Capitolo 3

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"Aron, c'è una ragazza fuori dalla porta che ti aspetta. Mi ha detto di dirti, che il sole splende, ma non dimenticarti di guardare la Luna."

Aprii gli occhi di scatto e mi alzai dal letto quasi cadendo.

La mamma rise di gusto per la scena imbarazzante a cui aveva appena assistito. Mi ero reso ridicolo.

"Mamma ma ti pare?" Le lanciai il cuscino.

Luna era fuori da casa mia?
Come aveva fatto a trovarmi?

Forse aveva visto dove abitavo, o semplicemente mi aveva cercato...

Con quale impegno poi.

"Dille di aspettare cinque minuti." Dissi correndo in bagno.

Mi feci una doccia veloce e mi bagnai leggermente i capelli lasciandoli liberi di asciugarsi al sole, in quel pieno caldo che erano le mattine d'estate.

Mi vestii in fretta e furia e mi catapultai in cucina per il mio caffè mattutino.

Ero messo davvero male.

"È ancora fuori?" Chiesi mentre mio padre era intento a leggere il giornale.

"Deve piacerti molto per essere così preso dal sapere se ti sta aspettando, dico bene?" Mio padre non era un uomo di molte parole, ma quelle poche erano in grado di destabilizzare chiunque.

"L'ho conosciuta in paese e mi sta facendo vedere un po' la zona." Risposi tagliando corto.

Papà annuì e la mamma... Beh lei aveva il quadro ben chiaro delle cose, ma preferiva sorridere anziché dire cose che potevano farmi innervosire ulteriormente.

Non ero propenso alla conversazione con loro per i miei problemi o per delle cose personali.

Finii di sistemarmi e uscì.
Un jeans e una t-shirt smanicata.
Un vero ragazzaccio.

Lei invece era semplicemente perfetta, i raggi del sole illuminavano l'arancio dei suoi lunghi capelli donando un riflesso del tutto innaturale alla sua pelle sempre più dorata per via del sole.
Fosse stato inverno sicuramente avrebbe avuto un colore del tutto innaturale, forse come la neve.

Indossava un vestitino bianco e candido che lasciava ben poco all'immaginazione... Le sue gambe erano perfettamente snelle e il suo busto stretto metteva in risalto la forma dei suoi seni.

I miei pensieri prendevano man mano una piega abbastanza perversa di lei, ma non potevo... Lei non era come quelle con cui ero abituato a stare.
Per me lei non doveva essere toccata semplicemente.

"Poi dicono che siamo noi ragazze a metterci più tempo per prepararci." Sorrise venendomi incontro e prendendosi gioco di me.

"Beh diciamo che ero ancora preso dal sonno..." Con lei potevo davvero solo sorridere, mi faceva sentire me stesso.

"Andiamo, voglio presentarti degli amici." Amici?

Non mi era sembrata una tipa da amici... Oppure mi dava semplicemente fastidio che ne avesse.
Mi sentii improvvisamente geloso.

"Credevo fossi una tipa solitaria, non riesco ad immaginarti in compagnia di altra gente. Senza offesa naturalmente."

Non rispose... D'un tratto mi sentii in colpa per le mie parole.
Forse l'avevo davvero offesa, addirittura angosciata.
Aveva un espressione strana, il suo viso era stranamente cupo come se l'avessi messa a disagio, e vederla così dopo i sorrisi spontanei che mi aveva regalato era molto strano.

Salimmo lungo la strada che portava verso l'altra dove si era tenuta la festa, ma anziché andare a sinistra per quella direzione andammo a destra dove vi era un piccolo parco, che non ricordavo di aver visto quella sera, probabilmente per il buio. C'erano giostrine per bambini e qualche panchina dove i raggi del sole del mattino colpivano senza infastidire, grazie alla leggera brezza fresca di montagna che accarezzava la pelle.

Seduti su una panca vi erano tre ragazzi della nostra età... Una ragazza e due ragazzi.

Mai visti prima...

Luna mi superò andando verso di loro.

Si alzarono per salutarla quando poi ad un tratto videro me e si bloccarono per un istante.

Sembravano ragazzi di città come me, potevo riconoscere quel tipo di persone ovunque. Ma che ci faceva Luna con loro?

"Ragazzi lui è Aron, il ragazzo di cui vi ho parlato. Starà qui per un po', non mi sembrava il caso di lasciarlo solo in questo periodo di vacanza. Non credete?" Disse rivolgendomi uno sguardo per la prima volta indifferente in loro presenza.

Ero solo questo? Un ragazzo da non lasciare solo? Ma poi non ricordavo di averle detto che ero in vacanza, probabilmente lo aveva intuito. In effetti non mi aveva mai visto.

"Aron, loro sono Evan, Julian e Ginevra." I ragazzi vennero verso di me per darmi la mano, ma uno di loro mi guardava torvo da quando ero arrivato.

Evan.

"Io sono Ginevra, la sua migliore amica. Sei di città non è vero? Luna ci ha parlato di te, ma lo avrei capito anche solo guardandoti. Anche noi siamo come te. Apri gli occhi tesoro." Disse per poi tornare al fianco di Luna che la guardava male per il suo atteggiamento sfrontato. Evidentemente non pensava di dover affrontare una situazione di tale imbarazzo con loro.

Come se dovesse dar loro conto delle sue azioni.

"Io sono suo fratello. Luna mi ha parlato bene di te, non mi sembri un cattivo ragazzo. Non mi fraintendere, possiamo essere tutti ciò che vogliamo, ma lei ha scelto di essere diversa da qualsiasi altra persona. Come sempre. Non mi sembri pericoloso, perciò voglio fidarmi." Mi porse la mano e gliela strinsi contento.

"Grazie Julian, è un piacere!" Julian mi diede una pacca sulla spalla e si affiancó a Evan.

"Io sono il suo Ex fidanzato. Ciò non toglie che sia ancora innamorato di lei."

Un colpo dritto in pieno petto.

"Evan ancora con questa storia. Tra me e te è finita mesi fa!" Venne verso di noi Luna interrompendolo.

La guardai affranto e deluso...

Lei ricambió il mio sguardo senza sostenerlo.

"E perché cosa credi che sia? È solo un'idiota che vuole entrarti nelle mutande come gli altri, apri gli occhi ragazza." Disse puntandomi il dito, per poi andare verso Ginevra voltandomi le spalle.

"Aron, io... Mi dispiace." Mi prese la mano alquanto imbarazzata.

Sorrisi deluso tirando via la mano dalla sua, mi sentii in un certo senso ferito.
Più che altro umiliato.
Soffocai l'istinto di andare a prenderlo a pugni e mi soffermai su di lei.

Non ero niente se non uno sconosciuto che conosceva da poco.
Ma su una cosa ero sicuro, io non volevo entrare nelle sue mutande e tanto meno trattarla come trattavo le altre.
Lo avrei già fatto conoscendomi, ma lui si era permesso di giudicarmi.

La guardai affranto.

"Sei libera di fidarti come sei libera di lasciarmi perdere." Le dissi per poi voltarmi e andarmene.

Mi meravigliai di me stesso, perché avevo appena compreso quanto in realtà ci tenessi.

Cuore d'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora