Cap 12

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1 anno, 8 mesi e 7 giorni.

Era questo il tempo trascorso dall'ultima volta che avevo visto Alicia.

Ripiombò nella mia vita in un giorno normale che non m'aspettavo potesse diventare così brutto.

Era il 31 agosto e il caldo appiccicava i vestiti addosso, faceva così caldo che l'unica cosa sensata da fare era stare buttate sul letto ad aspettare che il ventilatore passasse per una boccata d'aria fresca, che poi dopo un po' l'aria che usciva era lo stesso calda ma è il prezzo di non potersi permettere un condizionatore.

Ventilatore piantato nel bel mezzo della roulotte e caldo lacerante a parte, a me stare a letto non dispiaceva e le volte in cui si sudava di più, ma non per il caldo, erano ancora meglio.

Maca leggeva un libro dandomi le spalle ed io cambiavo canale per cercare qualcosa di decente.

Il 31 agosto sembrava proprio uno di quei giorni in cui la noia ti mangiava viva, finchè non sentimmo le fischia degli zingari vicini, era il segnale che era venuto qualcuno da fuori e bisognava prepararsi, nel senso se avevi roba o pistole era meglio disfarsene subito.

In un certo senso c'avevano visto giusto, era della polizia, ma a fare perquisizioni non ci pensava proprio. Bussò solo alla nostra porta.

Maca si alzò per andare ad aprire, si mise una maglietta striminzita che le arriva sopra l'ombellico e lasciava in bella vista il sedere scoperto, quando però aprì la porta la richiese subito dopo «Cristo»

Saltai giù dal letto «Chi cazzo è? Mi hanno trovato?»

Si affrettò a prendere una gonna da terra e ad indossarla «Tua sorella è»

Quando la vidi era proprio come la ricordavo, in quasi due anni non era cambiata per niente, gli stessi capelli rossi, le stesse lentiggini, gli stessi occhi verdi che sembravano così diversi dai miei, nonostante cambiasse solo il colore.

«Ciao, sorellina» Tese le braccia per abbracciarmi ed io lo feci, ero felice di vederla.

Sorrise scoprendo i denti ma quando guardò oltre me, il suo sorriso vacillò, ma fu solo per un istante.

Sapevo, senza guardare Maca, che lei avesse la stessa espressione in viso ma anche se mi desse fastidio, sapevo anche che certe cose non puoi cancellare, certe emozioni non puoi dimenticarle, neanche volendo.

Ed ogni caso lei aveva scelto me, sapevo che in mezzo ad altri pensava a me e quando era insieme a me, non pensava ad altri, questo mi bastava ed era l'unica cosa che importasse.

La feci entrare in quell'unica stanza che comprendeva tutta la roulotte e che, tra l'altro, aveva pagato lei.

«Siediti» Le offrii una delle due uniche sedie che avevamo «Che ci fai qui? Sei venuta a vedere che fine fanno i tuoi soldi?»

Aveva una faccia smunta, lei che aveva sempre avuto gli occhi grandi e sognanti «Volevo dirti una cosa e preferivo farlo di persona»

«Ti sposi, di nuovo?» Volevo smorzare la tensione ma la ragazza bionda seduta accanto a me sul letto mi diede una gomitata fra le costole.

«Non penso te ne freghi, anzi forse è un peso in meno per te, ma nostra madre è morta»

Per tutto il tempo, non mi guardò negli occhi neanche una volta.

«Credo sia morta d'infarto, l'hanno ritrovata dopo settimane i vicini della baracca perchè sentivano puzza e lei non usciva più di casa da un pezzo. Me l'ha detto Imma, te la ricordi? Era la signora che ci passava il pane duro quando avevamo fame, qualche volta negli anni l'ho chiamata per sapere come stesse la mamma e l'altro giorno me l'ha detto, mi ha detto che è crepata di dolore quando ha saputo che tu eri morta»

Forse si aspettava che io dicessi qualcosa ma io pensavo che mia madre fosse morta da tempo invece lei era stata viva ed ora non lo era più.

«Scusa se sono piombata qui, è che non volevo stare sola»

Non dissi niente, era come quando vai sotto d'acqua e tutto quello che vedi e senti è ovattato, sbiadito. L'unica cosa che mi ricordava che fossi ancora in quella stanza era la mano calda di Maca sulla mia «Hai fatto bene a venire, non dovresti stare da sola, io lo so bene cosa si prova»

Non riuscivo a capire il perchè non riuscissi a non provare niente per la morte di mia madre.

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