Capitolo 21

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Julian mi aiutò a preparare le valige quella mattina stessa, sapevo che prima o poi quel momento sarebbe giunto.
Avrei dovuto affrontare la realtà e se fosse stato facile o meno solo il tempo lo sapeva.

Lo portai in giro per la città per qualche ora dato che era la prima volta che metteva piede al sud e con mia grande sorpresa aveva apprezzato molto, le ragazze e il cibo soprattutto.
Il nostro treno sarebbe partito alle 12:00 nel giro di 6 ore saremmo arrivati a destinazione, verso il tardo pomeriggio e di lì avrebbe preso un altra piega tutto quanto.

Sarebbe stato davvero come tornare indietro nel tempo.

Con la differenza che questa volta non ci sarebbe stato il caldo ed il sole a spaccare le pietre ad attendermi.
Ma un gelido inverno accompagnato da nuvole grigie nel cielo.
Un paesaggio triste e malinconico che avrebbe portato un grande senso di mancanza nel mio petto, facendo riaffiorare ricordi che in tutti i modi avevo cercato di reprimere nel tempo.

"Allora sei pronto?" Mi chiese Julian sorridendo.

Era ovvio che non lo fossi, nonostante l'ansia mi stesse attanagliando le viscere, mi sentivo anche felice.
Perché l'avrei finalmente rivista, con i miei occhi avrei visto il suo cambiamento e il fatto che si fosse ripresa.
L'ultimo ricordo risaliva al letto d'ospedale e per quanto così non volessi ricordarla, le cose erano andate in quel modo.

"Dai saliamo su questo cazzo di treno." Risposi tranquillo.

Salimmo su e cercammo due posti liberi, per fortuna non ci volle nulla.

"Sono contento di quello che stai facendo Aron, so quanto sia difficile e anche quanto sia importante per te. Sono sicuro che questa volta tutti i tasselli andranno al posto giusto." Disse guardandomi negli occhi.

La speranza che essi celvano era davvero immensa, mi ricordarono quando mi guardò allo stesso modo in ospedale con la convinzione che l'avrei salvata, era uno sguardo che conoscevo bene.

Non ci fu molto da dire o fare durante il viaggio, il tempo trascorse fra qualche sonnellino e la musica attraverso le cuffiette, la mia lista su spotify era davvero infinita.
Eppure ascoltavo le stesse canzoni almeno per tre volte di fila, perché mi piaceva immaginare cose e fantasticarci su mentre ascoltavo con attenzione le note e riflettendo sulle parole dei testi.

Forse ero un inguaribile romantico in fondo.

Julian invece si appisoló per qualche ora per poi svegliarsi con un attacco di fame, di fatto mangiò due bustine di patatine.

Il mio stomaco a contrario rifiutava cibo, ero troppo ansioso... Se fossi stato una donna sicuramente mi sarebbe venuto il ciclo anticipo.
Una volta successe ad Erika, partì per un viaggio che era molto importante per lei, l'ansia le venne così forte da farle venire in anticipo il ciclo di dieci giorni.
Tornó bestemmiando...

Ancora sorridevo al pensiero.

"Prossima fermata Rimini."

Le parole della voce elettronica mi fecero sobbalzare dal sedile. Eravamo arrivati!

"Julian cazzo svegliati, hai le briciole di patatine alla bocca." Lo ripresi per farlo svegliare. Una scena a dir poco comica.

"Chi? Cosa? Aron, calma." Disse pulendosi la bocca e stropicciandosi gli occhi.

Il treno pian piano rallentava e io e Julian prendemmo le valige nell'attesa che si fermasse per poter scendere.

Una volta fermo aprì le porte e così scendemmo.
L'aria del pomeriggio inoltrato si fece sentire, era parecchio gelida e il cielo era di un notevole blu ceruleo.
Eravamo prossimi alla sera e una leggera brezza fredda mi fece rizzare i capelli dietro la nuca.
A tutto avevo pensato tranne ad un cappello.

"Ora che facciamo? Ora che ci penso non mi hai nemmeno detto dove devo dormire!" Gli dissi bloccandomi sul posto.

Eravamo così presi dalla fretta delle cose che non avevamo pensato ai dettagli più importanti.
Era proprio vero che senza le donne nella vita di un uomo si è spacciati.
O meglio un uomo intelligente le pensa le cose... Ma qualcosa può sempre sfuggire senza un notevole aiuto.

"Aron, vuoi stare tranquillo? Ora pensiamo ad uscire dalla stazione. Chiameremo un taxi! E comunque dormirai a casa mia, che domande!"
Mi rispose con nonchalance come se fosse la cosa più normale.

Più facile a dirsi che a farsi!

Strabuzzai gli occhi e quasi non me lo mangiai vivo con essi.

"A casa tua? Vuoi vedermi morire d'infarto per caso? Non vedo tua sorella da più di un anno, non ci siamo più parlati né sentiti perché c'è l'ha a morte con me... E ora mi vieni a dire che devo venire a vivere a casa tua per un tempo che non abbiamo neanche definito? È uno scherzo vero?" Il gelo dell'inverno mi prese nel petto mentre scandivo ogni si gola parola.

Per lui era tutto così semplice da fare, ma per me non lo era niente di tutto ciò. Di lì a poco me la sarei ritrovata davanti e cosa le avrei detto? Che suo fratello mi aveva invitato al nord per una vacanza? 

"Ascolta la mia famiglia sa tutto, solo Luna non sa nulla. Tutto ciò è stata una mia idea e mia madre soprattutto mi ha appoggiato. Non è bello per lei vedere sua figlia trasformata in una persona irriconoscibile, inoltre ricordava bene i tuoi occhi e la tua reazione alle sue parole in quella stanza di ospedale, l'ultima volta che avete parlato. Sai, mi disse che si sentii il cuore spezzato. Comprendeva a pieno il tuo dolore ancor prima che glielo fece provare mia sorella stessa. Perché mia madre ha il cuore spezzato da quando Luna si è risvegliata in quel dannato letto."

"Dannazione, Julian!" Imprecai.

"Cosa c'è adesso?" Chiese girandosi nuovamente nella mia direzione.

Un altro pensiero era appena balenato nella mia mente come un lampo.
Non avevo avvisato il mio datore di lavoro che non ci sarei andato, né i miei colleghi. Non avevo fatto un cazzo!
Ero automaticamente licenziato!
Come potevo essere stato così irresponsabile?

"Ho perso il lavoro! Ho dimenticato di avvisare, io..." Mi misi una mano fra i capelli.

"Come se adesso importa qualcosa!" Rispose riprendendo a camminare.

In quel momento potevo solo pregare.

Pregare di non aver preso la scelta sbagliata per l'ennesima volta.




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