Capitolo Tre

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I put your mother through hell, don't you mind
I hurt your brother as well, don't you mind don't you mind
Oh I was thinking about killing myself, don't you mind
I love you, don't you mind don't you mind
(Me - The 1975)


Il gettò di acqua caldo si scagliò sulla sua pelle fredda causandole un sospiro di piacere. Chiuse gli occhi mentre i lunghi capelli venivano anche essi bagnati, le braccia erano strette al petto come per darsi maggior calore. Sentiva ancora un leggero dolore alla gola, i segni del gesto di 6735 le erano rimasti impressi sulla pelle. Un marchio che doveva farle capire che lei non doveva affatto avvicinarsi a lui, ma in cuor suo sapeva che era Harry. Ne era certa, nonostante sembrasse più scontroso e cattivo, era lui e ne era cosciente. Ripensò alla scuola e i ricordi felici del suo passato - benché si trattasse della sua vita quotidiana, o almeno fino ad una settimana fa - la fecero sorridere involontariamente. Le sembrò di sentire le urla e il rumore persistente delle ante degli armadietti che sbattevano in suoni secchi e decisi.


I suoi pensieri poi passarono alla madre, e il sorriso sembrò scomparire. In pochi secondi si ritrovò nel bel salone di casa, dai colori tenui e scuri. Le pareti erano di un color crema a contrasto con la mobilia in legno scuro. Era seduta sul divano bianco, vicino alla madre. I capelli neri della donna sembravano ancora più scuri per via della poca luce ad attraversare la stanza, mettendo in risalto però la sua carnaggione lattea. « Appena finita la scuola, vorrei andare in Spagna. » smorzò il silenzio.

Sua madre la guardò con occhi curiosi e allo stesso tempo intimoriti « La Spagna? È parecchio lontana, Lux. » disse per poi rivolgerle un dolce sorriso attraverso le labbra sottili.

Luxia riusciva a riflettere la sua figura negli occhi scuri della madre, sembrava più piccola di quello che ricordava « È proprio questo il punto. » poggiò la mano su quella di sua madre « Voglio scappare via da qui e tu verrai con me. »

Una risata divertita fu emessa da Tiana « E che ne facciamo di papà? » a quella domanda la piccola Lux scrollò le spalle come se ciò non avesse importanza, causendole delle risate ancora più rumorose e la strinse la tra le sue braccia.


Quel ricordo, Lux sembrò sentirlo sulla propria pelle, sentiva ancora il calore del corpo di sua madre contro il suo e il profumo di agrumi dei suoi capelli invaderle le narici come in un ondata di vento. Le mancava terribilmente, ma sapeva che sarebbe tornata a prenderla. I suoi genitori non l'avrebbero mai lasciata in quel luogo a marcire, cercava di convincersi. Ma era pur sempre una speranza a cui aggrapparsi.

Avvolse il corpo con l'accappatoio viola che trovò piegato in maniera perfetta nel piccolo armadio che le era stato concesso. Nonostante si sentisse prigioniera, sembrava non l'avessero privata dell'umanità che c'era in lei. Nell'armadio vi erano anche delle divise a tinta unita di vari colori con della biancheria intima coordinata per ogni divisa, gli unici indumenti che in quel luogo erano concessi. L'essere così precisi e questa punta di perfezione la facevano sentire a disagio, ma almeno sapeva di non dover vivere con delle vesti sporche. Uscì così da una delle tante docce, mentre il vapore si estendeva per l'intero bagno, grande abbastanza da poter ospitare venti persone.

Si accorse di aver perso davvero tanto tempo sotto la doccia, quando davanti alla sua visuale si mostrò una ragazza, intenta a tirare sù la cerniera della divisa. Quando era entrata nel bagni, si era assicurata che non ci fosse nessuno eppure sembrava che invece non fosse da sola. La ragazza aveva la pelle olivastra e nonostante la poca luce e le nuvole di vapore era facile da notare. I capelli lunghi e marroni le ricadeva sulle spalle, mentre delle gocce d'acqua scivolavano dalle punte al pavimento.

ᴇxᴘᴇʀɪᴍᴇɴᴛ 6735 ; ʰᵉˢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora