Capitolo 5

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Thymeria vide un masso erratico con un'invitante superficie, sufficientemente piatta a poca distanza da lei, e lo raggiunse a fatica, appoggiando con maggior delicatezza possibile la bimba. Aveva le braccia a pezzi per aver trasportato per non sapeva quanto tempo la bimba e ora la piccola aveva il coraggio di continuare a russare sul muschio freddo e girarsi su un fianco.

«Figlia mia, quanto pesi...» sospirò, detergendosi il sudore dalla fronte.

«Dede.» disse Leto, ancora sulle sue spalle.

«Sì, facciamo una piccola pausa, poi porterò te davanti.» mormorò, massaggiandosi le braccia e in particolar modo i bicipiti.

Si guardò attorno, vi era solo quel masso in mezzo ad un bosco di conifere e nemmeno un rivolo d'acqua nelle vicinanze, ma il sole puntava decisamente a sud. Aveva perso mezza giornata per fare troppa poca strada, considerando che non vi erano sentieri, e più avanti sulla sua destra svettava tra le cime degli alberi la massa imponente del monte Cima. Il ghiacciaio in cima brillava anche a quella distanza, nonostante l'estate in corso. Sciolse le fasce, tenendo il bimbo stretto a sé con un braccio, e poi appoggiò Leto a terra. Lo osservò con un sorriso stanco mentre muoveva qualche passetto con le mani appoggiate al masso e sondando il terreno con un piede prima di spostarvi il peso.

Un fruscio alle sue spalle la fece voltare di scatto e impugnare l'arco, con la mano pronta sull'asta di una delle frecce. Estrasse piano l'arco, mettendosi tra i bimbi ed il posto in cui aveva visto il movimento. Ricordava bene quando, molti anni prima, aveva svolto delle missioni assieme ad Arys, quei momenti in cui le spiegava giusto le differenze rispetto alle creature che conosceva nel Tergis, ma il metodo di sopravvivenza era sempre lo stesso: non avvicinarsi, non provare nemmeno ad andare in corpo a corpo, nemmeno con il pugnale, se non si aveva qualcuno con cui collaborare e tagliare la testa appena l'avversario toccava il suolo.

Il movimento parve ripetersi e stavolta riuscì a distinguere uno zaino e, facendo ancora più attenzione, vide due persone affiancate che arrancavano nel fitto sottobosco. Non le sembrava che avessero delle armi con loro e i vestiti non erano particolarmente pesanti, ma le parve che si dirigessero verso di lei.

«Oh, chi va là?» chiese una delle due figure con una voce prettamente femminile. «Vi siete persa?»

Thymeria rimase silenziosa mentre appoggiava l'arco ed il tascapane contro il masso e prendeva in braccio Leto. Il bambino si aggrappò al suo braccio, ma venne appoggiato accanto alla sorella.

«Salve, vi ringrazio, ma non ci siamo persi.» rispose Thymeria, mentre Aurora socchiudeva gli occhi. La bimba sentiva il peso del fratellino sullo stomaco e le voci interrompevano il normale suono del bosco.

Thymeria studiò per bene le persone che si avvicinavano. Erano due donne dalla pelle particolarmente candida e con fluenti capelli castani con qualche strano riflesso verdastro. C'era qualcosa che non tornava, un suono strano che le accompagnava, uno scalpiccio, degli zoccoli che calpestavano terreno e rametti, eppure non c'erano animali con loro...

«Aurora, tieni stretto tuo fratello, al mio "buobuelme" scappate verso il monte.» mormorò Thymeria, riprendendo in mano l'arco ed estraendo una freccia, poi si rivolse alle donne. «Chi o cosa siete?» aggiunse, ma era più una conferma per se stessa.

***

«Avevo raggiunto i confini di Floris e avrei potuto far sì che la strige diventasse un problema del regno di Alfea.» riprese a raccontare Arys. «Qualche volta avevamo collaborato con i venatores alfei e avevamo potuto apprezzare le loro abilità, ma la morte di ser Goffredo aveva dato un tono più personale alla caccia.»

La disfatta di FlorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora