Capitolo 18.

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I pochi giorno che ci separavano dal test per noi ragazzi del terzo anno sono passati in un lampo e ora non mi resta che pregare per un risultato almeno decente.
Durante la colazione un professore ha annunciato come si svolgerà il tutto: verremo smistati a gruppi, ad ogni gruppo è assegnata un'aula e avremo tutto il tempo necessario per rispondere alle domande; essendo domande personali non sarà una cosa difficile ma dovremo essere sinceri, cosa che per alcuni potrebbe essere fastidiosa.

-Hai paura?- mi sussurra Archel all'orecchio. Stringe una spallina del suo zaino e muove una gamba nervosamente.

-Non è paura per il test di per sè..- rispondo fissando la porta chiusa dell'aula davanti a me, quella a cui probabilmente siamo stati assegnati. -Ho paura del risultato.

-Anche io.- mi risponde facendo uscire le parole assieme ad un sospiro.

La porta dell'aula si spalanca improvvisamente e uno dei professori presenti comincia a chiamare i nomi dalla lista.
Quando sento pronunciare quello di Archel mi giro verso di lui e lui fa lo stesso, guardandomi con la faccia angosciata. Il professore continua a chiamare altri due nomi, poi si ferma e fa cenno di entrare. Non è ancora il mio turno.

-Non siamo insieme..- mi dice Archel deluso.

-No. Ma questo non vuol dire niente.- gli dico mettendogli le mani sulle spalle. -Sono sicura che avrai il risultato che meriti.

-Grazie.- mi dice lui abbracciandomi.

Il professore incita gli alunni ad entrare alzando il tono di voce, così io e Archel siamo costretti ad interrompere l'abbraccio. Prima di entrare nell'aula si gira e mi fa un cenno con la mano per salutarmi, ricambio e lo vedo sparire oltre la porta che il professore di prima sbatte con violenza.
Mi lascio cadere a terra con le spalle contro il muro e osservo l'orologio sperando che il mio turno arrivi il prima possibile ma allo stesso tempo vorrei che si fermasse, in modo da non avere delusioni.

Passa un ora prima che il primo studente esca dall'aula e non è Archel. Rimango ancora seduta scrutando i visi di tutti gli studenti che lasciano la classe: hanno il viso pallido, qualcuno ha gli occhi gonfi di lacrime e tutte queste visioni negative non fanno che aumentare la mia paura. "Cosa hanno chiesto in quel test?" Mi domando.
Sapevo che ogni anno c'era chi rimaneva colpito da alcune domande che toccavano troppo sul personale ma ora è un intero turno ad uscire completamente sconvolto.
Anche i ragazzi che saranno nel mio turno cominciano a preoccuparsi alla vista di quella processione, alcuni si mettono anche a parlottare ma evito di ascoltarli.
"Archel dove sei finito?" Mi chiedo e come se avessi espresso un desiderio, lui esce dalla classe trascinando i piedi, gli occhi stanchi dietro agli occhiali e i capelli tutti arruffati.
Mi avvicino a lui di corsa e gli prendo una mano, lui alza lo sguardo e sembra sul punto di piangere.

-È stato terribile...- mi dice con la voce che trema. -È come se loro conoscano già tutto di te e quel test serva solo a ricordarti le cose che ti fanno soffrire.

Quando finisce di parlare e ragiono bene su quello che mi ha detto c'è solo una parola che mi viene in mente: "Papà."
È sempre stato il mio punto debole, parlare di lui mi fa addirittura piangere e ho i brividi solo al pensiero di trovarmi delle domande su di lui nel test. Ma sono anche convinta che stia succedendo qualcosa di strano, quei test non sono mai stati così emotivamente crudi.
Lo stesso professore di prima si mette a chiamare gli ultimi rimasti; appena sento il mio nome lascio la mano di Archel e con un ultima occhiata preoccupata lo saluto; entro nell'aula e la prima cosa che noto è la mancanza di luce: tutta la stanza è in penombra, ci sono alcuni banchi disposti a file ed ognuno ha una pila di fogli disposti ordinatamente sopra.
Deglutisco e mi avvio in uno dei banchi nel centro, non voglio stare troppo avanti o troppo indietro.
Appena mi siedo e poso la borsa a terra accanto ai miei piedi il professore prende posto alla cattedra e comincia a parlare rispiegandoci le stesse regole di stamattina, poi ci invita a fare silenzio e iniziamo a leggere le domande.

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