro la porta della stanza di Sarah, ma non è lì, quindi decido di vedere se è nella sua stanza.
Davanti la porta della sua stanza tiro prima un sospiro e poi mi concentro a vedere come ha affisso e decorato il suo nome sulla porta bianca: è di un colore azzurro e blu notte. Immagino siano i suoi colori preferiti. Appoggio la mia mano sulla maniglia e apro: lei è stessa sul letto con un solo asciugamano tutto aperto. Ne deduco che si è fatta la doccia e si è semplicemente addormentata. Studio attentamente il corpo scoperto: i seni piccoli e sodi, una vita sottile ma ben pronunciata, delle gambe magre e lunghe... È bellissima. I miei occhi cadono su quei segni e cicatrici sul corpo.
Sono stato io, ma perchè non mi sento in colpa per averle fatto quei segni? Vengo colto dalla mia coscienza che parla: coglione, non ti senti in colpa perché lei è la tua puttana, una delle tante. Ha ragione la mia coscienza: è una delle tante. Resto a osservarla un po' e noto quel marchio fatto a fuoco a carne viva, proprio nel suo bassoventre: "baby 123". Sì, è la mia Bimba numero 123. Faccio ancora un giro in quella stanza. Noto sui muri vari disegni. Sul muro di fronte al letto è disegnata la notte stellata di Vincent Van Gogh, sull'altro lato tre persone, una donna che tiene per mano una bambina e un uomo, tutti e tre sorridenti e spensierati; rispettivamente nelle pareti destra e sinistra sono disegnati il buio e il giorno: chissà a cosa si riferiscono... Do un altro sguardo veloce alla camera e noto una foto di tre persone, esattamente quelle del dipinto sul muro.
Mi aggiro a passo lento in quella stanza come per poter capire chi sia quella Baby 123. I miei occhi cadono su un disegno e mi accorgo che si tratta di lei, legata nuda sul un letto, e di un uomo che si slaccia la cintura. Guardo attentamente quel disegno e mi accorgo che quell'uomo sono io. La mia mente viaggia fino a tornare a quell'episodio... "Vieni qui, Soph", dissi io con un leggero ghigno in volto. Sì, l'avrei punita per non aver obbedito al mio ordine di starsene a casa. Vedo gli occhi di Sophia farsi scuri, piccoli, pieni di lacrime. Noto quasi immeditatamente che le sue mani tremano, mentre avanza verso di me a passo lento, con molta insicurezza. La vedo avanzare verso di me e fermarsi poco distante dal piccolo pouf di fronte allo specchio. Mi schiarisco leggermente la gola "Sai, cara piccola bimba, quando si esce senza il mio permesso si viene puniti. E tu, verrai punita molto severamente", esordisco ormai a qualche centimetro dalla sua candida bocca. La vidi sgranare i suoi meravigliosi e ingoiare la saliva che probabilmente le si sarà formata sentendo quelle parole fuoriuscire dalla mia bocca. "Cosa vuole fare, signor William?", chiese lei in un sussurro che a mala pena riuscì a sentire. "Oh mia cara, lo scoprirai tra qualche minuto. Adesso spogliati", dissi passando un dito sotto il suo mento mentre la guardavo negli occhi. Bastano pochi minuti e la spinsi nel letto dopo averla fatta spogliare completamente. Aveva un corpo mozzafiato, candido come la neve, che in pochi minuti sarebbe stato rovinato da me. "Vieni qui, Sophia, mettiti a pancia in su, a con braccia e gambe divaricate". E lei tra qualche lacrima fece così, si divaricò per bene. La legai. Eccola lì, inerme di fronte a me, mentre la guardavo con occhi lussuriosi e vogliosi di lei, di farle male, di far uscire da quella bocca carnosa dei gemiti di dolore, e lacrime dai suoi bellissimi occhi. "Signore, no, la prego", mi dice con le lacrime agli occhi. "Tu non mi preghi di smettere proprio nulla. Sono io qui a decidere", dissi slacciandomi la cintura di cuoio che da lì a poco avrebbe toccato il suo esile corpo.
