Quando esco da casa del signor Dowson, il peso della realtà mi ripiomba addosso.
Sono ferma nel mio giardino a fissare casa mia. Non so nemmeno da quanto tempo sono qua immobile, sono troppo scossa per percepire bene lo scorrere del tempo.
So solo che da casa mia si sentono delle urla; mia madre e mia zia hanno già iniziato a discutere. E mio padre probabilmente non farà niente, perché tiene alla sua sorellastra, e gli manca il rapporto che avevano da giovani, anche se non si è accorto che ad essere cambiata è proprio Nora.
Sapevo che sarebbe arrivata, ma non ero preparata a vederla oggi.
Non voglio fare la codarda e fuggire, ma non voglio nemmeno entrare là dentro e affrontarla.
Non so nemmeno cosa voglio fare, in realtà.
So solo che finalmente stavo iniziando a stare bene, a tornare tranquilla e felice, ma lei è dovuta tornare.
È peggio del raffreddore che ti tappa totalmente il naso.
È peggio della tosse che non finisce più.
È persino peggio di una sessione d'esami.
Persino il diavolo, se se la trovasse davanti, deciderebbe di cambiare strada. Probabilmente preferirebbe il perdono e tornare in Paradiso, che avere l'anima di mia zia all'Inferno. Perché è sicuro che finirà lì.
Sento la voce di mia zia come se fosse accanto a me, mentre critica mia madre e il suo modo di vivere.
Ama l'erba, e allora? Almeno è una mamma fantastica, mentre lei non fa nemmeno quello. Ha affidato mio cugino a una marea di babysitter, mentre lei faceva da parassita a suo marito usando i suoi soldi per farsi vacanze su isole esotiche e prendere il sole.
Non mi sorprende che Ian è incapace di mostrare affetto e gentilezza.
Sento le parole di mia zia e chiudo gli occhi, mentre una lacrima sfugge al mio controllo.
Mi distrugge l'idea che, mentre a mia madre vengono rivolte queste parole, io sono qui, a non fare niente. Ma so anche che la distruggerebbe di più vedermi in queste condizioni.
Mi tocco le tasche posteriori dei jeans, - fortunatamente ho le chiavi della mia auto, dato che prima di tutto questo casino avevo intenzione di uscire - e sospiro di sollievo.
Mi giro, dando le spalle a casa mia e fuggendo momentaneamente da questa situazione di merda, e vado verso la mia auto.
Nel frattempo vedo Andrew camminare sul marciapiede, e quando arriva davanti a casa mia, - dove ci deve passare per forza per tornare a casa, - si ferma a guardarmi.
Lo guardo con un sopracciglio alzato, mentre lui si avvicina a me.
Mi guarda accigliato. «Stai bene?»
Sbuffo una risata, ma che di divertito non ha assolutamente niente.
«Ti prego, risparmiatela.»
Inserisco le chiavi nella portiera, e la apro. Faccio per entrare in auto, ma la sua mano mi blocca.
«Sei hai bisogno qualcuno con cui parlare...» Tenta di guardarmi negli occhi.
«Al momento ho solo bisogno di un amico, e si dà il caso che tu non lo sia» sputo, tagliente.
Mi sento uno schifo, ma ora non ho bisogno di nessuno se non del mio migliore amico.
E poi è stato lui a dire di mantenere le distanze. Io metto solo in pratica ciò che ha detto.
Salgo in auto e chiudo la portiera. Prima di mettere in moto guardo Andrew un'ultima volta. «Ci vediamo a scuola, professore» dico, ironica.
Metto in moto, e me ne vado, lontana da quella casa che al momento non reputo un bel posto.
Durante il tragitto faccio una fatica incredibile a trattenere le lacrime.
Mi sento disorientata, presa alla sprovvista, e sopraffatta dai ricordi.
Quando arrivo davanti alla casa e il mio migliore amico apre la porta, mi getto subito tra le sue braccia e scoppio in un pianto liberatorio.
Jackson mi stringe subito a sé.
«Che è successo?»
Mi fa entrare in casa, chiude la porta e poi mi trascina con lui.
