Capitolo 14

4 0 0
                                    

Thymeria si mise lo zaino in spalla, cercando di controllare che nulla fosse rimasto indietro.

«Aurora, hai la tua bambola?» le chiese, controllando la bimba che aveva uno zainetto in spalla.

La bambina aveva uno dei vestiti che aveva trovato nello zaino, un abito dalla corta gonna marrone e le maniche che arrivavano appena al gomito. Leto si aggrappò alla gamba della madre e la sua corta tunica era beige, ma non portava alcuna protezione per le gambe.

Aurora si guardò alle spalle, vedendo una ciocca di capelli uscire dallo zainetto di stoffa. «Sì, ce l'ho.»

Arrancò verso l'esterno della casa, trascinando la gamba su cui Leto si era appeso e dando due colpetti sullo zaino della bambina per farla andare avanti e chiuse con attenzione la porta, facendo scendere il paletto che assicurava la chiusura della stessa. Prese i piccoli per mano e si incamminarono tenendo dietro di sé il sole. Il pianoro saliva nuovamente e il laghetto risplendeva alla luce mattutina, ma i lamenti non tardarono a farsi sentire.

«Mamma, sono tanca...»

Thymeria sospirò, scuotendo piano il capo. «Su, muovere le gambe che siamo appena partiti... quando ci fermeremo per pranzare potrai dire di essere stanca.» la spinse delicatamente posando la mano sulla sua nuca.

Nessuno dei tre notò le figure che si erano acquattate dietro il crinale opposto.

***

L'interno della chiesa era silenzioso. Alte colonne si levavano lungo la navata centrale, sorreggendo l'alto tetto e nelle navate laterale gli affreschi dedicati a Lucina in cui la dea dispensava i suoi doni osservavano le quindici persone sedute nelle prime panche davanti al marmoreo altare dell'abside.

«Cominceremo ad evacuare Dossacles da sud-est.» stava dicendo Marcus, schiarendosi la voce. «Ci sono cinque case da cui cominciare, ma credo siano tra quelli che abbiano la maggior quantità di bambini.»

«Non è la sola zona...» tossì Bardo, gracchiando la sua risposta. «Anche da noi ci sono tante persone...»

Saturnino, un vecchio pelle ed ossa i cui vestiti gli cadevano larghi sulle spalle, spostò lo sguardo velato dalla cataratta in direzione dell'ultimo che aveva parlato. «Da voi...» solo un flebile sussurro riuscì ad uscire dalle labbra del vecchio, che dovette schiarire la gola e sputò del catarro in un quadrato di stoffa. «da voi la maggior parte sono comunque ragazze cresciute. Tua nipote Orchidea, ad esempio, è pronta al matrimonio e non sarà un problema per lei accollarsi la piccola Giuditta, cui fa già da madre.»

Thymeria, che si trovava a lato della navata principale, si appoggiò con la schiena alla colonna più vicina, incrociando le gambe e lanciando uno sguardo al soffitto di travi lignee decorate di fiori gialli e rossi, l'alternanza tra i due era estremamente interessante comparata alle lotte per la precedenza nella fuga. Sospirò, lanciando uno sguardo a madre Sophia che stava per intervenire per sedare gli animi.

"Meno male che i vecchi sono saggi..." si ritrovò a pensare, cominciando ad isolarsi nei propri pensieri.

Saturnino, pur non essendo tra i più vecchi della comunità, aveva già perso da tempo tutti i capelli e gli occhi neri velati dalla cataratta gli donavano un'aria stanca. Il suo passato da tessitore gli aveva segnato le mani, sulle cui dita agitate nel gesticolare si stagliavano profondi solchi.

«Lo dici solo perché la tua Rufina vive laggiù.» borbottò Bardo.

Anche le primavere di quest'ultimo non si contavano più, secondo Arys aveva già festeggiato il settantesimo compleanno. Aveva lasciato crescere sia i capelli che la barba, assomigliando ad uno di quei vecchi maghi delle fiabe, ma non sembrava avesse mai dovuto affrontare la carestia. Il doppio mento era soltanto un indizio della massa celata dagli sfarzosi abiti ampi.

«No, solo perché è da lì che verranno... la strada alle valli arriva a sud-est e noi fuggiremo verso nord.» Marcus era seduto accanto a Saturnino e si appoggiava pesantemente al suo bastone. I capelli candidi erano stati tagliati molto corti e Thymeria non sapeva dire chi dei due aveva più capelli. L'odore di vecchio e di chiuso stava cominciando a darle fastidio.

Madre Sophia sollevò lo sguardo su Thymeria, sollevando un sopracciglio, ma la straniera scosse la testa.

"Ci manca solo che vada a dire la mia... Calidona mi protegga..."

«Se si trattasse di far partire per prima chi vogliamo, anch'io direi prima le nostre famiglie.» Thymeria spostò lo sguardo su colui che aveva parlato. Babudio aveva capelli castani con dei riflessi rossastri e dei vispi occhi verdi, indossava una casacca marrone e dei pantaloni di cuoio in cui un ampio ricamo a fiori geometrici nascondeva l'aggiunta di tessuto. «Ma dobbiamo pensare a come potrebbero attaccare... ma chi ha mai visto una guerra nella propria vita?»

Babudio ricevette un'occhiata velenosa da Bardo, che strinse le labbra prima di lanciargli una risposta altrettanto venefica.

«Dipende da quanti saranno.» finalmente Thymeria fece sentire la loro voce. «Se fossero sufficientemente numerosi, potrebbero attaccare con una manovra a tenaglia, altrimenti punteranno al posto meno difeso.»

Il silenzio calò nel tempio.

«Qual è il motivo per cui vorrebbero attaccare Dossacles?» continuò la donna. «Cos'abbiamo che loro possono volere? Due cose fondamentali: donne e cibo. Avendo contrattaccato non si saranno occupati dei loro campi, come invece facciamo noi, e... beh... gli uomini in guerra non possono soddisfare le loro necessità primarie se non se n'è occupato il loro generale.» fece vagare lo sguardo noncurante sui vecchi e sulla sacerdotessa. «Il giorno in cui arriveranno, se non avrete già evacuato Dossacles, voi tutti sarete passati a fil di spada o impiccati o... chissà quale altra cosa si inventeranno. Le vostre donne, salvo le più anziane, saranno alla loro mercé e i bambini» sollevò le spalle, scuotendo piano il capo. «beh, alcuni li useranno, altri li prenderanno come schiavi, il resto sarà un peso...»

Lasciò che il silenzio cadesse in mezzo a loro e facessero i conti con le conseguenze dei loro piani inesistenti.

«È così che si combatte tra i barbari?» Thymeria non riuscì a individuare l'origine del borbottio poco distinto.

«Cosa sai di Alfea?» domandò Marcus, con voce più chiara.

«Nulla di buono...» rispose a mezza voce. «hanno mantenuto la conoscenza delle creature fatate...»

«Storie per bambini, barbari e deboli di mente...» borbottò quello che non era riuscita ad individuare prima.

Thymeria scosse la testa, nessuno di loro aveva accettato quella rivelazione fatta da madre Sophia all'inizio della riunione. «Ma non soltanto quello, secondo quanto ha studiato Arys, diversi secoli fa c'è stata una guerra e sono stati sottomessi per la prima volta. Solo un secolo fa, poi, un piccolo gruppo di schiavi fatati ha deciso di cercare di liberarsi dal giogo, ma la notizia della fine che hanno fatto, pur restando confinata nei territori di Alfea, si è sparsa per tutto il regno ed il controllo dei venatores alfei è rimasto ben salda.»

«Qual è stata la punizione?» mormorò Druso, i cui capelli erano ormai grigi e profonde rughe gli rigavano il viso.

«Vennero catturati e ad ogni incrocio venne appeso un pezzo dei ribelli.» il tono era completamente piatto. «Ogni incrocio, fosse in città o lungo le strade... pensate a Dossacles, ci sarebbero stati undici pezzi di creatura fatata a ricordare cosa sarebbe successo a coloro che avrebbero osato alzare la testa di nuovo.» fece una pausa, osservando le reazioni sconcertate dei presenti. Madre Sophia era inorridita e si tracciò un triskell sul cuore. «Da allora non vi furono più rivolte, di nessun tipo.»

Spostò gli occhi su ciascuno di loro, facendo pesare il suo sguardo e analizzando la nuova consapevolezza nel caso in cui re Emolus avesse effettivamente perso la guerra.

«Io non sarò qui con i miei figli quando annienteranno l'esercito, ora sta a voi decidere se partirete prima o dopo di me.»

La disfatta di FlorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora