Dimitri

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Il viso di Lilith si deformó in una smorfia di dolore, quando le posai una garza sul collo sanguinante. Non potevo leccarle il sangue, non era una ferita rimarginabile. Nemmeno mio padre e mia madre erano piú guariti dai loro morsi. Avremmo dovuto porre attenzione a quello che avremmo fatto. Un morso in un altro punto e tutti l'avrebbero visto.
Presi lo scotch medico, che avevo posato sul letto, e ne staccai un pezzo, grande abbastanza da coprire tutta la lunghezza della garza. Premetti con delicatezza lo scotch sul panno bianco, tamponando leggermente, per fermare il sangue, che non accennava a voler smettere di uscire. L'odore e il sapore di quel sangue mi inebriavano ancora, anche solo pensandoci. Lasciai che le mie dita si soffermassero un secondo in piú di quanto avrebbero dovuto sulla garza, accarezzandola lievemente, solo con la loro punta. Non avevo sete. Era solo...un terribile desiderio di entrare di nuovo in contatto con la vera Lilith, di ritrovare me stesso e lei, di unirci totalmente l'uno all'altra.
Spostai lo sguardo sul viso di Lilith. I suoi occhi erano fissi sul mio collo, ancora sanguinante. Non c'era sete, non c'era fame, nel suo sguardo. Solo...desiderio di unirsi a me in quel particolare modo che solo i vampiri purosangue hanno il privilegio di provare.
Il mio cuore si riempí di una sensazione, di un sentimento indescrivibile. Lilith stava pensando a quello che stavo pensando io. La Lilith incontrollabile era sparita, insieme a Reina. Ora, avevo davanti a me quella Lilith che avevo visto nella Sala degli specchi, al nostro primo ballo, se cosí si poteva definire. Ora, avevo davanti a me quella Lilith di cui mi ero innamorato.
Il suo viso si aprí in un tenero sorriso. Non c'era malizia, non c'era stupore. C'era solo gioia.

"Ora, sorridi, anche? Diventare vampira non ha proprio solo difetti." mi scherní, con un tono che non sembrava adatto a quelle parole.
Sembrava piú un tono di una persona che aveva visto di tutto, nella vita, quasi fosse profondamente soddisfatto di ció che aveva visto, quasi come se ció che aveva visto fosse stata l'unica cosa che le era mancato da vedere.
Io, invece, non mi ero accorto di essermi aperto, a mia volta, in un piccolo sorriso, una timida, ma calorosa smorfia. Tentai di trattenermi dal lasciarmi andare ad un sincero sbuffo di sorpresa. Mi concentrai sulla garza e sulla sua ferita. Presi lo scotch e lo riposi sul vassoio con gli altri calici di sangue, pronti a dissetarci in quella nostra prima lunga notte di matrimonio. Qualsiasi visitatore indiscreto sarebbe andato contro la legge, interrompendoci, qualunque cosa fossimo intenti a fare, compreso lo schernirci a vicenda. La pena per un simile reato era la morte.
"Non parli? Dov'è finito il mio Dimitri, quello che non rimaneva mai senza parole? Non é divertente, senza di lui." mi scherní di nuovo Lilith.
Guardai mia moglie con la coda dell'occhio, piacevolmente divertito.

"Sono solo contento che la Lilith che conoscevo non se ne sia andata." le risposi, come mi aveva chiesto, appoggiandomi al mobile decorato da abili mani, davanti al grande specchio della camera.
Incrociai le braccia al petto, assumendo un atteggiamento altezzoso, lo stesso che avevo assunto la prima volta che avevo visto Lilith, per testare il suo carattere.
Testare il suo carattere. Chi sto cercando di prendere in giro?
La verità era che non avevo mai avuto a che fare con una ragazza umana, prima di allora. Nessuno dei miei addestramento mi aveva mai insegnato come potessi interagire con lei, catturare la sua attenzione, conquistarla e farle accettare il ruolo che le spettava in tutta quella storia volontariamente.
Forse, é proprio perché non avevo avuto regole da seguire, che avevo seguito il cuore.
Indecoroso. Tutta questa dolcezza potrebbe uccidermi, se continuassi ad essere cosí mollo e sentimentale.

