senza aver avuto mai il coraggio.

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Girai l'ultimo angolo di quelle strade tutte intrecciate, camminando su un asfalto ornato da foglie bagnate e mozziconi di sigarette. Potevo sentire delle gocce d'acqua cadermi addosso ma non capivo se scendessero dagli alberi sopra di me o se stava effettivamente iniziando a piovere.
In ogni caso, girato l'angolo vidi dritto a me il famoso bar, anche se mi aspettavo un altro tipo di situazione.
Il bar faceva angolo; dalle due vetrate usciva la luce giallognola del locale, che illuminava i pochi tavolini fuori, ma fuori non c'era nessuno. Più mi avvicinavo più riuscivo a vedere cosa c'era dentro, ed effettivamente qualcuno c'era, però mi aspettavo uno scenario più rumoroso, con più persone, e invece c'era solo il silenzio della città fuori.
Insomma, entrai nel bar abbastanza imbruttita, al banco non c'era nessuno ma sicuramente non ero lì per bere qualcosa ecco. Sulla mia destra una piccola sala in cui c'erano delle persone sedute che parlavano in modo tranquillo, e qualcuno che giocava alle macchinette circondato da altri ragazzi.
Pareva che a nessuno importasse della mia presenza, nel senso, era proprio come se non mi avessero nemmeno vista entrare, e a dirla tutta meglio così.
Mi guardai un po' intorno, il cuore mi batteva ad una velocità disumana dall'ansia di incontrarlo, finché persi un battito.
Quella voce avrei potuto riconoscerla anche tra mille altre, infatti mi girai verso quel gruppo di ragazzi alle macchinette, e li lo vidi. Era concentrato su quella slot, anzi era anche abbastanza alterato perché probabilmente stava perdendo chissà quanti soldi. E in quel momento mi chiesi se avesse mai giocato prima, e chissà quanti soldi ci aveva buttato.

Improvvisamente si girò verso di me con la testa, forse per istinto o forse perché ero letteralmente immobile a fissarlo, fatto sta che il suo sguardo cambiò in un attimo, era un misto tra incredulo, rammaricato, incazzato, non lo so, non seppi decifrarlo. Ci guardammo negli occhi per una manciata di secondi che in quel momento a me parvero un'infinità, sembrava ci fossimo solo noi in quella stanza, come se tutto si fosse cancellato per qualche secondo. Una sensazione di calore improvviso mi salì per tutto il petto, lui si alzò dallo sgabello con la scusa del bagno, e mi passò oltre con una velocità disumana, facendo finta di nulla, mentre io avevo momentaneamente perso la capacità dì muovermi, mi limitai a seguirlo con lo sguardo. Era uscito dal bar e si era fermato lì fuori a fumare una sigaretta.
Appena uscita sentii una forte tensione nell'aria, che però lui non pensò due volte a rompere perché si mise a camminare a passo svelto verso la strada che avevo fatto per arrivare lì.

-Ho bisogno di parlarti Gionata.- dissi a voce alta mentre lui mi camminava davanti a un paio di metri. A quelle parole si bloccò, eravamo arrivati in un punto in cui la luce del lampione era coperta da un albero quindi si vedeva veramente poco, ma riuscii a vedere con chiarezza il suo girarsi lentamente verso di me, mentre il fumo della sigaretta si alzava intorno a lui.
-Pensi di poter risbucare dal niente ed essere anche così presuntuosa da pensare che io stia ad ascoltare le tue stronzate?- disse freddo, a voce bassa.
C'erano ancora un paio di metri che ci dividevano. A quelle parole rimasi immobile, non mi aspettavo tenesse tutta questa rabbia nei miei confronti. Mi si creò un magone in gola, iniziai a respirare a fatica, sentii le lacrime riempirmi gli occhi, ma non dissi nulla.

-Puoi farne quello che cazzo vuoi della tua vita Miriam ma io non ti voglio nella mia.- disse con la voce spezzata, per poi tornare sui suoi passi.
E io come una stupida senza aver detto una parola rimasi li, immobile, con le lacrime che mi scendevano e che ormai si confondevano con la pioggia.
E poi mi passavano mille cose per la testa. Da una parte pensai che in fondo, che colpa ne avevo se mi ero innamorata di un altro ragazzo? Però dall'altra parte, quella fisica, stavo soffrendo, avevo male al petto, singhiozzavo, il pianto veniva giù come se stesse aspettando di farlo da tanto tempo, ed una ragione precisa non c'era.

O meglio, in quel momento non riuscivo a trovarla. Riuscivo solo a pensare che per non aver dato il giusto valore alle cose mi ero ridotta a soffrire sotto il diluvio per aver mandato tutto a puttane come al solito, come da quando mi trasferii in quel posto dannato, eppure prima non ero così. Era come se quel posto avesse tirato fuori la parte marcia di me, la parte irrazionale, quella che metteva in fondo il mio vero valore, ero completamente cambiata. O mi stava insegnando a vivere, o voleva solo farmi marcire. Ed andai nel panico perché non sapevo più come reagire per averla vinta, volevo solo lasciare andare tutto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25, 2023 ⏰

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