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Quando esco dall'edificio cerco di darmi un contegno e di smetterla di piangere.

<<Hope stai bene?>> mi volto di scatto, ma è solo Jack. Mi butto tra le sue braccia e mi lascio abbracciare.

Non riesco a smettere di piangere e in più si sono aggiunti anche i singhiozzi.

<<Mi stai spaventando.>> mi afferra per i gomiti, guardandomi negli occhi <<Fai respiri profondi. >> cerco di fare come dice e lentamente riprendo a respirare meglio.

<<Vieni, andiamo>> non chiedo dove, l'unica cosa che conta è che metta più distanza possibile da lui. Non voglio pronunciare il suo nome; fa troppo male anche solo pensarlo.

Durante il tragitto spengo il telefono che non ha smesso di vibrare per tutto il tempo. So chi è, so anche che dovrei rispondere e cercare di avere un comportamento da donna adulta. Però in questo momento non ci riesco, ho bisogno di tempo e sentire anche solo la sua voce peggiorerebbe le cose.

Quando la macchina si ferma davanti a un condominio in una zona che non conosco capisco che mi ha portato a casa sua. Ottima idea, qui nessuno mi cercherà.

<<Vuoi qualcosa? Ho caffè, acqua e forse del thè.>>

<<Acqua, grazie>> che voce orribile. Cerco si schiarirla e di sorridere, ma ne esce una smorfia.

Mi guardo introno e l'appartamento è carino, ben arredato e non ci sono vestiti sparsi in giro.

<<Tieni.>> mi porge il bicchiere. <<Grazie.>>

<<Come ti senti?>>

<<Se mi fossi gettata sotto un camion sentirei meno dolore.>>

<<Mi dispiace.>>

<<Immagino che tutto l'ufficio abbia sentito.>>

<<Non tutto, solo la parte finale e poi hai anche lasciato la porta aperta quando sei andata via.>>
<<Che vergogna.>> mi compro la faccia con le mani.

<<Dai non pensarci troppo.>>

<<Si, hai ragione. Poi non lavoro più lì.>>
<<Ti ha licenziato? Ma non stavate insieme?>>

Decido di raccontare tutto, non ho nulla da perdere e mi fido di Jack, è un tipo a posto che sa tenere la bocca cucita.

<<Ah.>> è l'unica cosa che dice dopo il mio excursus nei ricordi.

<<Già.>>

<<Da amico ti posso dire che hai fatto bene a chiudere questa storia. Lui ha sbagliato, ma quella che ci ha perso di più sei tu. Hai investito dei sentimenti e guarda come ti sei ridotta.>>

<<Avrei dovuto ascoltare mio padre. Mi pesa dirlo, ma aveva ragione.>>
<<Cosa farai adesso?>>

<<Se intendi per il lavoro, non lo so ma qualcosa mi inventerò.>> sospiro <<Se invece intendi con lui non sono abbastanza lucida da poter prendere una decisione.>> gli occhi si riempiono di lacrime così mi alzo in piedi e comincio a camminare per il piccolo soggiorno. Non piangere. Non ne vale la pena.

<<Il primo libro che ho letto in assoluto è stato Orgoglio e pregiudizio. Avevo undici anni. da quel momento non ho fatto altro che sperare di poter incontrare anch'io il mio Darcy. Ho fatto come dicono nelle favole: aspettare, avere pazienza perché il principe azzurro sarebbe arrivato. >>

What the books don't sayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora