Capitolo 22

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«Come... come stai, Harper?»
Questa domanda è sempre la più difficile.
Mi si attorciglia lo stomaco ogni volta che qualcuno me lo chiede.

È come se in un secondo dovessi ripensare a tutto. A cosa ho provato in questi giorni, a cosa mi ha fatto battere il cuore e a cosa lo ha fatto fermare.
Ma un secondo non basta mai. E quindi rispondo sempre "bene".

È persino più difficile di chiamare "papà" la persona che mi ha fatto crollare il mondo addosso.
Deglutisco, ma ho la gola talmente secca che non faccio che aumentare il fastidio che provo. Mio padre è in piedi, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo... disperato.

«Io...» Guardo mamma, seduta di fronte a lui sul divano. Mi da le spalle, ma mi sta osservando di profilo. Il mento basso, la schiena rigida... non capisco perché non gli urli di andarsene, come al solito. Non capisco perché non mi abbia avvertita. E perché se ne stia in silenzio, immobile.

Non riesco a tornare su di lui. Riesco solo a guardare le mie scarpe. «Ho bisogno di un minuto.»

Indietreggio, andando a sbattere contro Scott, che mi afferra per la vita.
«Andiamo di sopra.» Non me lo faccio ripetere due volte. Portare le mie gambe verso le scale è un sollievo immenso.

Il cuore mi batte forte contro la gabbia toracica, ad ogni respiro.
Dopodiché è tutto molto rapido. Entriamo nella mia stanza e sento Scott chiudere la porta, e a quanto pare quel suono è come uno spartiacque: scoppio in un pianto disperato.

Non mi do neanche il tempo di pensare, di rifletterci. Le lacrime e i singhiozzi mi scombussolano dalla testa ai piedi, facendomi tremare.

Le sue braccia calde sono subito attorno a me, ad attutire la mia voce e il mio dolore. Mi avvolgono, mi proteggono. Dal passato, da mio padre, da quel giorno di gennaio in cui i nostri rapporti sono andati in frantumi, a causa di bugie durate anni.
Mi sembra di vedere ancora quei fogli. I nomi, i prestiti, le strategie. Ma che dico. Mi sembra di sentirli tra le mani.

«Non ce la faccio», mormoro. «Non ce la faccio proprio.»
Scott mi stringe più forte, e camminando mi conduce verso il letto. Mi lascia per un momento, si sdraia tra i miei cuscini, e io gli sono subito addosso. Le sue braccia già aperte mi accolgono mentre mi sistemo sul suo petto e intreccio le nostre gambe.
Desiderosa di più calore umano, mi faccio spazio nel suo collo praticamente bollente.
Inspiro profondamente e mi asciugo le lacrime che continuano a scorrermi sul viso e a bagnargli la pelle.

Tiro su col naso un paio di volte. Lui mi accarezza lentamente la schiena, e quando i suoi muscoli, il suo profumo e il suo affetto mi travolgono arrivandomi fino alle ossa... il mio cuore comincia a calmarsi. Le mie lacrime smettono di scendere. E ci siamo solo io e lui.

«Vuoi che rimanga qui stanotte? So che avevamo detto che era meglio fare solo una cena, ma-»
Sposto il mio corpo, facendolo aderire completamente al suo, e torno nell'incavo del suo collo. Adesso sono sdraiata su di lui.

Non diciamo altro, e restiamo in questa posizione finché non mi calmo del tutto. O forse un po' di più. Non avevo proprio voglia di staccarmi.

«Harper?» Sento bussare alla mia porta. È mia madre. «Posso entrare?»
«No», rispondo senza pensarci. Scott mi solleva il mento. Mi accarezza una guancia mentre mi penetra con lo sguardo. Non mi sta dicendo niente, ma so che mi sta comunicando di fare la brava almeno con lei. Sospiro.

«È... è pronta la cena. Volevo solo dirti questo.»
Osservo la linea delle labbra più belle del mondo e la seguo con un dito. «Okay mamma.»
Un sorriso si espande sul viso di Scott mentre i passi di mia madre risuonano nel corridoio.

Punto il mento sul suo petto e continuo a guardarlo. La barba sta ricominciando a crescergli, e conoscendolo, se la raderà a breve. Si piace di più senza. Per me è sempre perfetto.

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