Capitolo 26.

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Oggi è l'ultimo giorno della settimana di rientro a casa.
Devo ammettere che mi dispiace lasciare ancora mia madre e mio fratello, anche se solo per un paio di mesi, e tornare all'accademia.
Qui a casa mi sento sempre protetta e amata, oltretutto amo passare il tempo con la mia famiglia e durante l'anno scolastico sento molto la loro mancanza. Per non parlare del fatto che essendo a casa, in vacanza, puoi dormire quando ti pare e io amo dormire.
Ma questa volta, più di tutte le altre, non voglio ritornare all'accademia; non dopo tutte le cose che sono successe durante questi mesi: la comparsa del demone, le mie perdite di controllo, il diario dei distruttori, lo strano comportamento del preside, l'aver conosciuto la verità a proposito della sparizione dei Distruttori, lo strano risultato del test, il comportamento freddo di Emi e l'aver incontrato la famiglia Knight e Gidan.
Anche se lui, in realtà fa parte delle cose che considero "belle".
Fosse per me resterei rintanata nella mia stanza, lontana da tutto quei problemi.

Mi alzo dal letto e getto un occhiata sulla scatoletta rossa che è poggiata sul comodino che contiene l'anello regalatomi da Gabriel.
Dopo questo suo regalo ho capito che lui sa più di quello che dovrebbe: solo chi ha "assistito" ai miei attacchi può sapere che cosa accade ai miei occhi. E lui non è una di quelle persone.
Ora sono sicura di dovermi tenere ad una certa distanza da lui e lo stesso penso del signor Knight, lui conosce ciò che hanno fatto e sicuramente sa qualcosa a proposito della misteriosa morte di mio padre.
Mentre penso a come poter scoprire più informazioni sento la catenella appesa al mio collo tirare.
Prendo il medaglione e mi accorgo che la stella ha iniziato a girare da sola e tutto intorno a me diventa buio.

Apro gli occhi con fatica, la luce mi entra troppo prepotente all'interno delle palpebre e non è piacevole affatto.
Quando mi accorgo di dove mi trovo rimango colpita: sono nella stanza dove sono appesi i ritratti dei genitori di Gidan, la stanza dove mi ha portata durante il nostro primo incontro; dove mi ha detto che ero sua prigioniera.
Accanto alla finestra c'è Gidan, girato di spalle, che guarda oltre il vetro; sembra non badare alla mia presenza eppure il suo corpo è rigido, come se si trattenesse dal fare qualcosa.

-Gidan?- lo chiamo, la voce mi esce un po' troppo alta dalla bocca.

Lui si gira e mi guarda, non è sorpreso ma nemmeno felice di vedermi. Cosa gli succede?

-Va tutto bene?- mi alzo e vado verso di lui ma lui mi blocca mettendo una mano davanti alla mia faccia.

-C'è una cosa che devo dirti. È molto importante.- la sua voce è roca, tremante.

Annuisco e rimango in attesa. Mi accorgo di non stare nemmeno respirando, troppo preoccupata dalla situazione.
Gidan non si comporta così da molto tempo oramai, con me è sempre stato allegro e solo poche volte lasciava trasparire tristezza. Ora è spento, sciupato come se qualcuno lo stesse costringendo a fare qualcosa contro la sua volontà.

-Mio padre vuole che io erediti il suo titolo di cacciatore di demoni.- comincia a parlare. Apro la bocca per ribattere che lo so già ma lui mi ferma e riprende. -So che lo sai già, ma la questione si è rivelata più complicata del previsto.

Non mi piace questa frase. Non mi piace per niente.

-Gli addestramenti, le lezioni e tutte le altre procedure che devo seguire si sono rivelate troppe.- continua e poi si blocca, prendendo fiato.

Sento che potrei impazzire. Stringo il bordo del divanetto su cui sono seduta tra i pugni; non sono mai stata una persona paziente.

-Ora non ho più a disposizione lo stesso tempo di pri..- ricomincia a parlare ma io lo blocco alzandomi in piedi.

-Dimmelo e basta!- urlo secca e spazientita.

Lui mi guarda sorpreso dalla mia reazione alquanto infantile. Sbatte le palpebre più volte poi fa un respiro e riprende.

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