Capitolo Otto

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When I wake up I'm afraid, somebody else might take my place
When I wake up I'm afraid, somebody else might take my place
( Afraid - The Neighbourhood )



Gli stivali scuri e segnati dal tempo, si scontravano al suolo calpestando le foglie autunnali che nei giorni si erano avaramente sparse per le strade della città rendendole vive di colore e dando loro una certa armonia. Lux aveva sempre amato il periodo che segnava la fine dell'Autunno e che dava spazio all'Inverno di nascere. E fin da bambina si divertiva a calpestare le foglie facendo rimbombare per la sua testa un crick-crock a farle venire un sorriso sulle labbra, un sorriso che, solo colui che di pensieri non ne aveva, poteva sfoggiare. Lux difatti non aveva mai avuto tanti pensieri per la sua testa alle volte nemmeno pensava e non si poneva il problema perché una ragione valida per farlo, non ce n'era.

Nuvole tinte di un lieve rosa scorrevano velocemente nel cielo che andava a scurirsi, mentre un lieve venticello accompagnava quell'ultima giornata di Autunno e il cuore di Lux era ancora colmo di gioia pura. Il ricordo di quella ragazza di un anno prima così giocosa e vivace era impressa nella sua mente, chiedendosi se sarebbe riuscita mai a rivedersi in quella ragazza che ora stava miglia e miglia lontana da lei a salutarla agitando la mano. Lux sperava che quel saluto fosse solamente un arrivederci e non un addio.





La ragazza si risvegliò tra le lenzuola bianche del letto, che ancora non sentiva di poter definire suo. Un leggero sospiro abbandonò le sue labbra e si mise seduta per poi distendere le braccia in avanti e stiracchiarsi. Era certa di aver saltato la colazione anche quella volta, ma ormai aveva smesso di preoccuparsene poiché Louis si occupava di portarle da mangiare. In cuor suo Luxia sapeva di dover ringraziare mille volte il ragazzo per i suoi gesti premurosi, ma non voleva dimostrare di aver abbassato la guardia nei suoi confronti. Era sempre stata diffidente, soprattutto verso chi di gentilezza ne mostrava fin troppa.

Non usciva da quella stanza ormai da giorni e Louis aveva capito che se non si fosse occupato di fornirle del cibo, la paziente 8326 non si sarebbe posta il problema.
Quella mattina però fece capolino nella stanza qualcuno che di certo non era Louis. Il viso dai lineamenti duri di 2085 sbucò da dietro la porta e con un sorriso a farle da spalla, entrò nella camera senza chiedere il permesso. Una tuta di colore verde chiaro le fasciava l'intero corpo snello e slanciato, e ancora una volta, Lux ebbe l'impressione di trovarsi di fronte ad una modella rispetto ad una malata di mente. Si stropicciò gli occhi più e più volte cercando di togliere da sé la voglia di dormire, senza però avere successo.

« Oh, allora ci sei ancora. Pensavamo che fossi morta signorina. » rise mentre alcune ciocche dei capelli scuri che fuori uscivano dalla coda le solleticavano le guance.

Lux sorrise lievemente « Credevo sarebbe venuto Louis. » ammise con tutta sincerità e quando si rese conto delle sue parole, penso di essere stata fin troppo diretta e quasi sgarbata « Sono contenta di vederti. » rimediò con tutta velocità e si alzò dal letto, stiracchiandosi ancora una volta.

2085 perse il sorriso che poco prima stava sfoggiando e ne seguì invece una smorfia di puro fastidio e quasi tristezza « Lo hanno portata in laboratorio, è successo ieri sera. » confermò con voce piatta e i suoi occhi si fermarono in un angolo poco definito della camera, mentre nella sua testa viaggiavano pensieri che consistevano in domande senza risposta in merito al perché si trovavano lì. Aveva passato notti intere a riflettere e a porsi domande quali "Perché ci meritiamo questo?" "È forse una punizione che ci spetta?" Ed era arrivata ad un unica conclusione, risposta non c'era. In cuor suo sapeva che alcuni di loro meritavano di stare lì, altri invece no e lei credeva di essere una di quelle persone. Ricordava ancora l'orribile sensazione delle sue vene che si contorcevano sotto l'effetto delle sostanze somministratele da Josh e Fred che ormai sembravano essere gli unici addetti alle cure che dovevano seguire i pazienti. L'ultima volta che le era stato dato un codice 34 aveva passato due giorni a piangere lacrime amare con la voglia di urlare, ma l'incapacità di farlo faceva soltanto aumentare la paura e il dolore che si sviluppava a livello psicologico. Perché si, la ragazza sentiva ancora tutto il dolore che bruciava dentro di sé e che avrebbe preferito subire sulla pelle persino nelle ossa piuttosto che provarla in mezzo al petto. Un dolore che pregava di essere provato e sentito, ma che le era stato ingiustamente impedito. Quei ricordi era possibile vederli nei suoi occhi scuri che in quel preciso istante erano vuoti e privi di quella luce che un tempo, forse, avevano.
« Non fanno altro che portarci lì e imbottirci di sostanze che ci distruggono. » borbottò con un filo di voce e un nodo alla gola le impediva di avere un tono limpido e chiaro « Avevano smesso per un periodo di tempo e avevo iniziato a pensare che magari, cominciassero ad avere pietà, ma mi sbagliavo. » e in quel momento gli occhi colmi di lacrime si mostrarono a Lux che si trovava di fronte a lei, con il viso deformato da un espressione confusa « Hanno iniziato dopo che tu non hai mostrato alcun sintomo. »

ᴇxᴘᴇʀɪᴍᴇɴᴛ 6735 ; ʰᵉˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora