Capitolo 14

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Eccomi qua. Di nuovo di fronte a questa porta bianca.
A quanto pare non riesco ad allontanarmene. Più ci provo, più le circostanze della vita mi ci riportano.
Spero tanto che non ci sia il destino dietro tutto questo. O forse spero che sia lui l'artefice?

No Harper, basta. Devi dirgli addio.

Forse questo incontro mi farà bene. Forse restituirgli la felpa, l'ultima cosa di lui che mi appartiene, mi aiuterà a chiudere questo capitolo della mia vita. Il capitolo del mio primo e ultimo amore.

«Tutto bene?»
Mi ero quasi dimenticata di essere ancora in macchina con Hayden. Scuoto la testa e la faccio affondare nelle mani, curvando la schiena. «Non capisco perché è così difficile. Non...» Sospiro rumorosamente quando la morsa nel mio stomaco si fa sempre più decisa. «Non so se... se riuscirò a guardarlo negli occhi. Non stasera, non... posso.»

Pochi secondi dopo sento la mano di H sulla schiena. Disegna dei cerchi. So che il suo intento è quello di aiutarmi, ma così mi fa diventare ancora più sensibile. Percepisco le emozioni invadermi il petto e mescolarsi. Sento la rabbia, la tristezza e lo sconforto scambiarsi posto, fino a diventare un vortice che mi fa tremare le gambe.

«Prova a fare così: suona il campanello, salutalo e gli mettigli in mano la felpa. Anzi, non devi neanche salutarlo se non vuoi.»
Mi fa sorridere, e lo guardo spostando le mani dal viso.

Mi tiro su e torno a fissare la porta. Cerco di aggrapparmi ai miei pensieri iniziali: questo incontro potrebbe aiutarmi a dimenticarlo. Vedere la sua faccia tranquilla e pacata dopo quello che mi ha confessato su Lana, potrebbe farmi capire che tipo di persona è, e il perché devo essere forte e stargli lontano. Sì, andrà così. Deve andare così.

«Okay, è ora.» Apro lo sportello e scendo. «Non aspettarmi, hai una festa a cui andare.»
«Già, ma ti lascio tornare da sola solo perché Bryan mi ha detto che Aaron sta vomitando anche il cenone di Natale.»
Annuisco e mi appoggio con i gomiti al finestrino abbassato. «Grazie per questa meravigliosa serata.» Mi fa l'occhiolino e un cenno con il capo. «Potremo rifarlo, qualche volta, H. Ma solo se lasciamo passare almeno un mese. Altrimenti non credo di riuscire a sopportarti.»

La sua risata contagia la mia. «Ci vediamo, Harper.»
Lo saluto un'altra volta con la mano e aspetto che la macchina lasci il vialetto. Quando scompare, ho lo stomaco in subbuglio. È arrivato il momento di affrontare la realtà.

Cammino a testa bassa sui sassolini e arrivo a dieci centimetri dalla porta. Faccio qualche respiro profondo e non so con quale coraggio, suono il campanello.
Posso farcela. È questa la mia svolta. L'ultima volta che saremo insieme da soli. Poi lo ignorerò, e andrà tutto bene. Lo dimenticherò.

Sento dei passi, e non posso non far caso al mio cuore che mi martella in petto. È lui, lo so. Lo conosco.

La maniglia gira, e i miei occhi guardano già nel punto in cui so che saranno i suoi. Il problema è che quando il mio immaginare le sue pupille si trasforma nella realtà di quell'oceano sconfinato, non sono pronta. Non sarò mai pronta al suo sguardo magnetico.

Mi si asciuga la bocca ancora più di prima e il mio cuore finisce in gola. Non capisco più niente.

Questo incontro non è la mia svolta. È la mia rovina.

«H-Harp?» Questa parola e il suo tono di voce mi ricordano qualcosa. Quando l'ho incontrato a casa di Helena, strafatto. Me lo sono ritrovato davanti e la sua visione mi ha stravolto tanto quanto adesso.

«Merda.» È quello che riesco a dire. Scuoto la testa ripetutamente e cammino all'indietro, inciampando nel gradino che collega il sentiero di sassolini alla sua casa. Riesco a recuperare l'equilibrio, ma quando lo vedo avanzare verso di me mi sembra di perderlo di nuovo. Mi sembra di avere le vertigini, di sognare di cadere da un palazzo altissimo e di svegliarmi con il fiato corto. Sto per avere un attacco di panico?

Respira insieme a me 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora