Capitolo 21

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Il bosco si fece man mano più buio e Leto iniziò a mugolare.

«Dede... mama...» mormorò il bambino.

«Shh, Leto, mi distrai...» disse la piccola, agitando una mano per osservare in che direzione stavano portando la mamma e poi il resto degli alberi.

Aveva il suo piccolo arco e il pugnale che la mamma le aveva dato poco prima di partire, un fratellino cui badare e la mamma aveva detto loro di andare a sud perché papà li avrebbe aspettati lì. Ma era la mamma quella che sapeva la strada, a lei aveva insegnato solo le cose fondamentali per non perdersi e aveva detto che non doveva scendere a valle. Lanciò un'occhiata al sentiero dove erano spariti la mamma e i due signori cattivi.

Il bosco stava diventando così buio ed era pericoloso... non solo per il fatto che era da tanto che non mangiavano e non voleva rischiare di tagliarsi per avere una fetta di formaggio, ma anche perché c'erano gli animali a cui piaceva la carne soffice dei bravi bambini come loro.

«Dede...»

Aurora si voltò verso Leto, che stava gattonando fuori dal rifugio che la mamma aveva fatto per loro.

«Leto, ho un piano...» disse la bambina, con un sorriso deciso. «andiamo a salvare mamma.»

Leto mugolò e si appoggiò sulle gambe di Aurora. Gli occhi erano fissi e adoranti sulla sorella e non riusciva a trovare una posizione comoda, le gambe di Aurora non erano morbide come quelle della mamma.

«Facciamo così...» e si chinò a sussurrare qualcosa al fratellino, convinta che l'avrebbe seguito.

***

Thymeria osservò preoccupata il bosco.

«Qualcosa non va?» le chiese il comandante venator con un sorriso di scherno.

Le avevano fasciato il braccio lo stretto necessario per non farla morire dissanguata, ma ancora non riusciva a piegare le dita della mano destra. Gli sputò ai piedi, con uno sguardo furente, e non gli rispose.

«Onorio, o me piessa pie unostriru sche inno inzo fi da buombo one sche dorzo otcho sche ioboride chirmo necheioboride? Tuprie o fi ve sche nerneppo inzo fi lofingio...»[1] il venator osservò con sospetto la donna e fece scivolare di qualche millimetro il pugnale fuori dal fodero.

«Otsco be buoppi fi onglangio.» gli rispose il comandante. «Atrede sche co inzo tre cra ronsi pri atrede ata ie nerne gui tre... zoffa sche ettru ioboride ci se unostriru tefu ie surcheri?»[2]

Thymeria cercò di concentrarsi sulle parole, avevano qualcosa del floriano, ma non più di quanto uno scoiattolo avesse in comune con una pantegana. L'origine doveva essere sicuramente la stessa.

Il bosco era completamente silenzioso e non una foglia si stava muovendo.

"Sono andati a sud, devono essere andati a sud" pensò, preoccupata. "forse riusciranno ad arrivare al forte di Alto Cippo e lì li potranno indirizzare per la strada giusta. Non dovrebbe mancare così tanta strada... qualche giorno al massimo..."

Uno schioppettio dal ciocco all'interno del piccolo focolare la strappò ai suoi pensieri e vide i due uomini avvicinarsi ai loro giacigli, il comandante si distese all'interno, appoggiandosi il mantello addosso.

«O me da prita, sche unostriru spaglie.»[3] disse, girandosi dall'altro lato e iniziando a russare.

Thymeria osservò le proprie mani e la corda che nonostante tutto gliele legava. Non aveva alcuna sensibilità all'intero braccio destro. I nodi sembravano essere fatti troppo bene affinché riuscisse a slegarsi e le avevano tolto ogni arma...

La disfatta di FlorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora