Capitolo 25

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Mi avvolgo lo stomaco con entrambe le braccia, poco prima che la nausea mi faccia chinare di nuovo sul gabinetto. Stavolta non esce niente, per fortuna. E' la quarta volta in dieci minuti.

«Che succede?», chiede un Cris assonnato alla porta del mio bagno. «Oh merda», esclama quando realizza. «Perché vomiti?»
La parola "vomito" mi fa venire un altro conato.
«Ansia», riesco a dire prima di conficcare le unghie nella tavoletta del gabinetto.
«Ansia? Di cosa?»
«Scott.»
«Scott? Scott cosa? Smettila di parlare a monosillabe. Non lo sopporto», specifica appoggiandosi con tutto il suo peso allo stipite della porta.

Lo guardo talmente male che per un attimo la sua sicurezza vacilla. «Sto vomitando, Cris!», urlo. «Cosa pretendi, che ti faccia un discorso lungo dieci minuti?!»

«Okay okay! Hai ragione!» Alza le mani in segno di difesa. «Pensavo avessi finito.»
Poggio finalmente la schiena al muro. «Ora sì», sospiro. «Credo.»
«Bene. Perciò dimmi.» Abbassa la tavoletta e ci si siede sopra. «Perché Scott ti ha fatto venire l'ansia?»

«Sono agitata per stasera.» Chiudo gli occhi. «E' da tanto che non usciamo insieme solo io e lui. E' da tanto che non... passiamo del tempo come persone normali. Ho lo stomaco sottosopra.»
«Lo vedo», afferma, meritandosi un pugno sul ginocchio.

«Mi ero preparata con tanta attenzione. E ora puzzo di vomito.»
«Beh, non sono bravo a dare consigli, ma so per certo che sarebbe meglio se ti lavassi i denti.»
Stavolta scoppio a ridere. Odio ammetterlo, ma a volte il suo essere così spontaneo e l'avere sempre la battuta pronta aiuta. Aiuta davvero.

«Non cambierai mai tu, eh?»
«Mai», afferma fiero, prima di restituirmi il pugno di poco fa. «E ora che hai tirato fuori praticamente tutti i tuoi organi? Agitata come prima?»

Annuisco. Agitata è dire poco. Mi sento inondata dall'ansia. «Un po'. Il fatto è che...» Non so neanche spiegarlo. Sono ridotta così per mille motivi diversi, ma tutti questi portano ad una sola strada.
«Scott è così... perfetto.» Butto fuori l'aria che stavo trattenendo mentre cercavo la parola giusta. Anche se nessuna è in grado di descrivere fino in fondo quel ragazzo. «A volte penso di non essere all'altezza.» Mi stringo ancora una volta lo stomaco con le braccia. «Nel senso, come fa uno come lui a stare con me? Cosa ho di tanto speciale? Come fa a stare al mondo, a camminare su questa terra consapevole di potersi legare solo ad una persona, e a scegliere comunque me?»

«Perché non glielo chiedi?»,  Cris interrompe il mio flusso di pensieri.
Lo guardo. «Dovrei?»
«Beh, sì. Solo lui può rispondere a questa domanda.»
Mi alzo, dirigendomi al lavandino. Le mie occhiaie sono decisamente peggiorate. Prendo di nuovo il correttore e lo ripasso. Poi faccio lo stesso con il mascara. «Va bene», sospiro poi, mentre recupero spazzolino e dentifricio. «Glielo chiederò.»

«Ottima scelta.» Ora è lui ad alzarsi. Si stiracchia e si dirige verso la porta. «Adesso tocca a me farne una. Mettere da parte l'orgoglio e chiamare Perry, o rimanere fedele al mio carattere di merda?»

«Chiamare Perry», dico in contemporanea a lui che afferma «rimanere fedele al mio carattere».

Alzo gli occhi al cielo. «Fai come ti pare. Basta che in realtà sai qual è la cosa giusta.»
«Sì sì», dice con noncuranza mentre attraversa la mia stanza. «Buona fortuna con Scott!»
«Me ne servirà molta stasera!», urlo per farglielo sentire. «Davvero molta», sussurro poi a me stessa, guardando il mio riflesso.

Coraggio Harper, puoi farcela.

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Quando suona il campanello, poggio il pennello tinto di bianco accanto alla tela. «Tempismo perfetto, Scott.» Avevo appena finito il mio terzo dipinto.

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