"E dove sarebbe dovuta andare?" ribatté Lilith, piegando la testa di lato e sorridendomi dolcemente.
La sua domanda era stata una domanda ingenua, quasi fosse stata retorica, ma la verità era che una risposta a quella domanda c'era. E l'avevo trovata pensando a quello che avevo fatto poco prima del suo risveglio.
Mi irrigidii involontariamente, serrai la mascella ed abbassai lo sguardo sulla sua garza. Un macigno mi schiacció il cuore, ancora ferito per tutto quello che aveva subito negli ultimi giorni.
Non guardai il viso di mia moglie, non mi serviva farlo, per sapere che aveva avvertito la tensione, nella stanza. Sapevo che, a breve, mi avrebbe fatto una certa domanda, anche senza il mio suggerimento. Ma pensavo che quella domanda avrebbe potuto aspettare ancora qualche ora. Invece, si presentó in anticipo, aprendo ferite che pensavo si stessero rimarginando, in Lilith. A quanto pareva, non era cosí.
La mente di Lilith lavorava veloce, cercava di collegare tutti i pezzi di quell'enorme puzzle che ci eravamo ritrovati a comporre insieme. Un puzzle di morte e dolore.
La sua bocca si aprí, in cerca delle parole giuste, o in cerca di un discorso logico da espormi, ma non ne uscí un suono con un senso. Lilith rimase a boccheggiare per qualche secondo, nel tentativo di pronunciare una frase, ma ripensandoci un secondo dopo. Io stavo solo aspettando che pronunciasse le parole che erano rimaste bloccate solo nella sua mente, pronte ad essere scandagliate su di noi, non appena Lilith avesse riacquistato la sua completa lucidità.
"Avevi paura che non potessi farcela? No, aspetta..." si interruppe un secondo, fermandomi dal ribattere, alzando un dito, chiedendo un secondo in piú per pensare, "...ha a che fare con il fatto che....".
Lilith si bloccó, non parló piú. Le parole che premevano, per uscire dalla sua bocca, rimasero imprigionate nella sua gola, non volendo uscire, non avendo il coraggio di essere pronunciate.
Osservai Lilith, fissai il mio sguardo, ora, sul suo viso, spronandola a pronunciare quelle parole che nessuno dei due avrebbe voluto sentir pronunciare, ma che era fondamentale che qualcuno le pronunciasse, per poter chiudere definitivamente quella storia.
Lilith non mi guardó, non lo fece neanche per un secondo. Al contrario, spostó lo sguardo sulla grande finestra che illuminava la nostra camera. Non guardava qualcosa in particolare. Il suo sguardo sembrava piú fisso nel vuoto. Il dolore le riempí gli occhi e le parole, che uscirono dalla sua bocca forzatamente e con una lentezza straziante.
Io, peró, non potei fare altro che ascoltare: era il suo dolore, un dolore che avrei dovuto ascoltare e rendere quasi mio. Un dolore che percepivo già nelle mie ossa, come fosse mio.
Non smisi di guardarla, nemmeno quando accennó uno sguardo su di me. Avevo bisogno che mi ponesse una certa domanda, a cui avrei risposto. Non sapevo, peró, come avrebbe reagito lei. Era questa la parte che mi spaventava di piú. Perché, in fondo, una parte di me era ancora terrorizzata dal fatto che quella storia, che l'eredità del sangue di Reina, non fosse ancora finita, scomparsa. Avevo bisogno di lasciare il dolore al passato, di iniziare una nuova vita come re, marito e padre. Avevo un disperato bisogno di sapere cosa fosse rimasto di Reina, in lei. Avevo bisogno di mia moglie.
"Mentre dormivo...ho sentito...qualcosa. Era come se avessi perso qualcosa. Era come se avessi perso la memoria, per un secondo solo, una cosa veloce, quasi indolore. Quasi fosse stata una liberazione. Poi, ho sentito delle raffiche di vento, simili a quelle che portano i licantropi, e una voce dolce, gentile."
A questo punto, Lilith mi guardó. Il suo sguardo era al limite della disperazione, ora, profondo quanto il mio e coinvolto fino in fondo. Strinsi la mascella, cosí forte da causarmi, quasi, una fitta di dolore.
Dillo. Lilith, prima lo dici, prima finirà questa storia. Dillo.
Lilith rimase un secondo in silenzio, guardandomi attentamente. Il suo sguardo, ora, era vuoto.
"Era Reina." disse, non piú con voce tremante, ma senza un particolare tono, come se fosse stato un dato di fatto.
Mi allontanai dal mobile, avvicinandomi a Lilith. Sapevo che aveva bisogno di me, come io di lei, in quel momento. Eravamo arrivati ad un punto da cui non si poteva piú tornare indietro, con o senza il nostro volere.

"Cosa ti ha detto?" le chiesi, assumendo il tono da re che mi avevano insegnato fin dalla nascita, a lezione.
Trattieni il respiro, non fare trasparire nulla. Se gli altri non capiscono cosa provi, hanno meno possibilità di sopraffarti.
Lilith continuó a guardarmi, mentre mi sedevo sul letto, accanto a lei. Notai solo in quel momento i suoi occhi lucidi. Anche lei si stava trattenendo dal mostrare i suoi sentimenti. L'avrebbero solo ostacolata in ció che stava per dire.

"Ha detto che era ora che andasse, che sua sorella non aveva piú bisogno di lei, che mio figlio crescerà bene, proprio come sono cresciuti i miei avi, prima di me. Ha detto che saró una madre ed una vampira meravigliosa. E...." le tremó, per un secondo, il labbro inferiore.
Dillo, Lilith, dillo!
"Ha detto che Rowena la stava aspettando." finí di parlare.
Il silenzio caló, tra di noi, nella stanza. Nessuno dei due osava dire nulla. Sapevamo, o, meglio, io sapevo cosa aveva voluto dire Reina, con quelle sue parole. Ora, peró, mancavano le parole di Lilith.
La spronai, con il mio sguardo, a proseguire il suo discorso. Mancava poco alla fine di tutto.
Lilith capí quello che le stavo dicendo, anche se non a parole. Decise di darmi ascolto.
"Cos'è successo a Rowena?" mi chiese, il suo sguardo era determinato.
Anche il mio sguardo era piú deciso che mai, pronto a chiudere definitivamente quella storia una volta per tutte. Quindi, non aspettai e parlai, cercando di usare il tono piú calmo che riuscissi ad utilizzare, in quell'occasione. L'impresa fu piú difficile di quanto mi aspettassi.

"Rowena é morta." Lasciai che Lilith metabolizzasse quelle parole, prima di proseguire. "L'ho uccisa io. É stato un processo veloce, tutti erano d'accordo sul fatto che avesse attentato alla vita del loro re. Nessuno si é opposto. Prima di farlo, di ucciderla, peró, mi sono informato sugli effetti collaterali che avrei potuto notare su di te e, tra questi, c'era anche la possibilità che, uccidendo Rowena, anche la sua sorella gemella, creatura sovrannaturale come la prima, morisse definitivamente con lei.".
Pensai un secondo alle parole esatte da poter utilizzare. Non distolsi nemmeno una volta il mio sguardo dal suo.
"Temevo che anche tu, la vera Lilith, te ne saresti andata con Reina. O che Reina avrebbe potuto continuare a tormentarci.".
Presi istintivamente il suo viso tra le mie mani, avvicinandolo al mio. I nostri nasi si toccarono, le nostre bocche si sfiorarono. La passione sbocció in entrambi, come un fiore in primavera, potente e travolgente come mai, prima di allora.
"Ma ora, ti sento. E ti prometto che non ti lasceró piú andare.".
Le nostre bocche si toccarono, prima lentamente, poi con piú ardore. Nessuno dei due aveva previsto anche solo una delle nostre due reazioni, nessuno dei due sapeva come sarebbe andato a finire quel discorso. Sapevo solo una cosa: amavo infinitamente quella meravigliosa donna che stavo baciando. Non sapevo come avrei giustificato il figlio di James al mio popolo, non sapevo che significato avessero avuto le parole di Vlad, riguardanti la morte di Rowena. Sapevo solo che Lilith era finalmente tornata e che nessuno me l'avrebbe piú portata via. Nemmeno il figlio di James. Nemmeno la legge.
Avrei regnato al fianco di Lilith, qualsiasi cosa sarebbe accaduta. Non l'avrei piú lasciata andare. Ora, Lilith era mia. Nessuno l'avrebbe piú cambiata.
Le nostre labbra di unirono di nuovo le une alle altre. E ci perdemmo nel primo nostro vero bacio. Un bacio che esprimeva tutto il nostro amore. Un bacio vero e travolgente. Un bacio che sarebbe durato in eterno.

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