Capitolo 8

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«Fallo!»
«Sei... sei sicura, Harp?»
«Sono sicura.»
«E se dovessi cambiare idea?»
«Me ne farò una ragione. Non si possono mica riattaccare.»
«O-okay.»

La mia migliore amica è più agitata di quando mi ha accompagnata a fare il tatuaggio a New York.

Sono solo capelli. Ricresceranno.

Attraverso lo specchio guardo la forbice che impugna con la mano. Per fortuna non sta tremando.
Ma proprio quando una parte dei miei capelli si trova tra il metallo tagliente... si ferma e fa un passo indietro.
Sospiro.

«Perché non andare da un parrucchiere? Non ti hanno mai insegnato che si tagliano lì i capelli?», mi domanda esasperata. Scommetto che sta sudando tantissimo. Scoppio a ridere.

«Perché non voglio un taglio scalato. Voglio un taglio paro, e sei in grado di farmelo anche tu. Mia madre me li taglia da sempre.»
«Allora aspettiamo Margaret», afferma annuendo alle sue stesse parole, avviandosi verso la porta.
La blocco infilando un dito in un passante dei suoi jeans, facendola tornare indietro.

«No. Lo voglio adesso. Lei tornerà stasera tardi.»
Fa un respiro profondo. «E va bene. Sei sicura di volerli così corti?»
«Sì, 5 cm sotto la mascella. Forza, ce la puoi fare.»

Come se i suoi non fossero stati altrettanto corti. Ora le sono cresciuti e le arrivano sotto le spalle, proprio come ce li avevo io a settembre. In un certo senso ci stiamo scambiando capelli.

«Okay.» Si concentra, e io osservo i miei occhi attraverso lo specchio. Non me li ha ancora tagliati, ma già vedo le mie iridi sorridere e brillare.
Ne ho davvero bisogno. Un bel taglio, per questo nuovo periodo della mia vita.

Sento che un cambiamento è alle porte. Anzi, sento che la vita mi sta mettendo alla prova su più di un campo. Percepisco il mondo attorno a me e dentro di me modificarsi, e voglio adeguarmi. Voglio aiutarlo a cambiare, non oppormi.
Ormai ho capito che l'unico modo per stare bene è accettare la propria evoluzione. E questo è l'inizio per farlo. Voglio un taglio nuovo.

Un suono deciso mi fa capire che Julia ha aperto le danze. Istintivamente, urliamo entrambe. Io dalla gioia, lei dalla paura. Guardando la sua espressione terrorizzata mi viene da ridere a crepapelle.

«Non fermarti, altrimenti poi fa più paura!», la incito.
«Okay okay!»
Una nuova luce passa nei suoi occhi, e credo proprio che adesso sia concentrata e che sia pronta per fare il resto. Amo la mia migliore amica e la sua pazzia.

Trenta minuti dopo, il suo lavoro è completo. E lo amo da impazzire.

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Mi guardo allo specchio della mia camera, mentre mi spruzzo il mio profumo preferito.
I forti colori del tramonto entrano dalla finestra e si riflettono sui brillantini del mio tubino nero, investendolo di una luce che sembra essere ultraterrena.

Mi siedo sul letto e mi chino per sistemare il cinturino delle mie scarpe con il tacco. Quando ho finito, mi squilla il cellulare. È Cris.

«Due minuti e scendo», lo anticipo, considerando che ogni volta si lamenta perché lo faccio aspettare tanto.
«Ehm... bambola?» La sua voce è tesa, e riesco ad immaginarlo grattarsi la testa.
«Sì?»
«Come... come posso dirtelo senza farti incazzare...»

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