«Nora.» La voce è attutita a causa della mia faccia premuta contro il suo petto.
Jax si irrigidisce. «Merda.» Una sola parola che può essere benissimo utilizzata per descrivere la situazione, la persona, la giornata e come mi sento ora. È una parola a dir poco perfetta.
Mi trascina sul suo letto. Appoggio la testa nell'incavo tra il collo e la spalla, mentre le sue braccia mi stringono.
Continuo a piangere per un tempo indefinito. Ad un certo punto ho pure iniziato a singhiozzare.
Appena smetto di piangere Jackson mi lascia un attimo da sola per andarmi a prendere dell'acqua, dato che i singhiozzi non ne vogliono sapere di smettere.
«Tieni» mormora, porgendomi il bicchiere.
«Grazie.» Bevo tutta l'acqua d'un fiato.
Guardo il mio migliore amico negli occhi. «Ehi Jax... Non è che posso rimanere qua? Solo due o tre notti, il tempo di prepararmi psicologicamente. Poi affronterò la situazione di petto.»
Lui mi sorride, dolce. «Non me lo dovevi neppure chiedere. Lo sai che sono il tuo porto sicuro, dolcezza. Se tu crolli, io sono lì a rialzarti. Dopo essere scoppiato a ridere e averti fatto una foto, s'intende.»
Lascio il bicchiere sul comodino e mi alzo dal letto per tornare ad abbracciarlo, lasciandomi andare in una piccola risata.
Nei momenti più bui, in quelli più brutti, non c'è niente di più bello di un abbraccio dal proprio migliore amico.
«Jax, sei la mia anima gemella, lo sai?»
Il mio migliore amico si mette a ridere. «Oh tesoro, se non fossi gay saremmo già la coppia più bella del mondo.»
Appoggio il mento sul suo petto e lo guardo dal basso. «Stai dicendo che ora, come coppia di amici, non siamo la coppia più bella?»
«Ivy, con noi non c'è nemmeno competizione, lo sai. Vinciamo ad occhi chiusi.»
Mi stacco dall'abbraccio e mi getto sul letto. «I tuoi sono ancora in crociera?»
Lui si sdraia accanto a me. «Sì. Se la sono meritata, questa vacanza. Non si prendono mai del tempo per loro.»
«Non vedo l'ora di rivederli. Io, tua madre e la mia abbiamo ancora un pomeriggio di shopping da fare.»
Jax prende un cuscino e me lo sbatte in faccia. «Ma perché con loro ci vai, a fare shopping, ma con me non vuoi mai?»
Mi giro su un fianco per guardarlo in faccia. «Forse perché ogni volta mi scambi per il tuo manichino e mi fai provare cose improponibili?»
Alza un sopracciglio. «Tipo cosa?»
«Oh, non so. Come quel vestito giallo canarino piumato? O come quelle scarpe piene di borchie con la suola altissima? O magari come-»
Vengo bloccata dalla sua mano sulla mia bocca. «Okay okay, ho capito» borbotta offeso.
Lo guardo addolcita. «Resti comunque il miglior compagno di shopping, Jax, non ti preoccupare.»
Mi guarda speranzoso. «Quindi verrai con me?»
Alzo gli occhi al cielo. «Certo. Ma andrò anche con le nostre mamme. Non comprerò mai dell'intimo con te. Mi è bastata quella singola volta.»
Sbuffa. «Andiamo, ti ho solo consigliato qualcosa di sexy, cosa c'è di male?»
«Quei completi non erano sexy, ma osceni. E poi perché dovrei spendere così tanto se non devo farli vedere a nessuno? Degli anonimi completini vanno benissimo.»
«Quando avrai un ragazzo ti pentirai di questa conversazione.»
«Quando avrò un ragazzo ne riparleremo.»
Tanto passerà ancora un sacco di tempo, prima che ciò avvenga.
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Ti giuro che non sono una psicopatica
Teen FictionIvy Jane è una ragazza di ventidue anni un po' fuori dagli schemi. Con una madre convinta che praticare l'arte orientale del Feng Shui sia la soluzione a tutti i problemi della famiglia e un padre che ogni mattina si mette ad urlare contro il cane d...