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Un mese era già passato da quando eravamo arrivati a Polis e ci eravamo perfettamente ambientati, anche se ogni tanto avevamo un po' di nostalgia di casa e dei nostri parenti e amici, anche se ormai lì ci stavamo trovando molto bene. Io e Octavia avevamo iniziato a seguire i corsi di combattimento con Lexa e Indra e avevamo imparato abbastanza bene a maneggiare una spada. In questo modo passavamo anche il tempo assieme e fortunatamente riuscì a perdonarmi. Murphy invece aveva iniziato ad uscire con Emori ed ero convinta che molto presto si sarebbero messi assieme. Anche Octavia e Lincoln avevano iniziato ad uscire e si vedeva che erano molto felici. Ero molto contenta per loro, perchè finalmente dopo tanto tempo erano riusciti a trovarsi bene con qualcuno. Inoltre avevamo anche fatto amicizia con Anya e Indra, che erano diventate meno scontrose e si erano rivelate due persone fantastiche. Anche la situazione di Bellamy e Pike migliorò, dato che vennero liberati, anche se Pike era sempre sotto controllo a causa dei suoi comportamenti ribelli. Poi c'era Lexa. Ormai avevo accettato il fatto che mi piacesse, ma non ne avevo mai parlato con lei per paura di un rifiuto, anche riuscivo a notare un certo interesse da parte sua. Almeno però riuscivamo a stare assieme tutte le sere mentre mi insegnava il Trigedasleng, che ero riuscita già ad imparare abbastanza bene, e ogni tanto anche ci raccontavamo degli episodi che ci erano successi in passato. Purtroppo però non sapevamo quanto potevamo rimanere ancora, dato che avevamo detto alle nostre famiglie che saremmo rimasti al massimo un mese, però pensai che avremmo sicuramente trovato un modo per restare lì ancora un po' di tempo.
Quel giorno mi svegliai allegra e ancora inconsapevole di ciò che sarebbe successo le settimane successive. Mi alzai dal mio letto e mangiai la colazione che qualcuno già mi aveva portato e aveva appoggiato sul tavolino. Poi decisi di andare da Raven per parlarle del problema delle nostre famiglie, dato che lei era un genio e avrebbe sicuramente trovato una soluzione. Uscii dalla stanza, scesi le scale fino ad arrivare alla sua stanza e bussai.
R: Avanti!
Entrai e dopo poco la vidi sbucare dal balcone.
R: Ciao Clarke! Come stai?
C: Bene, tu?
R: Bene. Volevi chiedermi qualcosa?
C: In realtà si, infatti sono venuta qui per parlarti delle nostre famiglie, dato che loro si aspettano che entro qualche giorno noi ritorniamo, ma mi sembra che tutti noi vogliamo rimanere qui ancora un po'. Per cui mi chiedevo se riuscissi a trovare un modo per comunicare con loro...
R: Hai ragione Clarke. Dato che mi ero portata dietro un vecchio telefono, ma purtroppo si è rotto nella foresta, anche sepotrei provare a ripararlo. Forse Emori avrà qualche pezzo di ricambio che mi serve...
C: Ottima idea e grazie dell'aiuto! Quando sarà pronto chiamami, va bene?
R: Si. Probabilmente sarà pronto domani e se avrò fortuna già questa sera.
Dato che non avevo niente da fare andai a bere qualcosa con Murphy ed Emori e poi mi rinchiusi in camera mia a disegnare fino a sera. Pensandoci bene, arrivai alla conclusione di rivelare a Lexa i miei sentimenti per lei, anche se avevo molta paura della sua reazione, ma per non pentirmi nel futuro, dovevo farlo e ormai niente o nessuno me lo avrebbe impedito.
Immersa ancora nei miei pensieri, sentii la porta spalancarsi. Mi girai e vidi Lexa entrare nella mia stanza rivolgendomi un sorriso di quelli che mi facevano sciogliere il cuore.
L: Ciao Klork.
Mi faceva impazzire quando Lexa mi chiamava così sbagliando un po' la pronuncia, infatti era da poco che mi ne accorsi, ma non mi dava per niente fastidio.
C: Ciao Lexa.
Iniziammo a ripassare gli argomenti della volta precedente, ma essendo un po' tesa, purtroppo Lexa lo notò e si fermò.
L: Va tutto bene?
C: Si certo, non preoccuparti.
L: Lo vedo che sei tesa...
C: Non è nulla di grave...
L: Klork, lo sai che con me puoi parlarne...
Inizialmente esitai, ma poi decisi di buttarmi, perchè prima o dopo avrei comunque dovuto dirglielo.
C: Va bene, te lo dirò, ma ti prego promettimi che non reagirai male.
L: Ci proverò, ma così mi fai preoccupare...
C: È da un po' che volevo dirti che provo qualcosa per te, anche se non so esattamente cosa sia, ma volevo che lo sapessi.
Lexa cambiò subito espressione e sembrò quasi spaventata, ma potevo vedere che era turbata e aveva anche un leggero velo di tristezza negli occhi.
L: Mi dispiace Klork, ma io non posso.
Così si alzò e dopo avermi dato un ultimo sguardo dispiaciuto uscì e andò via.
Delusa e triste dalla sua reazione mi misi a piangere ininterrottamente. Avevo troppi pensieri per la mente e poi la mia tristezza si trasformò in rabbia. Non volevo più vedere Lexa, così presi una decisione molto affrettata e probabilmente insensata: andare via da Polis e vivere da sola nella foresta in modo da andare via da quella situazione.
Così scrissi un biglietto e lo lasciai sul tavolo. Avevo semplicemente scritto che ero andata via per un po' perchè avevo bisogno di stare da sola e di non preoccuparsi. Poi presi due pugnali e una spada e senza fare rumore uscii dal palazzo. Fortunatamente per strada non c'era nessuno così riuscii ad addentrarmi indisturbata nella foresta. Cercai un albero su cui salire facilmente e quando lo trovai, salii e mi misi a riflettere. Poco dopo però riuscii a sentire in lontananza un pianto disperato e mi sembrò che fosse un bambino. Così decisi di scendere dall'albero e di andare a vedere.
Dopo aver camminato per almeno 10 minuti, vidi una piccola costruzione di legno che probabilmente era una casa, così mi avvicinai sempre di più e aprii la porta. Ciò che vidi mi stupì: c'era una bambina di non più di 6 anni che piangeva vicino a due corpi pieni di sangue. Sicuramente erano i suoi genitori. Cercai di avvicinarmi, ma appena mi vide prese un coltello che si trovava sul tavolo e lo mise davanti a sé, in modo da proteggersi da me.
C: Ehi, non preoccuparti.
Lei sembrò abbastanza perplessa, così poi capii che non parlava la mia lingua, ma il Trigedasleng.
C: Nou get yu daun. Ai laik Clarke. Chon yu bilaik? (Non preoccuparti. Io mi chiamo Clarke. Tu chi sei?)
M: Ai laik Madi. (Io sono Madi)
C: Emo laik yu nomon en yu nontu? (Loro sono tuo padre e tua madre?)
M: Sha. (Si)
Dopodichè le chiesi se potessi restare lì con lei, in modo da non lasciarla sola e anche se titubante, acconsentì.
Dopo poco andò a dormire e io decisi di mettere i cadaveri dei suoi genitori in grandi sacchi, in modo da bruciarli il giorno seguente, come era loro tradizione.
Mi dispiaceva molto per Madi, perchè non deve essere stato per niente piacevole vedere i suoi genitori morire davanti a sè, per cui ho deciso che starò con lei questi giorni in modo da aiutarla ad affrontare questo trauma.

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