Rimango in spiaggia con gli amici di Andrew, e devo ammettere che mi sento un po' a disagio.
Insomma, sono con quattro ragazzi che non conosco, il mio migliore amico mi ha abbandonata per del sesso, dovrei spogliarmi e rimanere in costume davanti a loro, e in tutto ciò ho una voglia matta di hamburger e patatine fritte.
Doveva essere una semplice giornata passata con Jax, ma è diventato un "socializziamo tutti insieme appassionatamente".
«Ehm... uh... quindi...» Che discorso articolato che sta uscendo fuori. «Che si fa?»
Sam, o almeno credo sia lui, parla. «Oh, noi stavamo giocando a calcio, ma se a te dà fastidio stare qui da sola mentre giochiamo, allora possiamo fare altro.»
Lo fisso malissimo, perché ha sottinteso che non avrei giocato, e anche perché non ha proposto di andare a mangiare qualcosa. «Per me non c'è nessun problema, mi piace giocare a calcio.»
Sam sospira, come se stesse parlando con una bambina che fa i capricci e non capisce. «Ascolta, Ivy, io mi riferisco a vero calcio. Noi colpiamo la palla, facciamo di tutto per prenderla a costo di far cadere gli altri, facciamo goal, e in tutto questo noi non stiamo attenti a non spezzarci un'unghia, ai capelli, al trucco e tutto il resto.»
Alzo un sopracciglio. «Quindi stai dicendo che le ragazze non possono giocare a vero calcio?» dico le ultime due parole con disgusto.
Lui fa un piccolo sorriso. «Non è che non potete...» Fa una pausa, come per cercare le parole giuste o per attutire il colpo delle sue parole. «Non ne siete in grado.»
I suoi amici lo guardano male, mentre io gli scoppio letteralmente a ridere in faccia. Non solo viene a dirmi queste cose mentre sono affamata e, di conseguenza, di pessimo umore, ma mi ha data per scontata senza conoscermi.
In quel momento mi vengono in mente i vari momenti in cui mia zia, quella grandissima stronza, ha detto che non ero in grado di fare qualcosa.
«Ivy, sei una ragazza. Contieniti con il cibo, non puoi diventare un pozzo senza fondo.»
«Ivy, per l'amor di Dio, datti una sistemata. Non puoi mica uscire vestita così.»
«Sei mia nipote solo di sangue, poi non hai nient'altro in comune con me. Non puoi avere dei capelli del genere. Non sono eleganti.»
«Non puoi dormire fino a tardi, perdi del tempo che non riavrai più indietro.»
«Ivy, non puoi frequentare ancora quel tuo amico lì, non è accettabile.»
La mia vita è stata ed è un continuo "non puoi".
«Ascolta un po', Sam» inizio a dire, mettendogli la mano destra sulla spalla. «Sono di pessimo umore perché ho fame e ho perso una scommessa con il mio migliore amico, ed io detesto perdere perché sono una persona piuttosto competitiva. E questa la dice lunga su come finirà la partita che stiamo per fare. E tu mi hai detto che non sono in grado di giocare a calcio. Che non non sono in grado, capisci?» Scoppio di nuovo a ridere. «Sono cresciuta con un padre con cui mi contendevo ogni singola cosa con partite a calcio, poi ho conosciuto Jackson, e ho iniziato a farlo pure con lui.» Mi alzo in piedi e inizio a spogliarmi.
«Alza il culo dall'asciugamano, che ti devo umiliare.» Poi mi blocco un attimo, ricordandomi della colazione che ho fatto. «Vi chiedo già scusa se ti tirerò pallonate un po' troppo forti. Stamattina ho mangiato i biscotti di mamma con l'erba e al momento non riuscirei a distinguere un colpo dato per sbaglio da uno con cui per poco non vi rendevo sterile. In entrambi i casi, se dovessi colpire Sam non avrei sensi di colpa.»
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Ti giuro che non sono una psicopatica
Teen FictionIvy Jane è una ragazza di ventidue anni un po' fuori dagli schemi. Con una madre convinta che praticare l'arte orientale del Feng Shui sia la soluzione a tutti i problemi della famiglia e un padre che ogni mattina si mette ad urlare contro il cane d...