mi dispiace.

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Mi diressi di corsa verso casa di Matteo, inutili tutte le chiamate fatte perché continuava ad essere irraggiungibile.
Bussai ininterrottamente finché non mi aprì: occhi rossissimi quasi chiusi, occhiaie che gli arrivavano al mento e capelli spettinati.
-Mi spieghi che cazzo ti salta in mente?- urlai scostandolo per entrare, seguita da un suo movimento lento. L'odore del fumo mi fece arricciare il naso.
-Ti avró chiamato mille volte Matteo che cazzo di problemi hai? Ero preoccupata per te!! Perché non ti sei fatto sentire?- sbraitai girandomi verso di lui, che si mise le mani in testa e tiró fuori un lamento, dirigendosi in camera sua.
-Che rottura che sei! Avevi tutto tu nello zaino mi hanno lasciato per mancanza di prove, che cazzo vuoi ora?- si buttó sul letto di peso, mentre io come una cretina mi appoggiai allo stipite della porta con le braccia incrociate.
Ero sconvolta dalla sua reazione, mi ero pure preoccupata per lui.
-Che cazzo voglio? Io sono la tua ragazza e speravo ti importasse qualcosa di me, ti rendi conto che io non ho dormito stanotte per colpa tua? Non mi hai fatto sapere un cazzo! E poi perché quella troia bionda continua a rompermi i coglioni?- a quella frase la sua espressione cambiò, da scocciata a impaurita: sgranò gli occhi.
-Che cazzo ti ha detto?- disse avvicinandosi a me.
-È arrivata all'uscita di scuola dicendomi che ti avevano arrestato per spaccio, per poi dirmi che non cambi mai e che ti saresti dimenticato di me. Ci siamo azzuffate, ma è arrivato Mario e mi ha portata via.-
Si allontanò guardando il soffitto, e stringendo i pugni.
-Matteo come faceva a saperlo?- chiesi, pensando al peggio.
-Sta zitta un po'. E non avvicinarti mai più a quello, sono stato chiaro?- si avvicinò a me con fare minaccioso, ed io indietreggiai.
-Come cazzo faceva a saperlo quella Matteo?- urlai cercando di contrastare la sua figura.
-Ma cosa ne so io? È una cretina, la devi lasciar perdere.- la sua voce si calmò, dandomi una sensazione di tranquillità. Si ributtò a letto, svogliato.
Mi misi accanto a lui, al che mi abbracciò.

Dopo interminabili minuti di silenzio, parlò.
-Mi dispiace se ti ho urlato. Mi dispiace se non ti ho richiamata, volevo stare da solo. Scusa se ti ho fatta preoccupare. Davvero, perdonami. Non accadrà più. Promesso.- sussurró.

A quelle parole, sorrisi istintivamente, dimenticandomi di tutto. Gli accarezzai i capelli. Lui mi guardò, per poi baciarmi.
Approfondimmo quel bacio sempre di più, quando si mise sopra di me, tenendo il peso sui gomiti e le sue mani tra i miei capelli.
Mi tolse la maglia, poi i pantaloni ed io feci lo stesso con lui finché rimanemmo completamente nudi, e finimmo a farlo.

...

Passarono settimane da quel giorno. Stavo sempre meglio con lui, passavamo le giornate assieme a fare di tutto. Avevamo instaurato un bellissimo rapporto.
Avevo sentito che Gionata non era più ai domiciliari.
A quella notizia sentii come un vuoto colpirmi il petto. Non pensavo mai a lui, o meglio, non volevo farlo. Come avevo smesso di sentire tutti gli altri. Non mi avevano fatto niente, se devo ammetterlo, ma volevano decidere troppo per la mia vita, dandomi troppi pensieri negativi. Così da un giorno all'altro persi i rapporti con tutti. Un po' perché volevo io, un po' perché lo voleva Matteo. Alla fine lo faceva perché ci teneva a me, ne avevamo parlato.
Stavo bene.

Quel giorno ero seduta sul mio letto intenta a far tornare degli esercizi di matematica ma senza successo. Decisi così improvvisamente di scendere ed andare dal mio ragazzo, negli ultimi giorni l'avevo visto abbastanza strano e volevo fargli una "sorpresa" senza preavviso, sapevo ogni posto in cui stava e le rispettive ore, quindi sapevo dove trovarlo.
Mi diressi verso casa sua, passando da dietro i palazzi per non rischiare di incontrare gli altri. Un po' una codarda la sono stata, lo ammetto, ma non volevo sguardi addosso.

Quando arrivai a casa di Matteo vidi che la porta era aperta, capitava spesso essendo che la serratura si era rotta da un bel po', così entrai senza pensarci due volte.
Non avrei mai immaginato di vedere il mio ragazzo, nudo, che lo sbatteva dentro quella troia bionda.
Mi sentii crollare il mondo addosso.
Rimasi immobile finché lui non si accorse di me, sgranò gli occhi e la spinse via, cercando di coprirsi con un indumento e venendo verso di me. Io mi girai di scatto ancora sconvolta, ma lui mi prese un braccio fermandomi. Mi girai tirando un ceffone dritto nella sua bella faccia da cazzo, per poi guardare che si stava coprendo con un vestito che sicuramente non era suo.
Nel frattempo la bionda si era appoggiata compiaciuta sullo stipite della porta. Le tirai un'occhiataccia, per poi tornare con lo sguardo, schifato, su Matteo.
-Ti prego..- provò a parlare ma lo fermai con un altro schiaffo.
-Non voglio sentire un cazzo. Non voglio mai più vederti. Mi fai schifo.- e me ne andai sbattendo la porta dopo essermi liberata dalla sua presa.

Camminai col passo svelto verso il mio palazzo mentre il cuore mi batteva a mille e le lacrime riempivano il mio volto senza fermarsi.
Salii le scale che portavano al tetto, nel posto dove fumai la mia prima canna con Mario, e mi sdraiai a terra, liberandomi in un pianto isterico.
L'immagine di lui che si sbatteva un'altra continuava a girarmi per la testa e non voleva andarsene.
Non riuscivo a capacitarmene. Non capivo cosa avessi sbagliato. Non sapevo perché l'avesse fatto, ne da quanto andasse avanti.
In quel momento mi tornarono in mente le parole di Mario.
E odiai me stessa per come lo avevo trattato male, perché ero sparita, per tutto, perché ero accecata dai sentimenti e lui aveva ragione.
Mi odiai tantissimo, non riuscivo a smettere di piangere. Ormai il dolore si era concentrato su me stessa, su come ero stata stronza nei confronti dei miei amici che volevano solo avvertirmi. Non avevo mai sofferto così tanto.

ciny. • sfera ebbastaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora