Capitolo 30

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«Harp, devi perdonarlo. Non puoi dire no al bicchiere "principessa di papà"», mi ribadisce Julia al telefono il giorno dopo.
«Credo di averlo fatto. Insomma, ciò non cambia quello che è successo, ma ora ho capito che almeno sta cercando di rimediare.»

«Ehi! È mio quello!», la sento esclamare.
«Con chi stai litigando?»
Lancia un urletto prima di rispondermi. Sento volare degli schiaffi.
«Indovina. Alto, muscoloso, rompicoglioni... ti viene in mente qualcuno?»

Non ci metto neanche un secondo a capire. «Sarà forse il mio migliore amico? Insomma... la descrizione corrisponde alla perfezione.» Mi alzo dal letto e apro la finestra. Ho fatto l'ennesimo pisolino pomeridiano e ho sudato da morire. Ho bisogno di aria.
«Bingo!» La sento muoversi.
«Vi state ancora picchiando?»
«No, è scappato via come una femminuccia.»
«Non è vero!», sento in sottofondo. «Sono ancora qua!»

Senza rendercene conto, passiamo due ore e mezza a chiacchierare. Dio, quanto vorrei essere lì. É vero, è pochissimo che non li vedo, ma sapere che sono tutti nella stessa casa e che io sono a chilometri e chilometri di distanza, mi fa sentire la loro mancanza. Le loro voci in sottofondo non aiutano per niente.

Quando chiudiamo la chiamata e mi alzo di nuovo dal letto, mi fa male la mano per quanto ho tenuto il telefono nella stessa identica posizione.
Faccio dei movimenti circolari con il polso e con le dita per aiutarmi, mentre vado in cucina in cerca di qualcosa da mangiare. Ho una fame pazzesca.

«Papà?», chiamo ad alta voce. «Hai per caso della marmellata?»
Prendo le fette biscottate dalla dispensa e le dispongo in un piatto. Apro il frigo e tiro fuori il burro. «Papà?»
Deve essere uscito mentre dormivo. Mi era sembrato di sentire una porta sbattere, ma ero convinta facesse parte del mio sogno in cui ero Alice nel paese delle meraviglie.
Mi ero appena cambiata nel bagno della regina di cuori per giocare una partita a Croquet... quando un rospo molto buffo vestito da maggiordomo mi ha offerto una crostata di mele. E poi, dal nulla, la porta dietro di me ha cominciato a spingere. Spingeva fortissimo sulla mia schiena, talmente tanto da piegarsi, e da farmi male. Quando ha ceduto e si è rotta, c'era acqua dappertutto! Straripava dal lavandino del bagno. E come se non bastasse... è sbucata Ariel! Sì, la sorella di Sebastian.
Sguazzava lì in mezzo e rideva come una pazza, prendendosi gioco di me e mostrandomi un foglietto impermeabile con il numero di telefono di Scott.

A quanto pare sto uscendo fuori di testa. Ultimamente faccio dei sogni troppo strani.

Continuo a cercare mio padre per casa e mi viene da sorridere quando arrivo in soggiorno: il tavolino davanti al divano è ancora pieno delle lettere dello scarabeo a cui abbiamo giocato per tutta la giornata.
Abbiamo ordinato cibo dal ristorante cinese qui vicino e ci siamo immersi in una partita durata secoli.
Devo ammettere che sono state delle ore... preziose. Credo sia la parola giusta da usare quando ci si vuole prendere cura di qualcosa, quando la si vuole proteggere. Che sia un ricordo, un pensiero... ciò che vorremmo non ci lasciasse mai. Ecco. Quel momento è entrato a far parte del mio cuore. E anche se un giorno dovessi dimenticarlo, sono sicura che le sensazioni che ho provato rimarranno a far parte di me. Sono mie ormai.

Ah, e purtroppo, alla fine ha vinto lui. Gli concedo questa vittoria solo oggi. Nessuno batte Harper Ross a scarabeo.

Dovrei mettere a posto, ma mi dispiacerebbe. Guardando il caos che abbiamo lasciato, sento che in realtà niente di tutto ciò potrebbe essere sistemato meglio. Mi sembra di assaporare del vissuto. E questa casa non veniva vissuta da troppo tempo.

Forse una cosa potrei aggiustarla... il telecomando della tv che rischia di cadere dal divano. Quella non fa parte del quadro che ho davanti.

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