Dato che nei commenti del capitolo precedente ci sono stati un po' di divergenze sulla questione incesto e sul significato della parola, vi metto la definizione qua sotto sperando di dissipare ogni dubbio.
‹Rapporto sessuale fra persone legate da quei rapporti di affinità o consanguineità che oppongono impedimento assoluto al matrimonio.›
Arriva un momento, durante la propria esistenza, in cui ci si chiede se il proprio modo d'essere è corretto. Sto prendendo le decisioni giuste? Sto vivendo al meglio? Intorno a me ho solo persone a cui tengo e che ci tengono a me a loro volta?
Le risposte a queste domande? No. Soltanto una sillaba, solo due lettere, ma la piena rappresentazione di questo periodo della mia vita.
Dannato Freud, prima di sapere della tua esistenza non mi facevo tutte queste domande.
Mi chiedo, ma perché non mi prendo un po' di tranquillanti ogni tanto? O perché non fumo l'erba di mia madre? Insomma, ho pure la spacciatrice che mi dà roba di qualità e gratuitamente!
È da quando ho sentito Jackson al telefono che mi sto maledicendo mentalmente. Il perché? Devo andare a casa sua. E c'è anche Andrew.
Non lo vedo da quattro giorni, precisamente da quando gli ho fatto una sfuriata inutile. Cioè, nel senso, quello che ho detto lo penso davvero, ma era proprio il momento giusto?
Mi sento tremendamente in imbarazzo. Certo che è stato uno stronzo, però, a dire che non eravamo mai diventati amici. Siamo persino stati arrestati insieme!
Quindi ora sono indecisa su come comportarmi appena lo vedo. Gli faccio rimpiangere di essersi trasferito in quella casa o mi scuso? Bah. Certe volte vorrei essere nata con l'uscita piuttosto che con l'entrata tra le gambe, almeno sarei stata più tranquilla e avrei preso tutto come veniva, senza paranoie.
Basta vedere il mio migliore amico! Ha trovato il suo attuale ragazzo approcciando con lui con una pessima battuta da rimorchio.
Sbuffo, alzandomi dal letto, e iniziando a prepararmi. Tecnicamente sarei già in ritardo, praticamente dovevo prima finire di ascoltare la mia playlist. Mancavano solo tre canzoni quando Jax aveva chiamato, non potevo di certo abbandonarle. Che importa se il mio migliore amico mi aveva detto di andare subito da lui?
Prendo il telefono e la borsa di corsa, mentre mi fiondo giù dalle scale, pronta a uscire e prendere la macchina, così da arrivare prima.
Arrivo davanti alla porta d'ingresso e, dopo aver preso le varie chiavi, la apro, ma quando sto per uscire mio cugino mi ferma.
Mi guarda curioso. «Dove vai?»
«Dal mio migliore amico.» Tento di uscire di nuovo, ma la sua voce mi blocca.
«Jackson?»
«Jackson.»
«E sarete solo voi due?»
«No, ci saranno anche il suo ragazzo e i quattro migliori amici di quest'ultimo.»
«Posso venire?» mi chiede, cercando di imitare l'espressione di un cucciolo. Devo dire che gli riesce parecchio bene.
Tentenno, ma poi mi ricordo che sono in ritardo. «Ti devi preparare?»
Mi fa segno di no con la testa. «Devo solo mettere le scarpe.»
Lo aspetto pazientemente, - beh, pazientemente per dire, dato che ho passato quei secondi a sbattere di continuo il piede contro il pavimento.
Appena è pronto lo prendo per il braccio e lo trascino fuori mentre corro per il giardino.
Sento Ian ridere. «Andiamo, bambola, ti piacciono le maniere forti?»
Mi acciglio, bloccandomi un secondo per girarmi a guardarlo. «Hai finito di fare allusioni?»
«Non posso, dolcezza, sono un concentrato di sexaggine e doppi sensi.»
«Qualcosa mi dice che tu e Jackson andrete molto d'accordo» borbotto.
*****
Ian ed io siamo fermi al centro del salotto del mio migliore amico, mentre i sei ragazzi attorno a noi ci fissano.
A quanto pare non si aspettavano per niente di vedermi arrivare con un ragazzo, che per di più aveva un braccio a circondarmi le spalle.
Incrocio le braccia al petto, attendendo che qualcuno si riprenda dal suo stato catatonico.
Dopo istanti di silenzio che mi sembrano interminabili, Jax decide di fare uso delle sue corde vocali. «Allora, figlio di Malefica, che tempo fa all'Inferno?»
Ian sorride. «Stanno mettendo i condizionatori, sai, per via di tutto quel caldo.»
Non mi meraviglio che se ne siano usciti con un discorso senza senso, dato che parliamo di un mio parente e del mio migliore amico. Una persona anormale non può che circondarsi di suoi simili.
Vedo che Max fissa male Ian, che ancora sta sorridendo a Jax, e mi decido a fare le presentazioni. «Allora ragazzi, questo è mio cugino Ian. Se volete chiamarlo in qualsiasi altro modo, a me va bene. Soprattutto se sono insulti.»
«Ehi!» Il diretto interessato tenta di protestare, ma io lo ignoro tranquillamente, proprio come ho fatte negli ultimi ventidue anni fino a meno di una settimana fa - escludendo i miei vari tentativi di levarmelo di torno.
«Allora, ameba, il ragazzo accanto a Jackson, quello alla sua destra che sta tenendo la sua mano sul suo ginocchio e che gli sta praticamente pisciando intorno, è Max, il suo ragazzo.» Lo indico, mentre lui sorride per le mie parole.
«Mentre quello alla sinistra di Jax è Sam, un idiota che ha provato a sfidarmi a calcio convinto che nel giro di mezzo secondo mi sarei buttata a terra piangendo per un'unghia rotta.»
Mio cugino si avvicina all'ultimo ragazzo che ho presentato e gli dà diverse pacche sulla spalla. «Ti ha battuto?»
Sam storce il naso. Mi sa che ancora gli brucia. «Alla grande» mormora.
Io riprendo con le mie fantastiche presentazioni. «Ian» lo richiamo. «Quei due ragazzi che stanno appiccicati come Cip e Ciop sono Rob e Theo. Se vuoi andare in un qualsiasi locale a rimorchiare, loro sono le spalle giuste.» Loro fanno un cenno con la testa a mio cugino per salutarlo. Ah, uomini.
Poi arrivo all'ultimo ragazzo che mi manca da presentare, di cui ho sentito lo sguardo bruciare addosso per tutto il tempo. «L'ultimo ragazzo è Andrew, detto Drew. Non fidarti delle sue parole, è l'emblema dell'incoerenza» dico, guardandolo negli occhi con sfida, mentre il ragazzo che ho nominato alza gli occhi al cielo, tuttavia mostrando un piccolo sorriso.
Ecco, ora gli sto facendo pentire di essersi trasferito. Dopo, appena troverò un momento in cui potrò portarlo da parte senza che gli altri se ne accorgano, potrò anche scusarmi.
Finite le presentazioni abbandono il fianco di mio cugino e mi butto sul divano, in modo da crearmi uno spazio tra Jax e Sam.
Ian invece va a sedersi accanto al mio carissimo docente di psicologia e, appena appoggia il suo didietro sulla stoffa, vedo che prende il suo telefono, mentre ghigna verso di me.
Oh, no.
Dice qualcosa nell'orecchio di Andrew, e poi entrambi mi guardano.
So già che posso fare poco e niente, perché se ho imparato qualcosa su Ian anche prima della nostra tregua, è che se si mette in testa qualcosa nessuno potrà destarlo dal suo obiettivo.
Spero solo abbia finito con le foto che mi riprendono mentre ero sul mio vasino.
Che poi, chi ha fatto quelle foto sapeva dell'esistenza della privacy?
STAI LEGGENDO
Ti giuro che non sono una psicopatica
Novela JuvenilIvy Jane è una ragazza di ventidue anni un po' fuori dagli schemi. Con una madre convinta che praticare l'arte orientale del Feng Shui sia la soluzione a tutti i problemi della famiglia e un padre che ogni mattina si mette ad urlare contro il cane d...