39 | ɪ ғᴀɴᴛᴀsᴍɪ ᴅᴇʟ ᴘᴀssᴀᴛᴏ ʀɪᴛᴏʀɴᴀɴᴏ sᴇ ɴᴏɴ ʟɪ ᴀғғʀᴏɴᴛɪ.

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Se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi anni è che le scelte prese sotto l'effetto della marijuana sono le peggiori. E non lo dico prendendo solo me come esempio. Ho visto mia madre scegliere di vivere secondo l'arte del Feng Shui dopo aver mangiato uno dei suoi dolci; ho visto Jax fare un falò con le felpe del suo ex traditore dopo aver mangiato dei biscotti alla felicità; e infine io ho scritto ad Andrew per prendere un appuntamento nel suo studio da psicologo, e questo è successo dopo aver fumato una canna con mia madre. La cosa divertente è che la marijuana che coltiva mia madre è terapeutica e non è nemmeno così forte, ma nonostante questo riesco a disconnettere abbastanza il mezzo neurone che mi rimane e prendere decisioni discutibili.

Sarà anche vero che per riuscire a parlare con uno psicologo sento prima la necessità di farci amicizia perché col cavolo che espongo la mia mente a un estraneo, ma Andrew? Il mio professore e vicino? Cosa gli dovrei dire? Oggi ho tendenze suicide perché il mio docente di psicologia ci ha riempito di roba da studiare per il prossimo esame e a causa dei traumi creati da mia zia credo di non essere in grado di farcela, quindi se mi vede mentre mi butto dalla finestra di camera mia è tutto normale?

Mancano due ore all'appuntamento, e i miei pensieri si alternano tra fingo la mia morte e scappo in Messico e muoio davvero così non devo preoccuparmi di nascondermi.

Nell'attesa cerco di fare un pisolino visto che ultimamente dormo male, ma nonostante io continui ad agitarmi nel letto in cerca della posizione più comoda, non riesco proprio ad addormentarmi. Mi giro a pancia in su sbuffando, quando con la coda dell'occhio noto mio cugino sulla soglia della camera.

«Stai facendo le prove per il cosplay da anguilla?»

«No, al momento sono più propensa a fare le prove per la bara.»

Ian viene a sdraiarsi vicino a me. «C'è qualcosa che non va? Hai due occhiaie enormi.»

«Ultimamente faccio fatica a dormire.»

Ian gira la testa verso di me. «Il tuo letto è a nord?»

Lo guardo confusa. «Cosa?»

«Il tuo letto è a nord? Sai, c'è questa disciplina cinese chiamata Feng Shui che ha delle sorta di "regole" per vivere bene ed evitare di essere influenzati da energie negative. Secondo questa disciplina il letto dovrebbe avere la testata rivolta verso est, ma visto che dalla tua finestra si vede il sole sorgere e il tuo letto non è dove c'è quella parete, direi che il tuo letto è a nord. Sarà per questo che non dormi bene.»

Alzo il busto sostenendomi con le braccia e lo guardo stralunata. «So cos'è il Feng Shui, mia madre ci è fissata, ma non ho mai creduto in questa cosa, tant'è che ho pitturato le pareti di un altro colore e spostato i mobili come volevo.»

«Fai male. Mai infamare il Feng Shui, Ivy. Non farlo mai.» Detto questo mio cugino si alza dal mio letto ed esce dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

Ora mando lui dallo psicologo.

Sbuffando mi alzo dal letto e inizio a prepararmi. Lo studio di Andrew dista mezz'ora a piedi. Inizialmente volevo prendere la macchina, ma devo occupare il tempo. E poi, camminando, ho la possibilità di cambiare idea e gettarmi sotto la prima auto che passa.

Mentre sono di strada mi fermo a comprare una ciambella perché disperata e sul punto di ammazzarmi sì, ma affamata, mai.

Sto seriamente valutando l'opzione di mettermi a chiacchierare con la segretaria per ammazzare il tempo. Se non mi sbaglio un po' di tempo fa gli amici di Andrew dicevano che lui e la sua segretaria facevano sesso insieme. Magari riesco a corromperla per farmi raccontare qualche aneddoto imbarazzante così da minacciare il mio vicino. Cose del tipo se non fingi che tra due giorni ho un esame importante nella tua materia e devo assolutamente studiare al posto di fare yoga giuro che racconto ai tuoi genitori che hai un fetish per il pollicione del piede.

Sono talmente sovrappensiero che mi accorgo di essere arrivata solo quando me lo dice il navigatore sul telefono.

Faccio un respiro profondo ed entro nel palazzo. Lo studio è all'ultimo piano, il quinto, perciò chiamo l'ascensore. Quando entro noto le numerose piantine finte nella sala d'aspetto. Ce le aveva anche la mia vecchia psicologa, evidentemente nella loro testa da strizzacervelli c'è la convinzione che le piante facciano sentire a proprio agio le persone.

Vedo un bancone con una ragazza girata di spalle, suppongo la segretaria, così mi avvicino. «Ciao, mi chiamo Ivy Jane. Avrei un appuntamento con lo psicologo tra un'ora, è un problema se aspetto qui nonostante il largo anticipo?»

Vedo che la segretaria si è irrigidita, così la guardo confusa. «Si sente bene?»

Si gira lentamente e quando la guardo in faccia sono io quella che si irrigidisce.

«Ivy?»

«Jenna.» Mi allontano di scatto dal bancone. «Che cazzo ci fai qui?»

«Ci lavoro.»

Una risata isterica lascia le mie labbra. A breve mi servirà un cazzo di esorcista, altro che uno psicologo.

«Bene. Elimina l'appuntamento, io non metterò più piede qua.» Sono pronta ad allontanarmi e a lasciare lo Stato, quando lei aggira il bancone e mi afferra un braccio.

«Ti prego aspetta Ivy, possiamo parlare?»

«Ehm, no...?»

Sta per dire altro quando una porta si apre ed escono Andrew con un ragazzino. Il ragazzino lo saluta ed esce dallo studio, mentre Andrew ci guarda confuso. «Ehi, Ivy, sei in anticipo.»

Poi il suo sguardo si ferma sulla mano di Jenna che mi tiene il braccio. «Jenna? Perché stai tenendo Ivy?»

Jenna alterna lo sguardo tra me e il mio vicino. «Vi conoscete?»

«È la mia vicina.»

«Sono l'addetta ai vetri.»

Rispondiamo in contemporanea. Andrew mi guarda come per chiedermi se ho mangiato uno dei dolci di mia madre, ma io lo ignoro.

«Non vedi come sono puliti quei vetri, Jenna? Dovresti osservarli da più vicino, e poi buttarti giù dalla finestra e schiantarti di sotto in modo che serva un cucchiaino per recuperare i tuoi resti dall'asfalto.»

Jenna mi lascia il braccio e ride nervosamente. «Sei ancora incazzata, lo capisco.»

Alzo un sopracciglio. Non sono incazzata, stronza. Sono solo pentita. Pentita di non essere venuta in auto e di non avere un mezzo per tirati sotto e poi fare la retromarcia.

«Però vorrei davvero parlarti. Mi bastano quindici minuti: dieci per parlare e cinque per farmi lanciare tutto quello che vuoi. Puoi anche strangolarmi, se la cosa ti fa sentire meglio.»

La guardo malissimo. «Perché non passiamo direttamente alla parte in cui ti strangolo?» Detto questo mi lancio contro di lei, pronta a farla fuori, ma Andrew si mette in mezzo. «Calmati. Che cavolo succede?»

Mi libero dalla sua stretta. «Niente, fatti gli affari tuoi. E cancella l'appuntamento, non entrerò mai più in questo studio.»

Mi giro e utilizzo le scale per uscire più velocemente da questo palazzo. Sapevo sarebbe stata una pessima idea, ma non avrei mai immaginato questo risvolto.

Quando sono in strada sento una voce richiamarmi, e la prima cosa che mi viene in mente è una frase che mi aveva detto Jax da fatto. I fantasmi del passato ritornano se non li affronti.

Aveva ragione.

Ti giuro che non sono una psicopaticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora