Capitolo 5.

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Quando apro gli occhi capisco subito di non trovarmi nella mia stanza, o in qualsiasi altra stanza dell'istituto.
Il posto in cui mi trovo è incredibilmente luminoso, il soffitto fa filtrare raggi di luce che si colorano in tenui tonalità rosa-violacee, mi alzo a sedere e noto che il posto in cui mi trovo è effettivamente un portico, circondato da una foresta di abeti rossi. Sembra un posto così surreale.
Mi alzo e cammino verso una delle grandi colonne che sorregge gli archi, appena mi avvicino capisco che tutta la struttura è fatta di cristallo viola che cambia sfumatura a seconda della luce, sfioro appena la superficie con le dita e al contatto è fredda, quasi ghiacciata.
Mentre guardo a bocca aperta la possente colonna vedo il mio riflesso e mi accorgo di essere uno spettacolo spaventoso: indosso i pantaloni verdi lime del pigiama, macchiati di nero in alcuni punti e la maglietta a maniche corte viola con cui ero andata a dormire, non indosso né calze né scarpe eppure i miei piedi a contatto con il pavimento liscio non patiscono il freddo, i capelli sono tutti spettinati e aggrovigliati, sulla guancia ho una striscia di sangue secco che proviene da un grosso taglio sulla tempia sinistra, lo sfioro delicatamente con la mano ma sono costretta a ritirala subito perchè il mio corpo viene attraversato da una fitta di dolore insopportabile.
Ancora non mi capacito di essere sopravvissuta all'incontro con il demone Gregul, che contro ogni aspettativa mi ha risparmiato la vita.
Smetto di osservarmi e proseguo a camminare verso un elegante fontana con quattro getti d'acqua posta all'inizio di un corridoio, che ha le stesse cristalline tonalità del portico ma è al chiuso e leggermente meno illuminato.
Immergo le mani nell'acqua trasparente della fontana e mi ci sciacquo il viso, pulendomi dal sangue e rinfrescandomi. Quando torno a fissare l'acqua questa però non è più cristallina e comincia ad avere un colorito sempre più nero fino a diventare scura e densa, dandomi una sensazione di viscido.
Mi allontano indietreggiando e comincio a nutrire un brutto presentimento in me ma decido comunque di proseguire per il corridoio. I miei piedi scalzi contro il pavimento causano un leggero ticchettio e quello è l'unico rumore che sento mentre cammino per il corridoio.
Le pareti sono tutte spoglie e monotone, si trovano soltanto delle lampade a forma di rosa che ad intervalli regolari emanano una tiepida luce bianca, illuminando a tratti la penombra del corridoio.

Sto camminando ininterrottamente da quelli che sembrano interminabili giri di orologio, il corridoio sembra infinito, tutto uguale, monotono e sinistro. La sfumatura violacea del cristallo che prima mi lasciava a bocca aperta per la meraviglia ora mi da la nausea e mi fa girare la testa.
Mi fermo sotto ad una delle lampade/rose e mi appoggio al muro, sento che sto per svenire ancora una volta ma un rumore alle mie spalle mi allarma, qualcuno sta camminando nella mia direzione, posso sentire un ritmico rumore di scarpe picchiare sul cristallo spesso del pavimento.
Mi fermo immobile, mi stacco dal muro e tendo le orecchie per ascoltare con maggiore attenzione, stringo i pugni davanti a me, pronta a difendermi da eventuali attacchi.
I passi sono sempre più vicini e i battiti del mio cuore aumentano, più il rumore è forte più il mio cuore batte all'impazzata, sento il sangue pulsarmi nelle vene, l'adrenalina scorre, il rumore si fa più forte, sempre più forte.
"È qui."
Lo sento, oramai è a pochi metri, mi manca il respiro, la testa mi gira e l'intestino si contorce facendomi male.
"Sono pronta" penso, ma al posto che sentirli aumentare dietro di me, i passi si fermano e l'unico rumore che sento è quello di respiri, il mio e quello della persona dietro di me.
Rimango immobile e con la coda dall'occhio cerco di sbirciare ma la mia vista è limitata e sono costretta a voltarmi, senza perdere tempo alzo le braccia con un movimento rapido e la figura davanti a me rimane aggrovigliata tra i rampicanti che ho fatto crescere ai suoi piedi.
Geme per la sorpresa e ora che ha le braccia e le gambe bloccate posso studiarlo meglio: è più alto di me di qualche centimetro, indossa una felpa nera con un cappuccio che gli copre il volto e dei semplici pantaloni grigi di una tuta.
Mi avvicino cautamente, afferro il cappuccio e lo tiro via, in modo da scoprire il viso del mio inseguitore, e rimango senza fiato: quello che si prospettava un mostro in realtà è un bellissimo ragazzo dai capelli bianchi come la neve e dai magnetici occhi rossi, che mi fissano sorpresi.
Rimango incantata per un momento e lui ne approfitta per dimenarsi in un disperato tentativo di liberarsi.
Serro più forte il mio pugno e la presa dei rampicanti si di lui si stringe di più facendolo gemere ancora una volta.

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