Capitolo 47

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La mattina seguente mi sveglio frastornata dalla nottata, ansie e dubbi mi hanno accompagnato per tutta la durata del mio sonno che non é stato per niente soddisfacente ed efficace.
Per l'ora di pranzo ho un appuntamento in una tavola calda non molto lontano da casa, e prima di prepararmi sia esteticamente che mentalmente scrivo un messaggio alla mia migliore amica:

"La prima nottata senza te possiamo dire che l'ho passata, e anche abbastanza bene. A te come é andata la prima nottata di convivenza? Giusto per informazione, a pranzo mi vedrò con lui per parlare".

Metto via il telefono e tra un battito di cuore accelerato e ripensamenti la mattinata segue troppo velocemente. Mi preparo ed esco.

In nemmeno dieci minuti sono davanti la porta del locale; ho prenotato un tavolo appartato, cosicché io possa parlare tranquillamente e nel caso ce ne fosse bisogno, litigare senza avere gli occhi puntati addosso.
Mi siedo dopo che il cameriere mi ha accompagnata al mio posto e aspetto. Le mani mi tremano mentre percepisco calore e sudore nel mio corpo. Era inevitabile che le mie reazioni fossero queste, non ho avuto di certo un comportamento degno di essere dalla parte del giusto.

Alzo la testa per guardarmi intorno e noto in lontananza che il ragazzo si sta avvicinando a me. Prendo un respiro profondo e quando mi raggiunge lo saluto.

"Ciao Noah", dico con la voce tremante.

"Noemi". Il suo tono freddo e distaccato provoca brividi su tutto il mio corpo. L'ansia mi mangia viva.

"Non voglio perdere tempo con chiacchiere inutili Noemi. Se mi hai chiamato un motivo c'é e sono venuti qui per ascoltare le tue difese e le tue spiegazioni. Sei sparita e non ti sei fatta più sentire, ne per telefono e ne dal vivo, e non dimentichiamoci che con te é sparito quel figlio di puttana di Harry. Quindi avanti, sono pronto ad ascoltarti".

Le parole fredde e distaccate di Noah complicano maggiormente tutta la situazione: avevo ben chiaro in testa ciò che avrei voluto dirgli, ma come se non avessi mai pensato al mio discorso, questo svanisce nel nulla lasciandomi con solo tanta confusione in testa.
Ordino un bicchiere d'acqua che spero aiuti a calmarmi e cerco di iniziare un discorso.

"Prima di rispondermi a ciò che sto per dirti ti chiedo di lasciarmi parlare e finire il discorso".

Noah annuisce quindi continuo.

"Quando sei andato in giardino con gli altri ragazzi e sono rimasta alla festa, l'alcol ha iniziato a fare più effetto rispetto a prima, quindi sono salita in camera per riprendermi un po', anche per riprendermi dalla calca di gente che c'era giù di sotto. Ho aperto la finestra per prendere una boccata d'aria e sono rimasta lì; poi ho sentito qualcuno che mi chiamava, una voce che conoscevo fin troppo bene, e per colpa dell'alcol o per colpa del cuore abbiamo iniziato a parlare. Avevo bisogno di sapere il vero motivo del perché lui si fosse comportato così con me l'ultima volta, e dopo un po' ha ceduto. Non lo vedevo bene in faccia però mi é sembrato sincero: non c'é un motivo specifico del perché si sia comportato così, é solo colpa del suo passato e delle sue sofferenze e io gli credo. Abbiamo continuato a parlare a lungo, e poi é successo l'inevitabile... Mi dispiace Noah se mi sono comportata così con te, so che non era giusto nei tuoi confronti, ma per una volta ho usato il cuore al posto della ragione, e non me ne sono pentita. Non volevo farti del male credimi".

Le ultime parole mi escono come in un sussurro e il cuore perde un battito; lo sguardo di Noah ora carico di odio e rabbia mi fa rabbrividire. Sembra un'altra persona, non l'ho mai visto così tanto furioso con nessuno.
Senza dire una parola si alza dal tavolo per andare verso l'uscita, di riflesso mi alzo anch'io e cerco di fermalo, ho bisogno che mi parli, che mi risponda. Non faccio in tempo ad avvicinarmi che mi spinge con tutta la sua forza facendomi sbattere contro un armadietto della sala per poi farmi finire a terra.
Le lacrime che fino a poco fa tentavo di trattenere iniziano a bagnarmi gli occhi e poi le guance, fino ad arrivare fin sotto al mento; il mio sguardo terrorizzato non lo ferma: mi sputa. "Vali meno del mio sputo, fai schifo".

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