18.

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All'alba io e Lexa arrivammo all'aeroporto e pensammo a come poter tornare a Polis, perchè ovviamente non avevamo una macchina.
C: Che ne dici di noleggiare una macchina?
L: Klork, purtroppo non ho i soldi che usano qui, perchè come sai, noi usiamo solo le monete oppure barattiamo...
C: Hai ragione. Io ho qui pochi soldi, per cui al massimo potremmo chiamare un taxi...
L: Si, ma poi il conducente si insospettirà se gli diciamo di portarci nel bosco...
C: Credo basti che ci porti solo lì vicino.
L: Va bene. Tu però ce la farai a camminare fino a Polis? Perchè ci metteremo circa cinque ore...
C: Si, non preoccuparti. Al massimo faremo una breve sosta.
Lexa annuì e ci dirigemmo verso il centro, dato che era lì vicino. Chiamai il taxi e dopo poco arrivò.
X: Dove devo portarvi?
C: Vicino al bosco, per favore.
X: Va bene. Se posso chiedere, come mai andate così presto lì?
Lexa mi guardò con uno sguardo un po' preoccupato, ma fortunatamente sapevo già cosa rispondere.
C: Stiamo semplicemente andando a fare una passeggiata, così passiamo un po' di tempo assieme nella natura.
X: State molto attente.
C: Come mai?
X: Perchè sono convinto che da quelle parti viva della gente crudele.
L: E da cosa lo deduce?
L'autista si rattristò e poi sospirò.
X: Qualche anno fa, mio figlio Nate organizzò un'escursione con due sue amiche nel bosco. Le due ragazze non furono mai trovate e lui ritornò in fin di vita. Era ferito e terrorizzato. Continuava a ripetere cose senza senso e diceva solamente un'unica frase, ma era incomprensibile. Ormai sono tre anni che è morto. All'inizio ha avuto solo la morte cerebrale, ma poi abbiamo deciso che era meglio lasciarlo andare. Poi mia moglie a causa di tutto quel dolore decise di suicidarsi.
C: Mi dispiace tanto per ciò che le è successo
Sentendo queste parole, mi venne in mente la storia che ci raccontò Monty quando lo conobbi e dedussi che fosse lui il ragazzo di cui mi parlò.
L: Anche a me dispiace molto. Forse però non erano per forza delle persone ad averlo spaventato, ma può essere stato un brutto incontro con un animale selvatico...
X: È impossibile, perchè aveva ferite da pugnale e da feccia. Quei selvaggi sono proprio crudeli.
Lexa annuì e la vidi agitarsi. Sicuramente le dispiaceva per ciò che era successo e si preoccupava di non essere scoperta. Decisi quindi di prenderle la mano per tranquillizzarla e apparentemente funzionò.
Dopo un po' arrivammo, ma stranamente l'autista parcheggiò.
X: Va bene se faccio con voi un tratto di sentiero? Così mi assicuro che stiate bene. Sapete, ho già perso un figlio e ora non voglio che per colpa mia vi succeda qualcosa.
C: Va bene, è molto gentile da parte sua!
Ci incamminammo nel bosco e iniziammo a parlare del più e del meno. Ad un certo punto però, vidi in lontananza due persone con quattro cavalli. Fortunatamente l'autista era troppo impegnato a parlare per notarlo. Più che ci avvicinavamo, più riuscivo a distinguere meglio le due figure. Erano Indra e Octavia! Mi bloccai di colpo e l'autista guardò verso l'orizzonte. Appena vide le mie amiche, sbiancò.
X: Scappate, ci sono i selvaggi!
Lexa però riuscì a bloccarlo in tempo e lui fece una faccia stranita.
X: Cosa stai facendo?!
Lexa non ebbe tempo di rispondergli, perchè le mie amiche corsero verso di noi.
C: Octavia! Indra!
Corsi ad abbracciarle e mi scesero delle calde lacrime sulle guance.
C: Mi siete mancate!
O: Anche tu! Pensavo che non ti avrei più rivista!
Ci staccammo dall'abbraccio e rivolgemmo subito l'attenzione all'uomo.
I: Heda, bilaik gira sich? (C'è qualche problema?)
L: No, nou get yu daun. (No, non preoccuparti)
X: Siete anche voi delle selvagge?!
Disse l'autista rivolgendosi a me e a Lexa quasi gridando.
I: Lei è il nostro comandante e lei è la donna di cui si innamorata.
X: Quindi tu non sei una di loro?
Mi chiese scioccato.
