Capitolo 16

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Guardai fuori dal finestrino con il cuore infranto, mentre ci allontanavamo da quel che era diventato il mio posto, mentre il sole cocente del mattino continuava a salire imperterrito.

Avevo appena vissuto le settimane più belle e disastrose della mia vita.

Per tutto il tempo di permanenza non avevo considerato i miei amici e forse era stato meglio.
Non avevo voglia di parlar loro di quello che mi aveva tenuto occupato tutto il tempo.
Non avrebbero compreso, mai.

Forse solo uno di loro avrebbe potuto capirmi, ma non mi sentivo in vena di parlarne.

Non subito almeno.

Guardavo il paesaggio mentre i miei genitori erano immersi nel loro silenzio, un'occhiata nello specchietto retrovisore da parte di mio padre di tanto in tanto, e la musica dello stereo in sottofondo.

La mia mente viaggiava sui chilometri che man mano mi stavano portando via da lei.

Lei era in quel letto e io mi sentivo un idiota... Come se mi avessero strappato via un organo a sangue freddo e cazzo quanto faceva male.

Piangevo, piangevo da quando ci eravamo messi in macchina.

In silenzio e singhiozzando.

Ero evidentemente rosso e bagnato fradicio sulle guance.
E come poteva essere d'altronde?

Mi ero preso il numero di Julian.
L'unica persona che mi era stata dietro fino all'ultimo secondo.
Ginevra ed Evan erano rimasti in ospedale, mentre quando sono tornato in villa per prendere le mie cose, Julian era venuto con me.

Mi aveva fatto compagnia, mi aveva ascoltato, mi aveva aiutato a fare le valige.
Gli avevo parlato dei miei amici, del mio stile di vita in città.
Come se fossimo al bar a prendere un caffè.
L'unico a cui ho concesso di conoscermi in questo viaggio oltre Luna.
Ginevra ed Evan? Conoscenti.

Il telefono vibró ed era lui infatti.

Julian: Sta calmo, non finirà così. Non dopo quello che ho visto in mia sorella da quando sei arrivato tu e non dopo quello che ho visto realmente in te. Non avevo mai avuto dubbi a riguardo.
Non farmi ripetere le cose.
Faremo qualcosa e io ci sarò.

Non ero sicuro delle sue parole, cosa si poteva fare alla fine una volta tornato al sud? Avrei ripreso in mano la mia vita.

E faceva male.

Ma poi?

Avrei cominciato a lavorare, avrei dovuto riprendere ad uscire con i miei amici, fingendo il nulla.

Ma non ci sarei mai riuscito, avrei portato avanti quei pensieri tutto il tempo, perché ero un codardo a non essermi opposto abbastanza.
L'obiettivo?
Tornare al nord?
Per dirle cosa?
Eravamo un qualcosa?

Non lo sapevo.

Eravamo ancora alle prese nel cominciare.
Non avevamo avuto tempo di viverci.

E quello che avevo ancora a disposizione mi era stato tolto con la forza.

Mi sdraiai per il resto dei sedili e misi le cuffiette per sentire la musica del mio telefono.
Volevo viaggiare con la mente e con la mia immaginazione.
Volevo entrare nel mio mondo.
Nel mondo dei ricordi di ciò che avevo vissuto e nella fantasia di ciò che avrei voluto accadesse...
Immaginare persino di ritrovarci fra tanto tempo.
Lei bella e limpida come sempre, o cambiata per via delle circostanze persino per colpa mia.

Mi addormentai con la vista delle montagne, delle colline e del verde...
Un verde che avrei portato sempre dentro di me.
Una speranza che non avrei mai lasciato andare.
Un giorno l'avrei rivista ne ero certo, ma quel giorno era ancora molto lontano.

Mi risvegliai di soprassalto per via del clacson e così mi resi conto di quanto fuori dalla realtà ero stato.

Eccoli lì, i palazzi, le macchine e il traffico. Era pomeriggio eppure sembrava una di quelle lugubri giornate di Ottobre, il cielo grigio e la pioggia che pian piano bagnava i vetri.
Niente era rimasto di quello che avevo visto fino a poche ora prima, ora erano impressi solo immagini ripetute nella mia nella mia testa a tratti.

Erano trascorse 9 ore...

Per un attimo mi parve un viaggio nel tempo in un altra epoca.
Mi sentii fuori luogo e l'aria di fuori era diventata incredibilmente pesante.

Mio padre accese una sigaretta e l'odore del fumo tornó a invadermi le narici.
Avevo smesso di fumare, e me ne resi conto solo in quel momento.

Non toccavo una sigaretta da un'eternità.
Grazie a lei.

Tossì.

Era improvvisamente tutto strano e diverso ai miei occhi.
Per la prima volta non mi sentivo a casa.

Poi tutto sembrava fuorché Agosto.
Il mal tempo aveva coperto il cielo, così come io mi sentivo dentro.
Era giusto un po'. Non avevo per nulla voglia di vedere un solo spiraglio di sole.

Non ero dell'umore adatto all'allegria.

Per un secondo mi parve di sentire il suo profumo invadermi le narici dal nulla. Avrei voluto piangere ancora, farlo fino a svuotarmi e a rimanere privo di lacrime da versare.

Ma non potevo.

Avrei preferito drogarmi di xanax piuttosto.

Dovevo riprendere il controllo anche se mi sentivo sul punto del collasso.

Poi una canzone attraverso le cuffie.

You are the reason di Calum Scott...

Il mio cuore acceleró... lo sapeva non appena la sentii...

Era per lei.

Mi lessi la traduzione e non vi era nulla di più vero in molte frasi.

Scalerei ogni montagna
e attraverserei nuotando ogni oceano
solamente per stare con te
ed aggiustare ciò che ho rotto.

Perché ho bisogno che tu veda
che tu sei la ragione.

Perché si, una cosa l'avevo rotta.
Il suo cuore.

Non sapevo ne come ne quando.
Ma avrei fatto in modo prima o poi che lei, vedesse.

Lei era la ragione di tutto.

Cuore d'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora