Non volevo vederlo o non volevo capirlo.
Non sapevo ancora cosa pensasse in quei momenti o forse lo sapevo perché la conoscevo ma volevo solo convincermi del contrario, che non si sarebbe lasciata fottere dal dolore.
Pensavo che in quel posto ci sarebbe stata, che sarebbe stata felice di starci.
Mi aveva fatto guidare 10 ore per arrivarci, pensavo fosse un posto speciale, una vera Oasis nel deserto dove poteva sentirsi al sicuro per poter pensare al dopo.
Anche se era un posto un po' triste, 4 camere in croce libere, nessun'anima afflitta era entrata e nessuna era uscita dal portone principale.
Non mi piaceva quel posto, c'era della muffa verde ad ogni angolo visibile ma non lo dissi, ero stata in posti peggiori di quello.
Le concessi il tempo di abituarsi al nuovo ambiente, si guardò intorno come un cucciolo smarrito, si fissò allo specchio appeso all'entrata del hotel, si perse per un po'.
«Zule»
Inclinai la testa, richiamata.
«Non mi sento tanto bene»
«Cosa hai? Ti viene da vomitare? Da svenire?»
«No.. Non è il corpo a farmi male, è la testa»
La sua faccia cambiò, si trasformò, si sciolse al sole come cera.
«Sei stanca per il viaggio, ora prendiamo una camera. Ti rilassi, vedrai che poi starai bene»
I suoi occhi verdi si fermarono nei miei, ci sprofondarono dentro.
«Si.. Sarà questo..»
C'era una signora all'inizio del corridoio, leggeva qualcosa, qualcosa di estremamente importante.
Era svogliata, pigra, ci guardava appena, non si accorse del tremolio alle mani della ragazza coi capelli rossi, come se nascondesse qualcosa di terribile.
Le porsi i soldi, allungò la zampa per prenderli e poi ci restituì una chiave arrugginita.
Ci fece un cenno prima di sprofondare nel libro, di nuovo.
E la stanza per la quale avevo pagato 20 euro a notte era esattamente come avevo immaginato, io me ne lamentai parecchio, lei no.
La porta graffiata, all'interno un tappeto sudicio in mezzo alla stanza, un letto matrimoniale con delle lenzuola che ad occhio non erano mai state lavate, una scrivania zoppa, altri mobili in legno scorticati dal tempo.
Si sedette sul letto, si riperse di nuovo.
Ed io egoisticamente, non volevo perderla.
Non volevo che lo facesse, non volevo che andasse dove non potevo più aiutarla o salvarla.
«Quando torno normale?»
«Tu sei già normale»
«Lo supererò?»
No, non hai il carattere per poterlo fare, ti manca la forza, ti aggrappi agli altri per non cadere, è per questo che ho paura a lasciarti, ho paura di non ritrovarti più se lo faccio.
«Non lo supererai mai davvero ma arriverà un giorno in cui farà meno male e riuscirai a convincerci»
Il suo viso rimase bianco e serio, come scolpito nel marmo.
«Finché non arriverà quel giorno, io ci sarò, ogni minuto di ogni giorno»
Volevo che mi sorridesse ancora, come solo lei sapeva fare, sporcava di verde le cose grigie.
«Finché non starai meglio e non avrai più bisogno di me»
«E se non starò meglio? Maca ti aspetta, dovresti tornare da lei»
Sospirai «Non devi preoccuparti di questo. E poi so che lei mi aspetterà sempre, dove altro vuoi che vada»
«Ho paura a dormire, di rivederlo, di rivedere di nuovo tutto»
«Ti dirò un segreto» Mi avvicinai per sussurrarglielo, come quando da bambina ci confidavamo segreti che i nostri genitori non potevano sentire «E' meglio essere perseguitate dai morti che dai vivi, fidati. I morti non possono più farti del male»
Un taglio di rasoio sembrò quasi sfregiarmi il viso, sforzai un sorriso, ma non avevamo niente per cui sorridere.
«Tu hai dimenticato le persone a cui hai tolto la vita? Sei andata avanti?»
«Non le ho dimenticate, ci convivo, ci sto bene, ho tanti fantasmi nei miei incubi ed ogni notte faccio a gara con chi resta»
Pensavo sarebbe successo anche a lei, prima o poi.
Doveva solo abituarsi. Mi rifiutavo di pensare che non si potesse più aggiustare.
L'avrebbe superato come avevo fatto io perchè il sangue era lo stesso.
Forse era ancora presto. Le serviva tempo.
Sprofondammo entrambe in dormiveglia confusi, coperte solo da un lenzuolo ruvido che era troppo piccolo per entrambe.
In quei sogni agitati io ero con Maca, eravamo ancora nella roulotte a guardarci, le dicevo che anche a 700 km di distanza continuava a tormentarmi, lei rideva, le piaceva l'idea di appartenerci, poi svaniva come fumo. Se fino a quel momento avevo pensato spesso a lei, quando mi svegliai ne ero completamente ossessionata.

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Tremiladue.
FanficSequel di Amabili resti. Come Maca raccontava la sua storia dal risveglio dal coma, Zulema farà lo stesso per tutto il casino che è venuto dopo.