Capitolo 19

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Mentre mi crogiolavo nel letto la vibrazione del cellulare attiró la mia attenzione.

Mi girai in direzione del cellulare e vidi il nome di Julian sulla schermata.
I miei occhi si sgranarono e mi fiondai sul comodino per afferrarlo.

"Pronto?" Risposi un po' troppo velocemente per i miei gusti, quasi come a sembrare che non aspettassi altro. E in  effetti era così, da settimane attendevo una sua notizia, purtroppo non ci sentivamo spesso.

"Aron, che bello sentirti come stai!?" Mi chiese abbastanza euforico.

"Come sto? Vuoi davvero saperlo o preferisci che ti dica una stronzata?" Gli risposi sarcastico. Mi domandava come stessi ogni volta e puntualmente il mio umore faceva schifo o era peggiorato.

"Sono portatore di buone notizie campione, perciò apri bene le orecchie." Mi intimó Julian dall'altra parte della cornetta.

"Va bene, ti ascolto." Ero insolitamente calmo, ma anche un po' preoccupato. Era molto tempo che non mi dava buone notizie, mi aveva sempre tenuto informato dei miglioramenti di Luna e di come si fosse ripresa dopo il periodo in ospedale, mi aveva raccontato di quanto le fossero cresciuti i suoi capelli naturali rossi che ormai le arrivavano al collo, e quindi non più lunghi come li ricordavo.
Di come i suoi occhi fossero diventati vispi, ma soprattutto di quanto fosse cambiata dentro.

Che non l'avrei riconosciuta se l'avessi vista perso e onestamente ero nel pieno della curiosità.

"Domattina presto sarò lì da te. Che ne pensi?" Affermó lasciandomi con l'amaro in bocca.

"Da me? Per quale motivo? Non ti vedo da allora." Il panico si impossessó di me, era come ritrovarsi faccia a faccia con le proprie paranoie. Non ero preparato.

"Vengo a prenderti amico, è ora di ritornare e fare un tuffo nel passato. Portando le cose ad un giusto presente."

Il mio cuore perse un battito, non poteva aver detto sul serio una cosa del genere e di certo non poteva avermi preso in giro.

Cominciai ad agitarmi e dovetti tenere tutto il controllo dei miei nervi saldi per non esplodere in un crisi nervosa.

Avevo bisogno di farmi una doccia.

"Julian ne riparliamo domani sempre se è vero quel che dici, ora ho bisogno di farmi una doccia." Fra il confuso e il sofferente cercai di contenere le mie emozioni..

"D'accordo io sono in viaggio, domattina alle 8:00 sono da te, ciao amico." Disse per poi chiudere la chiamata.

La mente cominciò a girare facendomi sentire ubriaco delle mie stesse fantasie.
Rivedere quei posti, rivedere tutto e soprattutto rivedere lei.
Non avrei retto...

Forse era uno scherzo e probabilmente mi aveva preso per il culo.
Peccato che il mio sesto senso non fosse d'accordo.
Andai in bagno e mi feci una doccia veloce per cercare di riprendermi dallo shock emotivo, mi asciugai alla scappata i capelli e mi gettai nudo fra le lenzuola.

Avevo il cuore che mi pompava a mille nel petto e troppi pensieri tutti insieme che mi impedivano di dormire, sapevo che non avrei preso sonno, ma ugualmente mi rigiravo nel letto per cercare di rilassarmi e pensare in maniera lucida.

Dopo un paio d'ore passare a fissare il soffitto mi alzai nuovamente dal letto e andai in cucina a prepararmi un caffè per poi accendermi una sigaretta.

Ogni tanto me ne fumavo una, non avevo più il vizio come una volta, ma in momenti di estrema ansia ne avevo fottutamente bisogno.

Guardai l'orologio ed erano esattamente le 5:00 del mattino, la luce del sole all'orizzonte ancora debole schiariva di poco il cielo rendendolo di un blu più chiaro.
Mentre del resto a distanza di poche ore Julian sarebbe piombato in casa mia.

Ed io come avrei reagito?

Mi sedetti al tavolo per sorseggiare il caffè mentre piccole lacrime presero a scendere dai miei occhi.
Mi sentivo spaventato e non dovevo nemmeno andare in guerra, il groppo di ansia mi prese la gola facendomi avere una sensazione di vomito.

D'un tratto mi resi conto persino di essere ancora nudo.
Ero davvero in condizioni penose, chissà cosa avrebbe detto lei se mi avesse visto così adesso.
Sicuramente sarebbe scoppiata a ridere nella sua risata melodiosa.

Quanto mi mancava...

Finito il caffè, andai a sistemarmi per non farmi trovare in quelle condizioni a dir poco decenti da Julian, non volevo rischiare mi prendesse in giro o che vedesse come mi ero realmente ridotto.

I minuti passavano e così anche un po' dell'ansia che mi logorava dentro, alla fine era solo lui. Non avrei mica dovuto vedere lei, in quel caso si che mi sarei sentito un completo idiota incapace di formare una frase di senso compiuto, o meglio nella mia immaginazione era così.

Non mi andava di rimettermi a letto, così mi sedetti nuovamente alla sedia osservando il tramonto dalla grande vetrata del mio appartamento.

Ero stanco e prosciugato dalle forze, avevo lavorato e non avevo dormito. Tanto meno avevo preparato la valigia.

Avevo solo voglia di chiudere gli occhi e non sentire più niente.
Assolutamente niente.

Cuore d'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora