Capitolo 10

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Thymeria osservò con attenzione la casa, tenendo per mano Aurora in modo che non scivolasse sull'erba che stava diventando umida per la sera.

«Mamma, so scendere anche da sola!» protestò la bimba.

La donna scosse il capo, sospirando appena e sentì Leto agitarsi sulla sua schiena.

«Dobbiamo sbrigarci, ma facendo attenzione... ormai il sole è al di là delle cime e anche le ultime luci spariranno a breve.» rispose la donna, sentendosi scivolare un piede e riuscendo a rimettersi in piedi.

Osservò nuovamente la piccola malga che oramai era ad un centinaio di metri da loro. Aveva una solida base di pietra, su cui si innalzavano le pareti in legno del pian terreno e della mansarda, e l'unica finestra che vedeva da quel lato era chiusa con gli scuri.

«Andiamo, mamma!» protestò ancora la bimba.

Thymeria non rispose, stringendole il polso e tenendola ferma accanto a sé.

«Non sappiamo se ci sarà qualcuno o qualcosa già dentro.» le sibilò, lasciandole il polso per impugnare l'arco e portando l'altra a prendere una freccia. «Non voglio sorprese.»

Aurora rimase ferma sul posto in silenzio, osservando la madre andare verso la costruzione, stringendo con una mano la gonna del suo vestito. Thymeria si avvicinò con cautela alla parete e, senza appoggiarsi, si avvicinò all'angolo e sbirciò oltre: non vi era altro che un tavolaccio di legno con delle rozze panche.

Tutto era eccessivamente silenzioso: non un verso, nemmeno il richiamo di una marmotta, non lo sciabordio del laghetto sulle rive...

Aurora raggiunse la madre e attese che lei andasse avanti di qualche passo per seguirla.

Thymeria avanzò cauta, affacciandosi alle diverse, piccole finestre che si aprivano su quella parete, ma tutte erano puntualmente chiuse. Strinse le labbra, facendo appena un cenno alla piccola di restare dietro di lei, non si voltò nemmeno a guardarla, ma sollevò soltanto qualche dito dall'arco puntato verso il basso, e raggiunse l'altro angolo.

Anche in quel frangente la donna si sporse appena, ma dall'altra parte c'era soltanto la porta chiusa.

Sospirò appena, avvicinandosi per aprire la porta e questa si ritrasse dietro alla sua spinta accompagnato da un lugubre cigolio. Anche l'interno era silenzioso e vuoto.

Rimase qualche secondo ad attendere di sentire qualche scricchiolio sospetto, ma poi entrò nella casa mentre Leto iniziava a piagnucolare.

«Puoi entrare, Aurora.» disse alla figlia, voltandosi verso di lei e vedendola stagliata nella luminosità morente del cielo. «Prima accendiamo il fuoco e poi chiudiamo la porta.»

«Mamma, pecché siamo venuti così?» chiese Aurora, entrando e osservando la madre.

Thymeria si avvicinò al caminetto, cercando a tastoni sulla sua architrave la scatola dell'esca e qualche legnetto, poi si inginocchiò per preparare la pira e in pochi tentativi riuscì ad accendere una tenue fiammella. Soffiò delicatamente per farla rinvigorire e la mise in una catasta che era già pronta, sicuramente preparata da Atanasia dopo quel giorno...

Appena Aurora vide la fiammellina illuminare il viso della madre, chiuse la porta e si avvicinò a lei, osservandola con attenzione.

«Mamma, pecché siamo venuti così?» ripeté Aurora, allungando le mani per cercare di riscaldarsi al fuocherello che iniziava a prendere.

«Perché mamma sta diventando paranoica, tesoro...» rispose Thymeria con un sospiro, ma, vedendo lo sguardo perplesso della figlia, le sorrise gentilmente. «perché, dopo il brutto incontro di oggi, non volevo rischiare di nuovo.»

La disfatta di FlorisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora