Mia madre ha avuto la brillante idea di cucinare una torta.
Evento unico e raro, dato che è sempre mio padre ad occuparsi dei dolci. E non perché lei non ne sia capace o altro, ma perché tende a, come dire, personalizzarli.
In pratica mette l'erba in ogni dolce che fa.
Entro in cucina, perché ho sentito mamma dire che la torta la faceva al cioccolato, e quindi sono qua nella speranza che ne sia avanzato un po'.
«Mamma è avanzato un po' di-» mi blocco vedendo che tipo di cioccolato ha preso.
«Fai sul serio, mamma? Compri il cioccolato alla marijuana da mettere in una torta dove già di tuo metterai della marijuana?»
Sono sconvolta.
Mia madre è proprio fissata.
Dio mio, ci manca solo che inizi a venderla.
Come se coltivarla nella serra non fosse già abbastanza.
Mia madre non mi guarda nemmeno mentre parla, troppo concentrata nella preparazione della torta. «Ivy, tesoro, negli ultimi due giorni ti ho vista giù di morale, quindi ho deciso di renderti felice con un po' di torta al cioccolato. Tu ami il cioccolato. E poi ho fatto una videochiamata con Jackson, dopo verrà per un po' di torta. E poi la marijuana rende tutti di buon umore.»
Eh già. Mia madre e il mio migliore amico si sono scambiati i numeri anni fa e si scrivono quasi ogni giorno.
Se Jax non fosse gay mio padre l'avrebbe già ammazzato.
All'inizio non ci credeva, ma quando ha letto la loro chat e ha visto che si scambiavano opinioni sui vestiti, commentando i colori, il tessuto, la fantasia, le cuciture...
Insomma, mio padre da quel momento non si è più preoccupato di niente.
Sospiro. «Mamma, sai benissimo perché sto così. E poi l'erba non risolve tutto.»
Lei si ferma e mi guarda. «Lo so Ivy. So che l'erba non risolve tutto e so anche che stai così per via della sorella di tuo padre. Cerchiamo in tutti i modi di evitarla, ma quando si intestardisce... non ci possiamo fare nulla.»
Poi nei suoi occhi vedo compassione e tristezza.
Detesto quando mi rivolge quello sguardo.
«Starà qui solo per un mese, Ivy. E poi non la rivedremo per almeno un anno. Troppo impegnata con i suoi tanti viaggi.»
Annuisco, e poi me ne torno in camera.
Mi butto sul letto e fisso il soffitto.
Non faccio altro ultimamente.
Poi sposto lo sguardo sulle pareti e storco il naso, disgustata. Queste pareti sono un pugno nell'occhio ogni volta che le guardo. Un'idea mi passa per la mente. Quanto potrebbe essere difficile pitturare una stanza?
*****
Tanto. La risposta è tanto. Sono andata su internet a vedere cosa mi serve e cosa va fatto, e l'unica conclusione a cui sono giunta è che, per avere una nuova camera, devo aspettare il momento in cui cambierò casa.
In pratica devo aspettare solo mezzo secolo. Niente di che, insomma.
Quando dovevo scegliere l'università, io e Jax pensavamo di prendere in affitto un appartamentino o andare nei dormitori, perché volevamo allontanarci un po'... Mia madre ha avuto una crisi isterica perché, parole sue, la sua bambina voleva abbandonarla; mentre il padre di Jackson aveva pregato suo figlio affinché non se ne andasse, perché poi sarebbe dovuto rimanere in casa con sua moglie e le due figlie adolescenti.
Ero rimasta sorpresa dalla reazione di mia madre; non la facevo una donna sentimentale. Io e papà la prendiamo in giro ogni volta che possiamo, dicendo frasi del tipo Tesoro, nostra figlia sta uscendo di casa. Non la fermi? oppure Mamma, dormo da Jax. Ma non è una cosa permanente, è solo per una notte. Non sentire troppo la mia mancanza.
Ogni volta le sue reazioni ci fanno ridere: ciabatte che volano, mestoli di legno puntati contro... Una sera ci ha pure attirati fuori nel giardino con l'inganno. Dopodiché ci ha chiusi fuori casa, con tutto l'intento di farci passare lì la notte. Mio padre non si era fatto problemi e aveva dormito sull'amaca, mentre io, non volendo dormire sul prato perché sono disgustata da ogni tipo di insetto, ho tentato di arrampicarmi per entrare dalla finestra della mia camera. Peccato che il nostro vicino, il signor Dowson, non mi aveva riconosciuta e aveva chiamato la polizia, convinto che io fossi un ladro.
Quando sono arrivati due agenti e abbiamo spiegato loro la situazione, sono scoppiati a ridere.
Ora che ci penso, i poliziotti di questa città potrebbero scrivere un libro su di me, tra le volte che sono stata arrestata da adolescente per dei fraintendimenti e quelle dove loro sono venuti a casa nostra per un motivo e per un altro. Già mi immagino il titolo: Le disavventure di Ivy Jane, colei che per poco non castrò un ragazzo con il suo tacco. Oddio, potrebbero farne uno anche su mia madre: Colei che sussurrava alle piantine di marijuana.
Oddio, non ci sto con la testa.
*****
Il mio migliore amico se n'è appena andato. Solo lui e mia madre hanno fatto fuori quasi metà torta, mentre io ne ho mangiato solo una fetta, perché già con quella ho iniziato a sentire la testa leggera.
Mamma questa volta ha esagerato.
Ora mi trovo sul dondolo che c'è sul portico, mentre osservo la gente che passa sul marciapiede e ascolto musica.
Il sole sta tramontando, ed inizia ad esserci un po' di vento, motivo per cui rabbrividisco e mi stringo le braccia al petto. Sussulto quando mi arriva una felpa sulle gambe, e per poco non tiro un urlo degno di nota. Mi giro di scatto e sospiro di sollievo quando vedo Andrew. Mi tolgo le cuffie e lo saluto, mentre metto la sua felpa. Mi guarda attentamente in faccia e poi dice: «Non sembri molto felice.»
Faccio una smorfia. «Si nota così tanto?»
Lui fa un piccolo sorriso. «Beh, fino ad ora ti ho sempre vista sorridente, è difficile immaginarti giù di morale.»
«Oggi non è giornata. E non lo sarà nemmeno il prossimo mese.» Faccio una piccola pausa in cui strofino gli occhi, perché a pensare a cosa mi aspetta mi viene già da piangere. «Cristo, nemmeno la torta che mi ha fatto mamma mi ha fatto tornare il buon umore.»
Lui aggrotta le sopracciglia. «Perché, ami i dolci?»
«No. Dentro c'era l'erba.» Andrew mi fissa sconvolto.
«Ivy, tu fumi l'erba?»
«È mia madre quella che si fuma l'erba» e penso di averlo scioccato solo di più. «Nel giardino ha pure una piccola serra dove coltiva qualche piantina.»
Lui mi fissa senza dire nulla. Penso stia metabolizzando il fatto che i suoi nuovi vicini sono un caso clinico. «Non accettare mai dolci che ha fatto lei. Almeno che tu non voglia, come direbbe lei, vedere il mondo da una prospettiva migliore.»
Tutto quello che riesce a dire è «mh.»
Mia madre si affaccia dalla cucina. «Ivy, tesoro, è pronta la cena.» Poi si accorge del vicino. «Oh, ciao Andrew. Pomeriggio ho fatto una torta, vuoi passare dopo cena a mangiarne un pezzo? È al cioccolato e alla felicità.»
La faccia del ragazzo è davvero comica. Un mix tra chi è scioccato e chi si sta trattenendo dallo scoppiare a ridere. «Mi piacerebbe tanto, signora, ma dopo cena esco con amici.»
Mia madre annuisce e mi dice di fare in fretta, perché altrimenti si raffredda la cena.
Mi alzo da dondolo e tolgo la felpa, ridandola ad Andrew. «Ciao», gli dico. Poi mi volto, pronta ad entrare in casa, ma la sua mano mi afferra un polso.
«Se vuoi parlarne, io ci sono» mi dice, lo sguardo serio fisso nel mio.
«Grazie, ma no grazie.» E nessuno dei due dice più una parola.
STAI LEGGENDO
Ti giuro che non sono una psicopatica
Teen FictionIvy Jane è una ragazza di ventidue anni un po' fuori dagli schemi. Con una madre convinta che praticare l'arte orientale del Feng Shui sia la soluzione a tutti i problemi della famiglia e un padre che ogni mattina si mette ad urlare contro il cane d...