lo specchio nero

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Lo specchio è uno dei più potenti strumenti di divinazione esistenti. Le sue radici affondano nell'antichità, e la sua magia ripercorre ancora vie inconsce dentro noi.
I primi specchi in antichità erano formati da delle lastre di metallo lucidate in modo impeccabile e così da divenire superfici completamente riflettenti. Ma in verità, come afferma Sabine Melchior Bonnet nel suo Storia dello Specchio: "Sarebbe scorretto parlare di un tempo precedente e di uno seguente all'invenzione dello specchio, poiché, fin dalla preistoria, l'uomo si è interessato alla propria immagine e ha utilizzato ogni sorta di espediente, pietre scure e levigate o pozze d'acqua, per osservare il proprio riflesso."
Il primo principio di specchio veniva quindi soddisfatto mediante piatti di terracotta in cui veniva versata dell'acqua, ma dal momento che questo tipo di immagine poteva rimanere indistinta, cominciò l'uso di superfici metalliche. Molte antiche civiltà del bacino del mediterraneo, tra cui micenei, greci, romani etruschi e gli stessi egizi, cultori della bellezza, idearono specchi di metallo utilizzando quasi sempre una lega di rame e stagno: il bronzo, trattato in lamine sottili e quindi poco ossidabili.

Si dice che fu Efesto, il signore della fucina, ad ideare il primo specchio. come dice sempre la Bonnet: "Su antiche ceramiche del V secolo a.C. sono raffigurati eleganti personaggi di Corinto che si rimirano in piccoli dischi di metallo levigato, fissato ad un manico o ad un piede, a volte decorati sul retro con scene mitologiche. Alcuni specchi erano in argento, più raramente in oro, e la placcatura veniva eseguita a caldo; erano quasi sempre bombati: concavi diminuivano le dimensioni dell'oggetto riflesso, mentre convessi le aumentavano. Di solito erano molto piccoli, misuravano quindici o venti centimetri di diametro e si presentavano a tre usi principali: chiusi in piccole scatole, erano specchietti da tasca; muniti di un manico saldato o di un anello, erano retti da schiavi durante la toeletta e venivano poi appesi al muro; infine, potevano avere un supporto, spesso una silhouette femminile o maschile fissata su tre piedi o tre zampe. Volute, palmette e corone decoravano le cornici di legno o di metallo che inquadravano il disco levigato

Le donne etrusche utilizzavano specchi a manico, con un supporto o in scatolette simili a quelli greci; nelle loro tombe ne sono stati trovati molti. Nemmeno le ricche matrone romane potevano farne a meno, e a questo proposito Seneca dice di loro: "per uno solo di questi specchi, d'oro o d'argento cesellato, incastonato di gemme, le donne sono capaci di spendere tutta la dote un tempo offerta dallo stato alle figlie dei generali poveri!". I romani diedero a questo oggetto nuove forme, crearono infatti specchi quadrati o rettangolari, con manici d'avorio probabilmente copiati da quelli etruschi. Ai lati erano fissate piccole spugne destinate a pulire e lucidare, prima di ogni impiego, il metallo. Con la diffusione di uno stile di vita sfarzoso, anche le ancelle cominciarono a possedere abitualmente specchi in argento e non più in bronzo. Durante l'Impero, gli specchi entrarono a far parte anche della toeletta maschile. Apuleio ne possedeva uno e Giovenale prendeva in giro l'Imperatore Ottone che considerava il proprio specchio uno dei principali strumenti del proprio equipaggiamento da guerra! Nella toeletta dei più ricchi, gli specchi potevano raggiungere dimensioni tali da riuscire a riflettere la figura intea: Specula totis paria corporibus, diceva Seneca; a volte, ma si trattava di sfarzi eccezionali, erano persino incastonati nei muri delle case.


Oltre al metallo, i romani apprezzavano particolarmente una pietra vulcanica dai notevoli poteri riflettenti, nera e molto lucente, l'ossidiana, benché essa, come fa notare Plinio: "restituisse l'ombra, piuttosto che l'immagine degli oggetti". Resti di questi oggetti, risalenti a più di seimila anni fa, sono stati rinvenuti in Anatolia."
Durante gli scavi delle tombe egizie nella Valle dei Re, furono ritrovati rudimentali specchi probabilmente di origine fenicia composte da sottilissime lastre di vetro con una faccia ricoperta da piombo dal fondo annerito a fumo. Questi specchi, legati al culto di Hathor, erano chiusi nelle tombe perché destinati a far "rivivere" il volto dei defunti stessi.
La produzione di specchi ebbe un piccolo a Venezia nel quattdicesimo secolo, dove mastri vetrai producevano questi oggetti con una lastra di vetro su un foglio di mercurio e stagno.

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