Capitolo 17

7 0 0
                                    

 Il sole non si era ancora levato che Thymeria stava già scuotendo piano Aurora.

Le tenebre avvolgevano completamente la stanza, dato che le braci del focolare mandavano a stento un bagliore rossastro. Erano utili soltanto a capire dove non mettere i piedi.

Aurora si voltò di lato, mugolando qualcosa di incomprensibile.

«Tesoro dobbiamo muoverci...» sussurrò, scuotendola piano.

«Mamma...» mugolò la bambina. «è buio.»

Thymeria sospirò, scuotendo piano la testa e lanciando un'occhiata alla finestra. L'oscurità era ancora fitta e non sembrava che qualcuno fosse in agguato subito lì fuori.

«Lo so, Aurora, ma dobbiamo andare e muoverci piano.» si mise in spalla lo zaino, osservando il piccolo Leto che dormiva nella coperta.

Aurora socchiuse gli occhi, sbuffando lievemente e stropicciandosi gli occhi con una mano. Thymeria si avvicinò alla finestra con attenzione, osservando l'esterno e lasciando alla bimba il tempo di svegliarsi e mettersi quanto meno seduta. Non sembrava ci fosse alcun movimento, probabilmente si erano accampati pensando di non esser stati scoperti e che loro tre non sarebbero partiti con il favore delle tenebre.

«Ho fame...» mormorò la bambina, mettendosi seduta e facendo cadere la coperta sulle gambe.

«Mangeremo dopo, tesoro, ora dobbiamo andare.» si allontanò dalla finestra, recuperando la coperta e inserendola nello zaino, poi allacciò per bene il mantello sulle spalle della bambina per farle mantenere un po' di caldo. «Quando sorgerà il sole mangeremo.»

L'aiutò a rimettersi in piedi e le infilò lo zaino sulle spalle, dandole un bacio sulla testa. Controllò di non aver lasciato nulla, si mise l'arco incordato in spalla e recuperò Leto, che continuava a dormire.

«Non è giutto...» mormorò Aurora.

«Lo so... ora andremo direttamente a sud,» lanciò un'occhiata alla finestra. «se avremo fortuna, stamattina perderanno diverso tempo prima di rendersi conto che siamo loro sfuggiti.»

***

Ser bambinaio...

Arys non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe toccato anche a lui quel nomignolo, ma, guardando i ragazzini che gli stavano davanti, non poteva fare a meno di darselo lui stesso. Gli avevano affibbiato i due novizi più giovani e i milites appena passati a quel rango, tra i sogghigni degli altri interfectores.

«Ser Arys...» mormorò il più piccolo di loro.

Arys posò lo sguardo su di lui. I capelli biondi gli ricordavano quelli di Leto, anche se il bambino li portava trattenuti in un codino. Una stretta gli prese il cuore, ma fece un cenno con il capo al novizio.

«Cosa possiamo fare... noi?» continuò il bambino, accennando a se stesso e al compagno che gli stava accanto.

Si erano ritirati nel mastio, in un dormitorio che l'Ordo Tenebris aveva reclamato per i suoi membri quando erano giunti i primi confratelli, e i gruppi si erano divisi le lunghe tavolate per squadra. Arys osservò con attenzione i suoi sottoposti, appoggiandosi con un piede alla parete esterna, vicino alla sottile e alta finestra che faceva penetrare i raggi del sole nascente.

«Da quanto tempo sei nell'ordine?» chiese Arys, serio.

Il bambino abbassò lo sguardo, stropicciando la punta dello stivaletto al suolo. Il laccio del codino era scivolato quasi alla punta dello stesso, lasciando libera la maggior parte dei capelli.

La disfatta di FlorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora