Ero nervosa quella sera.
Più nervosa delle altre volte in cui la bionda mi costringeva ad uscire con lei.
S'era fissata che dovevamo avere degli amici, meglio se una coppia «Ci divertiremo» aveva detto, prima di scomparire per andare in bagno con la tizia collega di cui continuavo a non ricordare il nome, se mi avesse lasciato da sola al tavolo del locale in cui eravamo, sarei stata più felice.
Invece sola non ero, perché di fronte a me, con la stessa aria annoiata, c'era quello che mi avevano presentano come il fidanzato della tizia.
Neanche il suo nome ricordavo e, forse, non l'avevano neanche detto.
C'era musica alta nel locale, gente che ballava e sudava pochi distanti da noi, uno schifo assurdo, passavo il tempo a chiedermi cosa ci facessi io lì, sentivo solo l'odore di fumo e il tintinnio dei due bracciali d'oro che portava al polso il tizio davanti a me ogni volta che muoveva la mano.
«Cosa hai detto di fare nella vita?» Alzò la voce per farsi sentire.
«Non l'ho detto» dissi rompendo un lunghissimo silenzio «Ma sei proprio ci tieni a saperlo, sono una pluriomicida evasa dal carcere, creduta morta dalla polizia che si scopa l'ex fidanzata di sua sorella che è stata l'unica a prenderla nel culo alla fine»
Gli sputai fuori tutto quello che mi passava per la mente, quello mi guardò serio e poi si mise a ridere ed io feci lo stesso.
«Sei simpatica»
«Ah si? In genere mi dicono che sono una stronza»
Prendere per il culo il tizio mi aveva divertito ma non così tanto da convincermi a restare.
Quando la bionda tornò con la sua amica feci l'errore di guardarla in faccia, si era truccata, aveva i capelli legati in una coda alta, una camicetta bianca ed una gonna nera corta. Troppo corta. Sembrava una che volesse solo scopare.
Dal nervoso, la mano sinistra iniziò a tremare ma si calmò quando lei ci appoggiò sopra la sua.
Si sedette accanto a me e l'amica fece lo stesso con il suo ragazzo, mi diede un bacio a stampo, rise, si stava divertendo, finalmente aveva trovato un'amica da quando ci eravamo trasferite.
Ed io forse ero gelosa che qualcuno, oltre me, la facesse ridere in quel modo.
Le luci stroboscopiche, il casino, il locale coprirono il rumore di quei pensieri che minacciavano di fottermi il cervello se, per errore, mi fossi abbandonata a loro ma, si sa, più forte grida l'anima, più muta è la bocca.
Passarono cinque minuti, poi dieci, poi mezz'ora, la gente iniziava ad andarsene e la musica a diminuire, Maca continuava a parlare con quei due ed io guardavo lei. Mi faceva male guardarla, come un coltello che mi entrava dentro e rimaneva lì.
Non volevo che sorridesse, non con loro.
Feci scivolare la mano sinistra da sopra il tavolo sulla sua coscia nuda, facendola risalire premendola a tratti.
La vidi sbiancare e poi accaldarsi, continuava a parlare tranquillamente mentre un fuoco le divampava dentro, con la mano destra allontanò la mia, accavallò le gambe per vietarmi l'accesso.
Quando i due piccioncini si alzarono per andare a fumare, le cadde la maschera da ragazza dolce e tranquilla che aveva indossato per tutta la sera «Ma che fai? C'è gente, smettila»
«Nessuno ci guarda ed io mi sto annoiando» Volevo farle pagare la colpa di rendermi gelosa.
«E trova un altro modo per non annoiarti»
«Voglio questo» Mi avvicinai per baciarla ma mi respinse «E secondo me lo vuoi anche tu»
S'irrigidisce «Vuoi proprio giocare con il fuoco?» ma la sua carne cede, prende la mia mano, se la porta sulla coscia e poi spinge per farla andare sempre più in dentro, apre le gambe per me ed io torno a divertirmi, ma so già che me la farà pagare presto.
La mano sale fin sotto la gonna che afferro e avrei voglia di strapparla, strapparle tutti i vestiti e scopare anche lì, contro il tavolo, sul pavimento sporco, sotto gli occhi di tutti, ma non si può.
Vorrei farle rimpiangere il fatto di essere così bella.
«Guardami» Glielo sussurro all'orecchio, mentre la mano sale, s'insinua nei suoi slip e le entro dentro prima con un dito e poi con due e ora vorrei che non mi guardasse più così, ora è un casino, il suo viso arrossato ficcato in testa, ma lei continua a farlo «Fai più piano» dice.
«Se vuoi che faccio piano perchè continui ad aprire le gambe sempre di più?»
Per chiunque ci avesse visto, eravamo due ragazze in un locale così innamorate da non riuscire a staccarsi per respirare ma solo noi sapevamo che quei baci dati per nascondere i sospiri sapevano di errori, difetti, sbagli, vergogne, lacrime e possesso.
«Io voglio che tu mi faccia male» Ha gli occhi che sembrano lame.
Riesce a mostrarmi il suo peggio ed è tutto quello che ho sempre cercato «Sei mia» sussurro.
Non voglio che nessun altro le parli, che la guardi, che la tocchi come faccio io.
«Tua» ansima.
Quando sentimmo qualcuno avvicinarsi al nostro tavolo, mi allontanò da lei, non fece neanche finta di dispiacersi, si sistemò la gonna stropicciata e poi si avvicinò per sussurrarmi un'ultima cosa sulle labbra «Puoi umiliarmi, ma fino ad un certo punto»

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Tremiladue.
FanfictionSequel di Amabili resti. Come Maca raccontava la sua storia dal risveglio dal coma, Zulema farà lo stesso per tutto il casino che è venuto dopo.