32 | ᴘᴇʀ ᴄᴀsᴏ sᴇɪ ᴜɴ ᴄᴏʀʀɪᴇʀᴇ?

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Seduta sul pavimento con la schiena contro al fondo del letto, fisso il casino che ho creato.

Sono fottuta.

Appena ho smesso di piangere, ho iniziato a ricordare i momenti passati con Jenna.

Perché non è stato il tradimento del mio ragazzo quello che mi ha fatto più male, ma quello della mia migliore amica.

Ho ricordato il nostro primo incontro, ad una festa.

Il cesso è diventato parte di me. Lo sto abbracciando da almeno mezz'ora, mentre vomito anche l'anima. Appena finisco, mi pulisco con della carta igienica e scarico, per poi sedermi sul pavimento, esattamente davanti al pezzo di ceramica. Aspetto un'altra ondata di nausea, perché la mia serata al momento non comprende nient'altro. Ho decisamente bevuto troppo.

I minuti passano ed io non vomito di nuovo, così, convinta di stare meglio, mi alzo di scatto dal pavimento per poter tornare a ballare, ma il movimento improvviso mi fa ritornare ad abbracciare il mio nuovo amico mentre vomito per l'ennesima volta.

Sento la porta del bagno aprirsi, devo aver dimenticato di chiudere a chiave.

«Che schifo.» Una voce femminile raggiunge le mie orecchie.

Pulisco la mia bocca e scarico di nuovo, per poi girarmi verso la porta del bagno, dove vedo una ragazza ferma sulla soglia che mi guarda. Ha dei capelli castani che le arrivano alle spalle, degli occhi scuri e un vestito rosso. Quando guardo i suoi piedi noto che è scalza.

«Perché sei senza scarpe?» Le chiedo.

«Le ho tolte perché mi facevano male i piedi e le ho messe in un angolo. Ho visto un ragazzo che me le ha fregate, ma sono troppo pigra, quindi non l'ho rincorso.» Vedo che mi fissa, e non sembra volersene andare.

Un nuovo conato mi fa tornare dal mio amico.

«Hai un aspetto orribile, come ci sei finita così?» mi chiede la ragazza sconosciuta.

«Una gara di shottini» borbotto, prima di riprendere a vomitare. Sento un sospiro e la sconosciuta chiude la porta per poi venire a tenermi i capelli.

«Sono Jenna.»

«Ivy.» Mi presento tra un conato e l'altro.

Ho ricordato la prima volta che abbiamo conosciuto Jackson.

Jenna ha deciso di affrontare il ladro di scarpe, così si è tolta i tacchi e li ha messi in un angolo. Si è allontanata da quel punto e si è messa accanto a me. La gente intorno a noi balla, beve, si diverte. Io e Jenna fissiamo dei tacchi. Non so bene come ci siamo arrivate a questo punto, so solo che, alla fine di ogni festa, si lamenta che qualcuno le frega i tacchi che si toglie per il dolore ai piedi. Le sono sparite tre paia di scarpe, oltre a quello della sera in cui ci siamo conosciute.

Vediamo un ragazzo moro fermarsi vicino ai tacchi. Si abbassa e toglie le sue scarpe, per poi mettersi i tacchi. Io e Jenna ci guardiamo confuse e divertite allo stesso tempo, e andiamo verso di lui.

Il ragazzo non ci nota, e lo vediamo salire sul bancone della cucina, mentre richiama l'attenzione su di sé. Mette su una performance improvvisata dove canta e balla, tendendo una bottiglia di vodka come microfono. La bottiglia è vuota, e il ragazzo completamente ubriaco, eppure balla quei tacchi in modo eccezionale. Dovrei chiedergli delle lezioni.

Lo guardo affascinata, e mi avvicino a lui, trascinando con me Jenna, che era rimasta anche lei a fissarlo.

Arriviamo vicino al bancone, e quando nota che lo fissiamo, si abbassa e avvicina il suo viso al nostro. «Ehilà dolcezze, cosa desiderate da Jackson il magnifico?»

«Sei tu che mi continui a rubare i tacchi?» Jenna lo guarda con un sopracciglio alzato e con l'aria divertita.

Jackson ha un'aria colpevole. «Può essere.»

Poi il ragazzo si gira verso di me, e i suoi occhi sembrano illuminarsi. «Ma ciao, biondina! Tu sei quella con cui ho fatto una gara a chi riuscisse a bere più shottini circa due mesi fa. Mi hai stracciato alla grande, ma poi ho visto che sei corsa in bagno.»

«Avevo voglia di intraprendere una relazione con il cesso. È di compagnia.»

Il ragazzo mi guarda divertito. «E così ti sei fregata il mio ragazzo, eh? Male. Potevi almeno chiedere.»

Scoppio a ridere. «Sono Ivy.» Poi indico la mora al mio fianco. «E lei è Jenna.»

«Quella che rivorrebbe tutte le sue scarpe» ci tiene a precisare, scoppiando a ridere.

Ricordare quei momenti mi ha fatto tornare la rabbia. E ho distrutto la camera. Non succedeva da un po', ma dovevo sfogarmi.

Mi sono fermata solo quando ho sentito la porta d'ingresso chiudersi. Pensavo fossero i miei genitori, quindi mi ero fermata, ma era solo Nora che usciva.

Mi sono seduta a terra, e ho continuato a ricordare i momenti con Jenna, come il fatto che era stata lei a farmi notare quello che è poi diventanto il mio ragazzo.

Jenna, Jackson ed io siamo all'ennesima festa. Ormai ci conoscono tutti e veniamo sempre inviati, perché siamo fuori di testa e la gente ci trova simpatici e divertenti.

Guardo Jackson scendere dal tavolo dove ha appena ballato. Questa volta ha usato i miei tacchi, visto che Jenna ormai mette solo ballerine, visto che Jax l'ultima volta le ha rotto un tacco.

Il mio migliore amico viene verso di me, restituendomi le scarpe. Io mi abbasso e le rimetto ai piedi.

Jenna viene verso di noi. «Ivy, c'è un ragazzo che non ti toglie gli occhi di dosso.»

Indica un punto alla mia destra e tutti e tre ci giriamo a guardare. Un ragazzo coi capelli scuri è seduto sul davanzale della finestra, tiene una birra nella mano destra e guarda verso di noi. Appena nota che lo stiamo fissando tutti e tre, sorride imbarazzato.

Jackson mi colpisce sulla spalla. «Ivy, se non ci vai a provare, giuro che mi faccio avanti io.»

«Ti ricordo che non so rimorchiare, Jax» gli dico, divertita.

«Taci Ivy. Anche se gli rifili una pessima battuta va bene. Sii te stessa.»

Lo guardo. «Me stessa?» Scoppio a ridere e lo colpisco sul fianco. «Se dovesse andare male, ti pentirai di questa frase.» Ho già una mezza idea su cosa dire.

Vado verso il ragazzo. «Ehi.» Lo saluto. «Avrei una domanda da farti.»

«Dimmi.» Dalla voce non sembrerebbe ubriaco questo ragazzo. Da un lato ci speravo, perché quando tornerò sobria mi pentirò di quello che sto per dire.

«Per caso sei un corriere? Perché tra le gambe hai proprio un gran bel pacc-» Vengo interrotta dalla sua risata.

Sorrido. «Sono Ivy.» Allungo il braccio sinistro verso di lui.

«Thomas.» Mi stringe la mano. «E credo di essermi appena innamorato di te.»

Sospiro e mi alzo dal pavimento, pronta a rimediare un minimo al casino che ho combinato prima che tornino i miei genitori.

Faccio in tempo a raccogliere i cuscini del letto dal pavimento, che la porta della mia camera si apre.

Merda, non mi ero accorta che qualcuno fosse tornato a casa.

Mi giro di scatto verso la porta, e vedo sulla soglia mia madre che guarda sconvolta le condizioni della mia camera.

Appena il suo sguardo si sofferma su di me, i suoi occhi diventano lucidi e si porta una mano sulla bocca.

«Ivy...»

Ti giuro che non sono una psicopaticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora