Cap 20

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«Avevi mai ucciso prima?»

Mi era sempre sembrata grande, Alicia. Più grande in tutto, non solo di età.

Adesso sembrava una ragazzina, rannicchiata sul sedile, che si faceva sempre più piccola e sempre più colpevole.

«Ho sparato per difesa, ma mai così. Non ho mai ucciso nessuno»

Bisognava aver carattere per certe cose, saper alzare un muro per contenersi e non farselo crollare addosso, c'era chi, dopo aver ammazzato qualcuno, si ammazzava pure per compensare la perdita, chi usciva matto, chi si faceva, stava male, poi vomitava e gli passava, chi ne aveva accumulate così tante di morti che una in più, una in meno, non gli toglieva il sonno.

E poi c'era chi non aveva mai ammazzato in vita sua e pensava di non farlo mai perchè ci vuole freddezza per queste cose e lei la freddezza non ce l'aveva mai avuta.

«Non è stata colpa tua»

«Certo che è stata colpa mia»

«Non parlo del vecchio»

Il silenzio che si era creato veniva rotto solo dal motore della macchina in moto «Perché hai sparato?»

«Non lo so» La sua voce era appena un sussurro.

«Io credo che tu lo sappia come credo che tu non abbia ucciso il padre di Vivi. Tu hai ucciso nostro padre questa notte, è la sua faccia che hai sfracellato, è lui che vedevi e Vivi ero io. I sensi di colpa sono i più meschini, ti strisciano dentro, ci fanno la tana, ti attaccano quando meno te lo aspetti»

Sapevo che lei quella notte non l'avrebbe mai più dimenticata, l'avrebbe rivista ancora e ancora nei suoi incubi per gli anni a venire, ma non era stata quella notte a rovinarla, o meglio, non la causa scatenante.

Era stata una catena di eventi iniziata anni prima in un posto simile allo Spiazzo e che l'aveva disintegrata poco a poco, anno dopo anno, il veleno che tenevamo dentro l'aveva corrosa dall'interno.

E non era colpa sua.

Non era colpa sua se era come era, se il sangue non è acqua, se la nostra fine sarebbe stata la stessa anche se aveva cercato di negarlo con tutte le sue forze, di essere diversa dal posto in cui era nata.

Non era colpa sua perché anche lei era vittima di qualcuno.

E in un certo anche io mi sentivo colpevole, anche se per la prima volta in vita mia non ero colpevole di nulla.

Io ero crudele, lei era solo arrabbiata e spaventata.

«Tu, perché non hai sparato?»

«Stavo per farlo, mi hai solo anticipato»

«Hai esitato, non è vero»

Si rimise seduta sul sedile, cambiò voce, come se fosse uno sfottò «Tu non hai sparato perché ora hai qualcosa da perdere»

Pensai che non era vero, che lo diceva solo per rimproverarmi di non aver sparato, forse per torturarmi perchè era stata lei e non io.

«Tu non l'hai fatto per Maca»

E non è vero che non l'ho fatto per lei, o forse sì, non lo sapevo, anche se il motivo fosse stato un altro, non c'erano altri pensieri che lei, m'inondava la testa anche mentre mettevo 100 km per dividerci e anche quando cercavo di levarmela dalla mente lei continuava ad esserci, c'era sempre.

Mi guardava di sottecchi per cogliere una debolezza che faticavo a nascondere, strinsi il volante fra le mani, cambiai discorso, le chiesi dove stessimo andando, guidavo nel bel mezzo della notte da due ore, avevamo già superato due cartelli ma non ci avevo fatto caso.

«C'è un posto sicuro, ma è lontano, dovrai guidare tutta la notte»

«Dov'è questo posto?»

«Ad Almeria»

«Che cazzo devi prendere ad Almeria, è lontano, ci vorranno dieci ore»

«Otto, in realtà, ma c'è un posto che è sicuro, fidati, lo conosco bene»

Alzai il volume della radio per non pensare più a niente.

«Zule»

«Che c'è?»

«Mi dispiace aver trascinato anche te, non era un problema tuo, mi dispiace se stai male»

«Male, io? Sto bene, pensa a te, invece»

«Non ti manca?»

Non specificò neanche il nome, lo sapevo io e lo sapeva lei «No, siamo abituate a stare lontane»

Fingerò di odiarla, fingerò che certe cose non le ho mai provate, che non le ho mai vissute, è l'unico modo che conosco per tenermela lontana e mentre la notte dava il cambio al giorno, mentre Alicia faceva i conti con il veleno con cui era nata, io cercavo di non pensare a Maca, prima di morirci senza.

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