Capitolo 2

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Eppure me l'aveva promesso. E non riesco a smettere di pensarci.

«Ti prego, Scott. Promettimi che non ti allontanerai più in questo modo, sono stata malissimo», gli avevo chiesto, implorandolo con lo sguardo.
Era stato sorpreso dalla mia sincerità. Eravamo all'inizio della nostra relazione, e si era allontanato da me perché mi aveva sentito dire a mia madre che non mi piaceva veramente. Era una balla, ovviamente, ma a quei tempi non riuscivo ancora ad esprimere i miei sentimenti come volevo.
Perciò per tentare di rimediare, mi ero sforzata di fargli capire quanto tenessi a lui e quanto stargli lontano mi faceva male; fisicamente e psicologicamente.
E lui doveva aver capito benissimo, poiché continuando a guardarmi, mi aveva risposto:
«Te lo prometto.»

Un'altra balla.

Non ha mantenuto niente di quelle tre parole. Niente. Si è allontanato di nuovo da me. E cosa peggiore, si è avvicinato a lei.
Stringo le ginocchia al petto e mi asciugo una lacrima che mi solca il viso; eppure, mi sembra di avere ancora la guancia bagnata. È tutto il giorno che vado avanti così: piango, mi asciugo il viso, me lo sciacquo, mi dico che andrà tutto bene, e piango di nuovo. Piango più forte. Più dolorosamente.

Mi chiudo a riccio, e percepisco il freddo lenzuolo sotto i miei piedi nudi.
È tutto così sbagliato. Perché a volte il destino sembra remarci contro? Abbiamo fatto di tutto per cercare di rimanere in suo favore, ma forse, non lo siamo mai stati.

Alzo di nuovo la testa e mi concentro sui quadri che Scott mi ha aiutato ad appendere. Tutti e tre sull'amore.
I ricordi mi stanno uccidendo.
Dovunque io mi giri, c'è qualcosa che gli appartiene, qualcosa che sarà suo per sempre e che non riavrò mai indietro. L'angolo del mio letto in cui dormiva, sembra essere ancora leggermente inclinato, come se il peso del suo corpo fosse ancora lì; la strada, sembra avere tracce della sua meravigliosa motocicletta; ma la cosa più macchiata e marchiata dai nostri ricordi, è la mia testa. Devo cercare di tirarli fuori.

Scendo al piano di sotto, e vedo mia madre stesa sul divano dopo una giornata di lavoro estenuante. Indossa ancora la sua camicetta e la sua gonna, e uno dei due tacchi le penzola dal piede.
Mi guarda non appena mi siedo accanto a lei. Sposta le gambe verso lo schienale per farmi spazio, e il tacco in bilico cade definitivamente. Le tolgo l'altro.
«Grazie», mi dice sorridendo. «Perché sei ancora a casa? È appena iniziata l'estate, Harper, dovresti andare a divertirti con i tuoi amici.»

Abbasso lo sguardo. «Julia non può, e Cris è con una ragazza.» Il che è vero.
«E scott?»
Nonostante stessi aspettando quella domanda, riesce a spiazzarmi. Riesce a frantumarmi il cuore, per il semplice fatto che quello è il nome più bello del mondo.

«Non può neanche lui», mento. Non le ho detto niente di ciò che è accaduto a casa di Helena. Per ora non voglio e non riesco a parlarne.
«Hai qualche soldo da darmi?»
«Certo.» Si allunga verso il tavolino e fruga nella sua borsa. Mi mostra una banconota da 50. «Bastano questi?»
Annuisco e li prendo. «Sono anche troppi.» Me li infilo nella tasca posteriore dei jeans. «Vado ad un negozietto a una ventina di minuti da qui.»
«Vuoi che ti accompagni con la macchina?»
«No, vado a piedi. Ho proprio voglia di camminare.»

Quando entro nel negozio, la campanella sopra la porta tintinna.
«Buon pomeriggio», mi saluta il commesso. Ricambio e mi faccio spazio tra gli scaffali. C'è odore di vaniglia e di carta. L'atmosfera di questo posto già mi piace.
Passo oltre i quaderni, gli album da disegno, e arrivo a ciò per cui sono venuta. Le tele per dipingere.

Ce ne sono di tutte le dimensioni.
Ne prendo due medie e una piccolina. Con le mani già super occupate finisco il mio giro del negozio. Ho bisogno dei colori e dei pennelli.
Quando arrivo all'enorme parete piena di boccette colorate, ci trovo già una persona. Una ragazza con due blu identici in mano, ma di due marche diverse.
Il blu. Serve anche a me il mio colore preferito.

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