Molte volte non ci si rende conto del potere delle parole, moltissime volte diciamo cose di cui poi ci pentiamo.. magari chiediamo scusa, ma quelle parole hanno già fatto troppi danni, hanno causato dolore, risentimento.
La connotazione negativa riesce sempre a stravolgere ed eliminare quella positiva.
Quante volte ci è capitato di dire "voglio i fatti, non le parole" "voglio che me lo dimostri". Le parole che fanno bene al cuore, quelle le dimentichiamo. Andiamo avanti pensando che possano sparire, pensando che vengano dette con la frenesia del momento.
Le connotazioni negative restano, ci tormentano e lasciano ferite aperte e sanguinanti.
Non ci soffermeremo mai abbastanza, non rifletteremo mai a dovere.
Ci sarà sempre qualcosa, qualcuno che ci farà del male. Ci sarà sempre qualcosa, qualcuno che ci farà del bene.. e noi lo dimenticheremo.
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-Mi dispiace... è colpa mia- Sbuffò passandosi una mano fra i capelli.
Lei sospirò.
-Non è colpa tua Can, non lo è mai stata. Avevo completamente rimosso quel bigliettino- Si alzò e si avvicinò a lui.
-Doveva essere l'inizio perfetto di un anno magnifico- Sussurrò, ma non abbastanza piano.
-Lo sarà Can, ho tutte le intenzioni di vivere quest'anno nel migliore dei modi... accanto a te- Gli posò una mano sul viso.
La barba pizzicava sulla pelle delicata delle sue mani, ma non sembrò avere importanza.
Lui sorrise leggermente, il battito accelerò, ma non riusciva a non pensare a quella situazione, perché dovevano sempre rovinare tutto?
-Vuoi ritornare ad Istanbul?- Chiese infine, rassegnato.
-Assolutamente no Can. Hai fatto tanto per noi due, hai fatto tanto per me e non ho intenzione di rimettere piede in Turchia prima del tempo- Sorrise debolmente, sapeva che era quello che volevano entrambi.
Si erano presi una pausa da tutto e le cose stavano andando come si aspettavano, a gonfie vele, non volevano rovinare quel momento, anche se Istanbul era vicina, sarebbero dovuti tornare alla normalità.
Non gli pesava l'idea di ritornare in quella che ormai era la loro città, ma il pensiero di doverlo fare con la consapevolezza che qualcuno aveva rovinato quel momento, il loro momento... non era affatto piacevole.
Lui la strinse in un abbraccio.
-Ti prometto che la prossima volta saremo solo io e te- Rise pensando al fatto che forse poteva evitare di invitare tutte quelle persone.
Lei rise, come se avesse capito le sue intenzioni.
-Mi hai resa felice, in fin dei conti Deren mi mancava, Guliz sembra essere pentita ed io ho sbagliato molto nei suoi confronti, sono stata egoista. Grazie a te potremmo trovare il modo di andare avanti.- Sorrise.
-Sono stanco di questo argomento. Io direi che quell'idromassaggio dovrebbe essere utilizzato ancora una volta- Sussurrò all'orecchio della ragazza.
-Probabilmente si- Sussurrò anche lei, presa dal momento.
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Qualche giorno dopo...
Ritornare alla normalità significava potenzialmente due cose. Ricordare tutto quello che era successo in quell'hotel.
Cercare di vivere una vita normale insieme al suo ragazzo dimenticando tutto quello che era successo prima della partenza verso New York.
-Signorina Demet ci sono le decorazioni per la festa di questa sera-
-Signorina il signor Can ha chiesto di farle firmare questi documenti-
-Signorina Demet c'è un ritardo con la consegna del busto in ghiaccio, cosa faccio?-
-Demet il caffè è pronto-
-Signora Demet chiedono di lei al telefono-
La testa della ragazza stava per scoppiare, ritornare a lavoro non le era mai sembrato così faticoso. Da quando c'erano tutte quelle cose da fare? Forse da sempre e lei lo aveva sempre fatto? Beh, non ricordava per niente tutto quel baccano.
Tantomeno sapeva il motivo per il quale aveva deciso di ritornare a lavorare in quel posto, con Can.
Non che non le facesse piacere, certo, era contenta di stare con lui... ma forse era ora di cercare qualcosa di diverso. Qualcosa che le permettesse di trovare un appartamento più grande.
Ne aveva parlato con Can, lui non era del tutto contento, anzi forse non lo era per niente. Ma se lei glielo avesse chiesto lui l'avrebbe lasciata andare, anche se a malincuore.
-Ragazzi allora!- Richiamò l'attenzione.
-Porta questi documenti al signor Can, digli che passerò fra mezz'ora e li firmerò. Le decorazioni per questa sera vanno portate immediatamente al Ruby e sistemate come da indicazioni. Per il busto in ghiaccio chiama l'agenzia e cerca di capire quanto ritardo. Passami quel telefono- Sbuffò infine.
Si avvicinò al bancone della reception e poggiò il telefono all'orecchio.
-Pronto? Con chi parlo?- Chiese la ragazza.
Ci fu qualche secondo di silenzio.
-Demet....- Si sentì in un sussurro.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, la voce le era nuova... ma l'intensità con cui era stato sussurrato il suo nome la rimandò al discorso che aveva fatto con Virginia, era forse suo padre quello al telefono?
-Si, chi è?- Cerco di restare calma.
-Sono... sono Yagiz Ozdemir- Sussurrò ancora e alla ragazza scese una lacrima.
Stavolta però il mondo non le crollò addosso, non si sentì male... era semplicemente rassicurata.
Non sapeva nemmeno lei da cosa, in quel momento il caos che regnava sovrano nella hall non la disturbava affatto, non lo sentiva per niente.
-Ciao- Sorrise leggermente.
-Ciao piccola- Un singhiozzo tagliò il silenzio dall'altro capo del telefono.
Il cuore di Demet martellava in petto, stava parlando con suo padre, ed ora ne aveva la certezza, stava davvero avendo una conversazione con l'uomo che aveva sempre saputo morto.
-Mi dispiace irrompere nella tua normalità- Cercava di entrare nella sua vita in punta di piedi, ma oramai era inutile. Tutto nella vita di Demet aveva provocato un tonfo sordo, e anche lui lo aveva fatto, pur volendolo evitare.
Scosse la testa, se solo avesse saputo...
-So che forse sto chiedendo troppo... ma, mi piacerebbe incontrarti- La voce gli tremava, aveva paura di un rifiuto.
Le emozioni che provava la ragazza erano del tutto contrastanti. Aveva paura, era felice di avere qualcuno al suo fianco, qualcuno che appartenesse alla sua famiglia.
Voleva incontrarlo, sapere come era fatto, se la sua voce dal vivo era come quella al telefono.
Ma voleva anche non farlo, tornare alla sua normalità, alla vita che avrebbe voluto costruire passo dopo passo ad Istanbul, insieme a Can.
-Ho bisogno di tempo- Sussurrò.
-Lo capisco- Lo sentì sospirare.
-Ho dovuto aspettare quasi diciannove anni per questo.. so cosa significa- Parlò ancora.
Demet chiuse gli occhi, facendo scivolare sul suo viso un paio di lacrime.
-Non so che dire..- Era sincera. Era troppo confusa e pieni di emozioni per poter dire anche solo una parola.
-Dimmi solo che non ci vorrà troppo tempo- Chiese, e anche se non poteva vederlo, riusciva a percepire la sofferenza dalla sua voce.
-Lo prometto- Aggiunse, prima di riattaccare e scivolare lentamente con la schiena al marmo, fino a toccare terra.
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Più forte dell'amore -Can Yaman-
FanfictionCan è un uomo con la testa sulle spalle, ha un'etica e non ha intenzione infrangere i suoi valori. 25 anni, e nonostante la giovane età gestisce fluentemente tre hotel di lusso sparsi per la Turchia. Ha una passione irrefrenabile per la fotografia...