Dimitri

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Nella sala, era calato il silenzio. Qualcuno mormorava una parola, una sola: Licantropa. Il mio popolo era cosí abituato a combattere in una lotta, che sarebbe potuta essere eterna, con i licantropi, senza saperne il motivo, che aveva cominciato ad associare la parola guerra a licantropo, portando il mio regno alla sua distruzione. Era stato questo, forse, il vero obiettivo di Rowena: distruggere quel regno che avrebbe dovuto proteggere sua sorella, ma che, in realtà, l'aveva lasciata bruciare tra le fiamme e il legno della sua stessa casa. Rowena aveva cercato vendetta, ma, forse, il suo vero obiettivo non era mai stato solo James e non ero mai stato nemmeno io, ma il mio regno.
E l'avrebbe anche raggiunto, se non fosse intervenuto Vlad, che mi aveva portato in salvo da quella prigione, da quella cella buia, umida, priva di ogni valore e priva di qualsiasi fonte di sostentamento. Tutto il regno di Rowena era sempre stato privo di qualsiasi cosa che avrebbe potuto saziare la mia sete di sangue, di quell'adorato sangue che sentivo ancora in fondo alla gola e sul palato, nonostante avessi la bocca asciutta e, quasi, mi mancasse la voce per pronunciare le parole che da tempo avrei voluto sentire pronunciare da qualcuno. Da me. Da altri. Da chiunque, purché venisse posta una fine a quell'agonia.
Trattenni un respiro profondo e mi feci forza da solo, senza l'aiuto dell'aria attorno a me. Alzai le braccia, aprendole al mio pubblico, per accoglierlo benevolmente. Un gesto che mi ricordava disgustosamente i discorsi che Rowena aveva pronunciato al suo popolo. Tutti gli occhi erano puntati su di me. Nessuno parlava piú. Ero io al centro dell'attenzione, ora, non piú Rowena.
Mai piú lo sarà.

"Signore e signori, ragazze e ragazzi, bambine e bambini, popolo mio," pronunciai a gran voce quella solita espressione che avevo sempre sentito pronunciare da mio padre, con altezzosità e rispettabilità, "oggi, un giorno estremamente importante non solo perché ho preso moglie, ma anche per ció che sta per accadere, questa terribile guerra, una guerra che ha dilaniato questo regno da secoli e che lo sta dilaniando tutt'ora, questa guerra, che ha portato molti lutti, violenze, ingiustizie, avrà finalmente fine! Proprio oggi, il giorno del mio matrimonio ed il giorno in cui mi avete tutti concesso di essere il vostro re ed il vostro protettore, impediró che questa guerra si protragga ulteriormente e riporteró ordine, nel regno.".
Lasciai qualche secondo di silenzio, come avevo progettato nel discorso che avevo organizzato nella mia mente, da quella notte, in cui avevo saputo dell'arrivo delle mie truppe nel regno di Rowena.
"Non nego che questo processo richiederà tempo, anzi ci vorranno anni per ristabilire la pace tra il regno dei licantropi ed il nostro, ma, in quanto vostro re, vi do la mia parola: troveró ogni modo possibile per risanare le ferite di tutti.
Il mio primo passo per raggiungere questo mio obiettivo, quindi, sarà quello di eliminare la causa, l'origine, di questa guerra!
Signori, se qualcuno deve obiettare, lo faccia ora, perché la causa che proprio oggi, in quanto sovrano di questo regno, verrà eliminata é ció che sta di fronte a questo trono. É la persona che vi dà le spalle, che ha dato origine a tutte le perdite che ha subito questo regno." continuai.
Abbassai lo sguardo su Rowena, solo un momento, solo per guardare il suo disgustoso sguardo compiaciuto e subdolo, astuto e spietato. Stava macchinando qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa. E questo non mi rendeva di certo le cose piú semplici. Stavo per ucciderla, stavo per uccidere anche una parte dei ricordi di Lilith. E questo lei lo sapeva. Mi stava sfidando a privare Lilith di quella parte di sé che non avrebbe piú potuto recuperare, se non con la morte.
Forse, nemmeno con quella.
Riportai lo sguardo sul mio popolo, che mi stava guardando, affascinato e fiducioso nei miei confronti. Sguardi che io non avrei deluso. Nemmeno se Rowena mi avesse ulteriormente ostacolato.
Sono io il re. Io vinco. Sempre. Su tutto. Anche su Rowena. Anche su ció che sta architettando.
"Il suo nome é Rowena!" annunciai, rivelando la vera identità della decaduta regina dei licantropi a tutti.
É tempo che il mio popolo sappia chi deve incolpare di tutto ció che ha perso.
"Ha perso la sorella, Reina, in un incendio, alcuni secoli fa, e ha incolpato il nostro regno per non averla adeguatamente protetta. Ha creato un regno parallelo a quello dei vampiri, solo per potersi vendicare di questo. Ma la morte di sua sorella non é stata causa nostra, nessuno avrebbe potuto prevedere un incendio tale, in cui io stesso ho rischiato la vita!" stavo perdendo il controllo, il volume della mia voce aveva raggiunto livelli esagerati, per un re.
Controllati. Devi solo sparare un proiettile, nulla che tu non abbia già fatto.
Il mio popolo mi guardava, ma non con uno sguardo di rimprovero, per la mia momentanea perdita di controllo, quanto con uno sguardo di ammirazione e di decisione, uno sguardo di consenso. Tutte le persone nella sala avevano capito quanto anch'io avessi perso in quella guerra. Ed erano pronte ad appoggiarmi per questo.
"Questa ragazza ha attentato alla mia vita, alla vita di un sovrano, e, per questo, verrà punita per ció che ha fatto. Le leggi sono chiare.".
Abbassai lo sguardo su Rowena, che, ora, aveva finalmente assunto uno sguardo di puro disprezzo, nei miei confronti.
Cominciai a scendere le scale, gradino per gradino, arrivandone alla base. Aspettai pazientemente che una guardia mi portasse la pistola con cui avrei dovuto uccidere Rowena, osservando come il suo sguardo carico di odio stesse cercando di lacerarmi, oltre che nell'interno, anche all'esterno, proprio come le catene che portava ai polsi le avevano lasciato lunghi graffi, dovuti ai suoi tentativi di levarsi le manette appuntite, senza risultati se non sangue e dolore. Quello che lei aveva portato a tutti noi.

"James l'aveva trasformata! La casa era di frassino e lui lo sapeva!" sbottó improvvisamente Rowena.
Persino nella sua condizione osava contraddirmi.
La guardia arrivó al mio fianco proprio in quel momento, porgendomi la pistola su un cuscino di velluto, come fosse stata la fede di nozze di un matrimonio umano. Il rosso scarlatto del tessuto sembrava preannunciare il rosso del sangue che sarebbe sgorgato fuori dalla testa di Rowena, non appena l'avessi uccisa, su quel tappeto cremisi su cui anch'io stavo poggiando i miei piedi.

"Reina sarebbe morta comunque, frassino o non frassino, vampira o non vampira. Il problema é stato l'incendio e colui che l'ha scatenato." dissi, mentre caricavo la pistola.
Il click metallico dell'arma echeggió in tutta la sala, silenziosa come poco prima, prima che Rowena ribattesse alle mie parole. Puntai la pistola d'argento sulla fronte di Rowena.
"Il tuo tempo é finito. É ora che anche tu ritorni da tua sorella." sibilai tra i denti.
Come James, avrei voluto dire. Ma mi trattenni.
Il dito premette il grilletto ed il proiettile perforó la tenera pelle di Rowena, non prima che lei avesse pronunciato le sue ultime parole. Un sussurro. Un mormorio.

"Il tuo popolo conoscerà la verità. E il tuo figlio illegittimo morirà per questo. La guerra non é ancora finita, Dimitri. La guerra é appena iniziata.".
L'ultima cosa di Rowena viva che vidi fu il suo sguardo carico di odio e derisione. Poi, il proiettile affondó nella sua pelle e i suoi occhi si velarono. Dopodiché, Rowena cadde a terra, priva di vita. Morta. Come tutte le altre persone che aveva ucciso lei, prima di allora.

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