{67} Lui è reale

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Il vuoto, non c'era più spazio per altro nella sua testa.

C'era un vuoto che riempiva le emozioni, i pensieri e le parole. Non aveva idea di cosa pensare o fare.

Era successo ancora una volta.

Nella sua vita non c'era niente di normale e poco frenetico. Non aveva mai avuto modo di assimilare nulla. Succedeva e basta.

-Mi dispiace, quando l'ho saputo eri troppo turbata e ho preferito tacere- Si passò una mano fra i lunghi capelli ramati.

Un sospiro, un misero sospiro fu l'unica cosa che uscì dalla sua bocca.

-Saresti andata via e non avrei avuto modo di convincerti a tornare, ti avrei persa una volta per tutte e non doveva accadere- Si giustificò, ma nessuna delle sue parole stava avendo l'effetto desiderato.

Ogni parola incalzava la rabbia della ragazza. Ogni parola la allontanava sempre più dalla realtà. Era stanca di soffrire, era stanca di continuare quella lotta verso l'ignoto... proprio ora che sembrava andare tutto per il meglio.

-Tu mi hai trattata in quel modo solo per questo... solo per fare in modo che potessi avvicinarmi a te il più possibile- Finalmente parlò.

-No tesoro, assolutamente- Cercò di formulare una frase articolata.

-Non chiamarmi tesoro!- Strinse i pugni così forte che sui palmi si formarono delle mezze lunette, dettate dalla forza con la quale le unghie erano entrate in contatto con la carne.

La donna non aveva idea di come rimediare a quell'immenso pasticcio.

-Hai idea di quanto tempo io abbia passato pensando al fatto che mio padre fosse morto? Hai idea di quanto io abbia sofferto... NE HAI IDEA?- Urlò più forte che poteva, senza nemmeno rendersi conto delle lacrime che una dopo l'altra le rigavano il viso.

La ragazza si coprì il volto con le mani, era disperata e il mondo le era crollato addosso, ancora una volta.

Ritrovarsi in quella stanza, da sola con quella donna era diventato il suo incubo.

Non riusciva a guardare niente con lucidità.

L'unico pensiero che le vagava per la testa era che aveva un padre.

Aveva passato la sua intera vita in una menzogna, chi era lei ora? Non era di certo più la stessa ragazzina di qualche minuto prima.

Le carte in tavola erano state rimescolate dal destino e lei avrebbe dovuto, ancora una volta, lottare per affermare la sua identità.

-Demet mi dispiace averti dovuto mentire... ero convinta che fossi partita, ma appena ho saputo che eri qui, credimi. Ho preso il primo aereo per raggiungerti- Le posò una mano sulla spalla.

Stavolta la ragazza non si ritrasse al contatto.

-Anche lui è qui?- Alzò gli occhi verso quelli della donna, che trasmettevano anch'essi dolore.

-No, è in viaggio di lavoro, non sa che sono qui e che ti ho trovata- Sorrise debolmente.

Sospirò.

Cosa avrebbe dovuto fare adesso?

-Ricordi quando eri in ospedale?- Chiese in un sussurro.

Demet era confusa, non aveva idea di cosa pensare e di certo le sue domande non la stavano aiutando a chiarirsi le idee, cosa avrebbe dovuto ricordare? Le sue cure amorevoli, il fatto che lei si era comportata in quel modo solo per fare in modo che potessero avvicinarsi?

Ci fu uno sguardo ostile della ragazza, nei confronti della donna, che provava a trattenere le lacrime.

-Quelle rose... con quel bigliettino. Le ricordi?- Lo sguardo della mora divenne ancora più cupo.

Quel bigliettino era rimasto nel cassetto del suo comodino per un tempo che nemmeno era sicura di ricordare, di tanto in tanto lo rileggeva, cercando di capire cosa potesse voler dire.

Cosa quel giro di parole potesse avere a che fare con lei... era passato così tanto tempo, era passata così tanta acqua sotto i ponti, aveva affrontato così tante cose che al solo pensiero di dover ricominciare a lottare stava male.

-Ho scoperto che te le aveva mandate lui... non so come abbia fatto a fare tutto a mia insaputa. Sono così dispiaciuta- Si asciugò una lacrima.



DEMET

La vedevo la sua disperazione, il suo dolore. Sembrava essere più toccata di me, sembrava essere una donna distrutta, per aver perso una figlia, che in realtà non è neppure la sua.

Mi passai le mani fra i capelli, il dolore che provavo all'interno del petto era forte e quasi mi mancò il respiro.

Sentii il bisogno di uscire da quella stanza, sentii il bisogno di abbracciare Can, di sparire fra le sue possenti braccia, di essere inghiottita interamente e smettere di soffrire.

Non ne potevo più, era troppo per me.

Avevo 'ritrovato' mia madre, ma non l'avevo mai incontrata, sarei dovuta andare di proposito a trovarla, ma vederla e ricordarla dietro una cella non era quello che realmente volevo.

Avevo saggiamente scelto di non pensarci, di andare avanti con la mia vita. Non sempre Can era stato d'accordo con me, soprattutto sulla questione che riguardava mia madre.

Non l'avevo mai conosciuta sul serio e secondo lui quella poteva essere l'occasione per ricevere delle risposte da lei, ormai non aveva più nulla da perdere.

Non avevo mai voluto ascoltare le sue parole, non volevo incontrarla, non dopo quello che aveva fatto al mio Can, non dopo la vita che mi aveva costretto a vivere.

Lui pensava che vederla dopo tutto quel tempo avrebbe potuto aiutarmi a superare tutto il dolore che non mi aveva mai abbandonata. Quella paura che era radicata dentro di me, nella parte più profonda.

Avevamo affrontato l'argomento per un paio di vote, ma poi aveva lasciato perdere, nel momento in cui si era reso conto che mi faceva male parlarne, perché quello che provavo per lei era rancore, rabbia, risentimento.

-Stai bene?- Can non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro per il corridoio, senza allontanarsi troppo dalla stanza in cui le due si trovavano.

-Sto bene- Il tono meccanico della ragazza, che aveva lo sguardo perso nel vuoto non lo rassicurò molto.

Decise di non insistere ulteriormente, sapeva bene che se lo avesse fatto lei sarebbe crollata, ancora una volta.

Non poteva permettersi di perderla ancora una volta, non voleva vederla stare male eppure si rendeva conto che quella situazione era pazzesca.

Che nessuno si sarebbe aspettato mai una cosa del genere.

-Demet...- La donna fece mezzo sorriso.

La ragazza la guardò, cercò di mantenere la calma ma le emozioni erano troppe e troppo forti.

-Voglio stare da sola- Disse improvvisamente.

Can la guardò, non era sicuro della sua scelta.

-Dem..- Provò a dire.

-Ti prego- Disse soltanto, guardandolo negli occhi. Lo stava implorando con lo sguardo. Ne aveva davvero bisogno.

Lui annuì, d'altronde non poteva fare molto altro.





Più forte dell'amore -Can Yaman-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora