l'oleolito

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Gli oleoliti sono soluzioni oleose dei fitocomplessi curativi delle piante officinali o oli da condimento aromatizzati. Possono essere ottenuti per soluzione da estratti fluidi liposolubili, per digestione solare, infusione e decozione, scaldando la pianta sino ad eliminare tutta l'acqua. (fonte: wikipedia)

Ci sono due metodi per preparare oleoliti fai da te:

Metodo a digestione solare

Il metodo di preparazione più naturale è una macerazione effettuata al sole in recipienti di vetro scuro con coperchio stagno, in modo che l’olio copra completamente tutto il materiale vegetale e senza lasciare alcuno spazio tra l’olio e il coperchio (si ottiene così una sorta di digestione abbreviando i tempi di estrazione a 21-30 giorni) e si espone il contenitore al sole di giorno e in luogo fresco e buio di notte, per due settimane.
Per le quantità la letteratura è varia: Marco Valussi (professore, autore di diversi libri di Aromaterapia e collaboratore per la produzione dei nostri oli essenziali e idrolati Gadoi) parla di 250 grammi di pianta secca o 750 grammi di pianta fresca per 500 ml di olio, o comunque abbastanza olio per coprire completamente il materiale vegetale, altri autori suggeriscono 7 parti di olio per 1 parte di pianta secca: il Bettiol ad esempio afferma che il vegetale usato rappresenta generalmente il 15-20% dell’estratto finale, cioè occorrono 200-250 g di pianta secca per 1000 g di olio. Occorre sempre sperimentare per trovare il rapporto che vi è più semplice gestire.
Partendo da pianta secca, terminata la macerazione, filtrare e imbottigliare oppure, per Bettiol, spremere mediante torchio e lasciare riposare per almeno 24 ore in luogo fresco quindi si filtra su carta.
In alcuni casi è d’obbligo utilizzare la pianta fresca (ad esempio per iperico, elicriso, ciclamino, melissa, celidonia) perché essa soffre eccessivamente dei processi di essicazione; in altri casi si dovranno valutare i pro e i contro singolarmente. Generalmente l’utilizzo della pianta secca è preferibile perché permette di evitare rischi di irrancidimento o crescita batterica a causa della presenza dell’acqua.
Nel caso si dovesse utilizzare materiale fresco si opera nella stessa maniera descritta per la pianta secca ma con alcuni accorgimenti in più: Marco Valussi (professore, autore di diversi libri di Aromaterapia e collaboratore per la produzione dei prodotti Gadoi, scelti da Erboristeria Como per voi!) ad esempio consiglia:

Prima di immergere il materiale nell’olio occorre disporlo su un telo/carta bianca all’aperto in zona ombreggiata perché perda parte della sua acqua; lasciarlo 4-5 ore oppure fino a che non abbia perso metà del suo peso.

Quando si prepara l’oleolito, non coprire il recipiente/vaso con un coperchio bensì con un telo o carta da alimenti, in modo che l’acqua possa evaporare.

Dopo avere separato l’oleolito dal materiale vegetale, occorre lasciarlo riposare per 4 giorni in un recipiente alto, coperto con un telo/carta alimentare.

Dopo 4 giorni si noteranno 2 fasi separate, una acquosa sul fondo, originata dal contenuto in acqua della pianta fresca, una oleosa nella parte superiore che rappresenta l’estratto. Occorre pertanto recuperare soltanto quest’ultimo eliminando la parte acquosa mediante decantazione o mediante un imbuto separatore. Il prof. Bettiol invece consiglia di fare questa operazione già dopo 48 ore di riposo, visto che le fasi comunque si son già separate, per poi far riposare l’estratto ancora per altre 24-48 ore. In ultimo, il nostro oleolito viene sottoposto a filtrazione su carta di adatta porosità.
Per la conservazione: se utilizzate il metodo solare mettete la vitamina E nell’olio prima di immergervi le piante.

Metodo a bagnomaria

Sminuzzare il materiale e mescolarlo in un recipiente di acciaio o altro materiale inerte (vetro, ceramica) con olio di oliva. Si possono usare 250 grammi di pianta secca o 750 grammi di pianta fresca per 500 ml di olio, o comunque abbastanza olio per coprire completamente il materiale vegetale.
Mettere poi il recipiente a bagnomaria con un coperchio (pianta secca) o un telo (pianta fresca) e lasciare andare a fuoco basso mescolando occasionalmente per 2-4 ore. L’olio non deve mai scendere sotto il livello della pianta, l’acqua deve sempre sobbollire molto leggermente, e il recipiente non deve mai toccare il fondo della pentola.
Posizionare un telo pulito o un filtro non metallico molto sottile su un recipiente, versare la massa di vegetale e olio e filtrare, strizzando con forza per ottenere il massimo di olio dal materiale; se la pianta è fresca non esagerare con la forza per non ottenere troppa acqua.
L’olio ottenuto è l’oleolito. Alla fine si imbottiglierà riempendo sempre fino all’orlo, si chiuderà e si metterà l’etichetta specificando la natura dell’olio e la data di produzione. Per la conservazione: se preparate l’olio con il metodo del bagnomaria mettete la vitamina E e gli oli alla fine del processo, a temperatura ambiente.

Alcuni parametri da considerare prima della preparazione:

scelta dell’olio grasso: le vecchie Farmacopee prescrivevano di usare gli oli commestibili, poco colorati, con odore e sapore deboli, non rancidi e che non dovevano diventare torbidi dopo averli tenuti per 24 ore a 10° C. e non avessero la tendenza ad essiccare. Nella scelta dell’olio vanno considerati tre parametri: indice di saponificazione (meno lunga è la catena più grande sarà la capacità di solvatare le molecole polari), Indice di iodio (un alto valore indica un’alta polarità e una grande capacità di solvatare molecole polari), % di insaponificabili. Bruno Pelle a riguardo riporta una utile tabella nel suo “Manuale del Fitopreparatore”;

scelta del metodo estrattivo;

uso del cosolvente, che è un solvente non miscibile con l’olio (10-15% di alcool etilico o 20-30% di vino bianco) che riesce a penetrare nel corpo del vegetale e solubilizzare componenti per poi estrarli e metterli a contatto con l’olio. Poi il cosolvente viene eliminato per evaporazione facendo riscaldare la massa a bagnomaria;

rapporto D/E: variabile a seconda delle piante e degli usi finali. In generale si consiglia di frantumare quanto è più possibile la droga e di metterla a contatto con il solvente nel rapporto 1/2, 1/5 o 1/10;

scelta della droga: in genere si utilizzano piante secche per non avere l’inconveniente di ritrovarsi con acqua nell’oleolito finale, con conseguente formazione di muffa e carica batterica. La droga deve essere sminuzzata per facilitare l’azione dell’olio.

Come si conserva un oleolito?

A causa dell’assenza di acqua nella formulazione, gli oleoliti son ben protetti nei confronti dei microrganismi, tendono invece facilmente a ossidarsi per cui devono essere addizionati di opportuni antiossidanti: vit E allo 0,3-0,5% (naturale), BHA o BHT allo 0,01-0,05% (sintetici), ottile o propile gallato allo 0,01% (sintetico). Il modo migliore per preservare gli oleoliti, oltre all’aggiunta di un antiossidante, è quello di assicurarsi durante la loro produzione di utilizzare solo utensili puliti e asciutti, e di eliminare tutta l’acqua che dovesse essere presente nell’olio.

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