Capitolo 22

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Harry

Esco dalla casa di Sofia senza dire una parola, non credevo che potesse accadere, ma le ho finite; non ho più parole per nessuno, nemmeno per me stesso.
Perché Noemi mi ha lasciato? Sapeva di poter contare su di me, sapeva di non essere sola ma ha preferito scegliere la solitudine a tutto ciò che di bello la circondava.
Non mi sono mai sentito così infranto, così triste dall'assenza di qualcuno; non so come comportarmi quindi per evitare di spaccare qualcosa o qualcuno lungo la strada, me ne torno a casa.

Entrato in camera mi butto sul letto morente, sento che nessuna cosa ha più senso dopo stanotte, nessun sapore, nessun odore, nessuna emozione, niente.
Mi tormento sul comportamento della mia piccola ma non riesco a darmi risposte nonostante lei le abbia scritte nella lettera che ho letto poco fa; non mi capacito di una decisione così tanto grossa, così tanto dolorosa.
Ha deciso di abbandonarmi nonostante sapesse i miei demoni, nonostante sapesse che la cosa più dolorosa per me fosse la paura dell'abbandono.
Penso penso e penso senza riuscire a darmi risposte o a darmi spiegazioni. Non so quanto tempo sia passato da quando rientro a casa, dopo un po' riesco a cadere in un sonno profondo, tormentato per mia sfortuna, da interminabili incubi.

La mattina seguente mi sveglio.

"Noemi" chiamo, ma nessuno risponde.

"Noemi, dai torna a letto è ancora presto; dove sei?".

Ancora una volta non ricevo risposta; quando mi riprendo dal sonno realizzo la dura verità: Noemi è partita è chissà quando tornerà.
Però stanotte è stato bellissimo, nonostante i miei incubi ho fatto un solo sogno bellissimo, che spero di poter portare con me ancora per molto: mi trovavo disteso su un prato verde, un verde acceso che sapeva di felicità. Ammiravo il cielo libero dalle prigioni delle nuvole, il sole era alto e splendente, caldo, ma non uno di quei caldi afosi in cui dopo soli 10 minuti sotto al sole hai voglia di andartene in montagna, uno di quei caldi rilassanti, pieni di tranquillità, con l'amore che si percepisce nell'aria e tanta felicità nel cuore.
Alzai lo sguardo per ammirare una figura che aveva attirato la mia attenzione non molto lontano da dove mi trovavo: una ragazza bellissima, mai vista prima, con dei capelli lunghissimi e neri, un corpo esile, non troppo alta e con degli occhi da togliere il fiato.
Il suo sguardo faceva trasparire tante emozioni, ma riuscii a captare poche di esse, dolore, solitudine, purezza.
Cercai di alzarmi dal prato, ma qualcosa mi teneva legato li, come una catena tanto forte quanto dolorosa che spingeva nel petto.
Purtroppo quando ebbi il coraggio di esercitare ancora più forza e lacerarmi il petto, la ragazza era sparita.
Ma una cosa mi era rimasta in mente: grazie a quel poco venticello che soffiava, un profumo dolce inondò le mie narici.
Quel giorno non riuscì a vedere la misteriosa ragazza dai capelli neri, ma il suo profumo restò impresso nella mia memoria per secoli.

Cerco di risvegliarmi dalla trance in cui sono caduto; non mi piace sentirmi così, per nessuno.
Quando prendo il telefono noto le tante chiamate perse dei miei amici e tanti messaggi lasciati in sospeso; mi rendo conto che sono già le 15 del pomeriggio di una settimana dopo.
Non so come abbia fatto il tempo a passare così velocemente, senza soffermarsi anche lui, sul dolore che da ormai tanti giorni caratterizza le mie giornate.
Apro i messaggi uno ad uno senza soffermarmi veramente su ciò che dicono, fin quando leggo la parola festa.
Il messaggio è da parte di Zayn, dice che stasera ci sarà una festa in una casa non tanto fuori dal centro e mi obbliga ad andare.
Sinceramente non sto morendo dalla voglia di uscire di casa, ma rendendomi conto che è da una settimana che sono chiuso nella mia camera senza farmi una doccia e mangiando quel poco che c'è in dispensa, uso tutte le forze che possiedo per accettare.
Mi alzo da colui che per una settimana ha accolto le mie sofferenze, i miei dolori e mi ha tenuto stretto a se cullandomi, per andare a farmi una doccia.

Sofia

È passata una settimana, una settimana che Noemi non si fa sentire, una settimana da quando se n'è andata. Chissà se sta bene oppure se le è successo qualcosa...

La madre arrivò davvero il giorno dopo la sua partenza, ma una volta avvisata della sua assenza se ne andò senza battere ciglio, come se la vita di sua figlia non le importasse, come se non fosse davvero scappata, ma fosse qui dietro l'angolo.
Ogni volta Alice, così si chiama la madre, mi fa rimanere sempre peggio.

Provo a chiamare Noemi per la milionesima volta nel giro di una settimana, non ricevendo ancora una volta una risposta; cerco di schiarirmi le idee e di abbandonare questo senso di rabbia lasciato da Alice. Se non mi avesse detto del suo arrivo e se avessi saputo quanto realmente le importava di sua figlia non avrei detto niente a Noemi e adesso sarebbe qui, tra le mie braccia e intente a decidere cosa indossare per la festa di stasera perché si, lei odiava le feste, lei non beveva mai alcol, ma anche se non l'ha mai ammesso so che adorava questi piccoli momenti nostri: questi momenti dove spettegolavamo, dove cantavamo sulle note di una musica prima triste poi allegra, dove ci truccavamo e facevamo le sfilate di moda per capire quanto fossimo sexy e se l'abbigliamento andasse bene per la serata.
Mi manca e non so cosa fare: non ho nessun potere con me adesso se non ricordare i nostri piccoli momenti, guardare le nostre foto e continuare con la speranza di svegliarmi domani mattina con lei che mi da il buongiorno bussandomi alla porta.

Il getto dell'acqua calda allevia un po' la mia rabbia ma non la fa scomparire del tutto purtroppo. Tra qualche ora arriveranno le ragazze e come è successo nell'ultima settimana, passeremo la serata a parlare e cercare di capire dove sia andata Noemi.
Voglio farla tornare a casa, dovrà tornare il più presto possibile; so che mi ha chiesto del tempo, so che ne aveva bisogno, ma ho bisogno di sapere che lei stia bene, che non le manca nulla e soprattutto che è ancora viva.
Dovevo essere lì con lei, dovevo andarmene dalla festa con lei e per una volta andarle contro, non assecondarla e farle compagnia cosicché adesso potessimo essere ancora insieme.

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