Cap 4

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Quando conoscemmo Vivi lei aveva 8 anni, era una bambina minuta con sempre le trecce ai capelli, gli occhi neri e il viso pieno di lentiggini.

Era piccola e magra ma quando si metteva ad urlare sembrava ti volesse lacerare i timpani.

Aveva sempre dei vestiti trasandati che di sicuro le erano stati dati dai vicini dello Spiazzo, perché si vestiva solo da maschiaccio e si vedeva lontano un miglio che non fossero suoi, troppo grandi.

Viveva nella roulotte verde che era l'ultima a sinistra e tutti nello Spiazzo la conoscevamo bene e conoscevamo bene anche i suoi genitori nonostante si fossero insediati poco prima di noi.

Il padre non lo potevo vedere, mi faceva crescere una rabbia dentro che ribolliva il sangue nelle vene.

Aveva accoltellato uno solo perché questo gli aveva lasciato la spazzatura davanti casa. Non usciva mai fuori e quando lo faceva borbottava e minacciava, tutti cercavano di non fissarlo troppo, nessuno voleva rogne, neanche gli zingari.

Mi ricordava il mio vecchio, sperai che prima o poi facesse la stessa fine. Morto e sepolto in un fosso da solo.

A me piaceva sfidarlo, se avessi avuto l'occasione l'avrei fatto pure secco.

Anzi no, quello apparteneva alla vecchia Zulema. Non ero più in quel modo, ora ero una ragazza per bene o almeno qualcosa che ci somigliasse.

Fatto sta che una lezione gliel'avrei data volentieri.

Per la madre di Vivi, invece, mi dispiaceva, era una povera anima afflitta, non la vedevi mai fuori, gli unici momenti era quando usciva per annaffiare le piante in giardino e quando capitavano quei rari momenti ci salutava con un sorriso a trentadue denti ogni volta e poi tornava nel buio.

Da quando Vivi ci ruppe lo specchietto, venne tutti i giorni per darci fastidio.

Non era scema, ogni volta che veniva Maca le faceva trovare pronta la colazione, latte caldo e brioche.

Quando iniziammo ad avere confidenza la bionda le fece vedere dove tenevamo la chiave sotto lo zerbino.

Delle volte entrava dentro anche se io stavo ancora dormendo e quando mi svegliavo me la ritrovavo seduta al tavolo a mangiare e a fissarmi. Non mi dava fastidio, dopo più di 10 anni in carcere ero abituata a gente che mi fissava mentre dormivo.

E poi dalla colazione si passò al pranzo.

Noi le chiedevamo se mangiava a casa e lei diceva di si ma quando le mettevi un piatto davanti si vedeva che aveva fame, sempre.

Maca invitava anche sua madre a pranzo, ma lei quelli inviti non li accettava mai per paura del marito. Ma non per questo la bionda smetteva di farli.

Vivi ne era tutta felice, appena la vedeva tornare dal bar le saltava addosso, le buttava le braccia al collo, le dava dei lunghi baci a stampo sulla guancia e poi guardava me con la solita aria di sfida.

Se mi permettevo ad abbracciare la bionda lei si fiondava in mezzo, cercava di allontanarmi in tutti i modi a suon di calci e pugni.

Io sbuffavo, spesso me ne andavo fuori sbattendo la porta.

A più di 40 anni mi ritrovavo a dover combattere contro una bambina di 8 che mi voleva fottere la ragazza.

A me i bambini non piacevano, appena ne vedevo uno correre avevo l'istinto di fargli lo sgambetto per vederlo cadere.


Un giorno stavo preparando la pasta con il ragù e Maca era appena tornata dal lavoro.

Aspettammo che Vivi arrivasse ma la pasta iniziò a raffreddarsi.

Passò un'ora ed un silenzio era caduto sullo Spiazzo.

Era strano perché a qualsiasi ora del giorno la sentivi urlare o calciare quel pallone.

Aspettai, aspettai, aspettai finché l'agitazione non mi fece scattare e uscire fuori.

«Dove vai?»

«A cercarla»

Lei stava pensando la stessa cosa.

Mi incamminai, scrutando fra le varie roulotte verso quella verde e notai una figura nera accasciata a terra, quando mi avvicinai meglio la vidi rannicchiata con le mani intorno alla pancia, per coprirsela.

«Che hai?» Ero preoccupata che le fosse successo qualcosa.

Non mi rispose, la feci mettere seduta, le afferrai il mento e le girai la testa da una parte all'altra, nessuno segno evidente, forse nessuna botta «Qualcuno ti ha fatto del male?»

«Sei venuta a cercarmi?»

«Rispondi, ragazzina»

«Rispondi tu»

«Si»

«Perché?»

«Perché Maca era preoccupata»

La presi in braccio e non disse più nulla, sentivo il suo stomaco brontolare contro il mio petto «Se qualcuno prova a toccarti» Glielo dissi senza guardarla in faccia «Tu dimmelo, giurami che lo fai»

Lo avrebbe fatto.

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