Eccomi qui a sbattere la mia cintura sul suo corpo e a sentire le sue urla di dolore mentre conta per me. Ormai il suo corpo è diventato di un rosso intenso e io mi eccito tanto a vederlo di quella tonalità di colore. I suoi occhi ormai rossi e gonfi fanno fatica a rimanere aperti, il suo respiro diventa sempre più corto. Decido così di lasciar cadere per terra la mia cintura, la quale al contatto con il pavimento provocò un fastidiosissimo suono che la costrinse ad aprire gli occhi. Mi passa per la mente di marchiarla a fuoco. Così mi avvicinai al telefono e composi il numero. Risponde Simone dopo vari squilli:
"Ehi bro, dimmi"
"Senti, brò, mi servirebbe che tu mi salissi degli oggetti con cui marchiamo le puttane. Li trovi al solito posto. Fa' presto".
Pochi instanti dopo ecco apparire Simone con quegli oggetti nelle mani e un sorriso sul volto. "Puoi andare, Simone", dico io liquidandolo con un gesto, Questa volta con lei me la sarei voluta vedere io. "Aspetta, William, avevamo deciso che queste ragazze le avremo marchiate insieme", dice lui un po' deluso nel tono della voce. Ha ragione, ma con lei è diverso. "Non con questa, Simone: con lei me la voglio vedere io. Ora va' a scoparti due protette a tua scelta".
Ed eccola, la porta chiusa, lei inerme immobile su quel letto e io che la guardavo con gli occhi pieni di eccitazione per il capolavoro appena compiuto. Ma da lì a poco se ne sarebbe compiuto un altro: l'avrei marchiata come avevo fatto con le altre. Mentre però la macchinetta con su scritto il suo nome si surriscaldava, io decisi di chiamarla. "Sophia, adesso ci divertiremo ancora di più", dico. "Cosa vuoi fare?", chiede lei con poca voce, ma da me riceve un piccolo schiaffo per avermi dato del tu. Mi guarda senza capire il perchè, ma io non rispondo. La macchinetta é già abbastanza calda, a dir poco perfetta. Decido di farglielo nel basso ventre: la posiziono per bene e, prima di poggiare l'affare su di lei, le dico: "Non devi urlare, non più". Annuisce.
Un urlo lascia le sue labbra e le lacrime si fanno sempre più abbondanti, il suo respiro sempre più veloce tanto da farle mancare l'aria. "Sta' zitta, cazzo".
Ancora un altro urlo. Ancora altre lacrime. Così decido di allontanarmi da lei: ha capito la lezione. La lascio sola ancora nel mio letto, mentre io scendo giù a portare e posare le cose che mi erano servite precedentemente. Apro la porta del mio studio e rimetto apposto il tutto, mentre do un'occhiata abbastanza veloce al pc acceso: un cliente mi ha mandato un'email in cui chiedeva tre ragazze, tra cui Sophia. Rispondo con un si a quell'email, spengo il pc e ritorno in camera.
Ecco, questo piccolo episodio mi ricorda il giorno in cui lei è diventata ufficialmente la mia bimba. Se vi state chiedendo se mi sento incolpa di tutto ciò vi dico una cosa: no, non mi sento in colpa per nessuna ragione.
Le do un'altra occhiata e decido di lasciarla dormire ancora un po', visto che stasera lavorerà per strada. Le do un bacio sulla nuca ed esco dalla stanza. Ma perchè l'avevo fatto, perché l'avevo baciata? Ti fa pena, mi suggerisce la mia coscienza. Probabilmente è vero, ma non do così tanta importanza alla cosa. Mi avvio nel mio ufficio a sbrigare alcune pratiche.
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le sue mani su di me volume 1 Completa
RomanceWilliam, proprietario di un circolo di prostituzione, intimoriva ogni ragazza gli si presentasse davanti, ma lei era diversa: Sophia, una diciannovenne come tante, entrò dopo un cata-strofico incidente in questo circolo. Sexy, perverso, altamente...