C: No, ma ho imparato la loro lingua e mi sono integrata. Loro ormai sono la mia casa e la mia famiglia.
X: Ti prego, aiutami! Non voglio fare la stessa fine di mio figlio.
Io guardai Lexa e mi fece cenno di aspettare.
L: Octavia, legalo.
X: No, vi prego!
Lexa non lo ascoltò e prese da un cavallo la sua armatura. Iniziò a cambiarsi da quei vestiti che per lei sicuramente erano scomodi e la indossò. Rimasi incantata guardandola. Quella donna era di una bellezza incredibile.
Quando Lexa finì di vestirsi e di indossare le armi, vidi l'autista fare un'espressione impaurita.
L: Come ti chiami?
X: David Miller.
L: Bene, David Miller. Purtroppo non posso lasciarti andare, perchè sicuramente riveleresti tutto, ma non ho intenzione di farti del male.
D: E cosa vuoi fare? Imprigionarmi? Ti ricordo che ho degli amici e loro sicuramente si preoccuperebbero per la mia mancanza.
L: Ho già pensato a tutto. Adesso però andiamo a Polis.
D: Dove?!
L: È la nostra capitale.
Salimmo sui cavalli e partimmo.
O: Clarke, cos'hai fatto in tutti questi anni?
C: Mi sono laureata, però pensavo ogni giorno ad un modo per raggiungervi. Sai, sono stati degli anni veramente orrendi.
O: Mi dispiace tanto per ciò che hai dovuto passare. Purtroppo noi non siamo riusciti a ritornare per riprenderti...
C: Non preoccuparti. L'importante è che adesso siamo di nuovo tutti insieme.
O: Hai ragione.
C: Come va con Lincoln?
O: Benissimo! Ci amiamo sempre di più e sono contenta che sia riuscito a conoscere anche i miei genitori.
Le sorrisi e continuammo il viaggio tranquillamente, fino a quando ci fermammo per fare una pausa.
L: Signor Miller, mi dispiace veramente per ciò che è successo a Nate.
D: Non provare nemmeno a dire il suo nome.
Rispose l'uomo furioso.
L: Adesso non uccidiamo più chi viene nella foresta. Tutto questo però è solo grazie a Klork. Lei mi ha fatto capire che voi non siete cattivi e che non meritate di morire.
D: Infatti qui gli unici cattivi siete voi.
L: Hai ragione. Per la nostra stupida mania di nascondere la nostra identità siamo arrivati al punto di uccidere chiunque non faccia parte dei nostri clan.
D: Com'è possibile però riuscire ad uccidere qualcuno?!
L: Tutti noi siamo cresciuti con la prospettiva di diventare soldati e fino ai tempi del nostro comandante precedente eravamo sempre in guerra. Per questo motivo abbiamo sempre imparato a sopravvivere e per farlo, dovevamo uccidere. Inoltre abbiamo un principio, ovvero 'sangue chiama sangue', infatti quando ad esempio qualcuno uccide o cerca di uccidere qualcuno, lo uccidiamo. Adesso risparmio i particolari, perchè per chi non è abituato è veramente terribile. Da quando ho conosciuto Klork però, ho capito che la violenza non è sempre la soluzione. Purtroppo non conoscendo la nostra cultura, dubito che riuscirà a capire le nostre motivazioni, ma spero che un giorno ci perdoni.
D: Io non me ne faccio niente delle vostre scuse! Siete solo dei selvaggi senza cuore! Piuttosto che finire nelle vostre mani, preferisco morire.
L: Ne sei sicuro?
D: Assolutamente. Così almeno rivedrò mio figlio.
L: Va bene.
C: Lexa...non penserai veramente di ucciderlo?
L: Se è quello che vuole, lo farò. Credo che abbia già sofferto abbastanza.
Annuii e la lasciai continuare.
L: Hai un ultimo desiderio?
D: No, non ho più niente che mi leghi a questo mondo.
Lexa annuì e sfoderò la sua spada affilata. Si mise in posizione e mirò al suo cuore.
L: Yu gonplei ste odon.
Miller fece una faccia sconvolta.
D: Ecco cosa diceva mio figlio...
Proprio quando finì di dire quella frase, Lexa gli trafisse il cuore con un'abile mossa.
Dopodichè decidemmo di continuare il viaggio e nessuno proferì più parola.

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Ciao! Mi dispiace tanto per aver aggiornato appena adesso. Spero però che vi piaccia il nuovo capitolo. ;)

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