Non credevo che avere una bambina in mezzo ai piedi fosse faticoso. Ed invece lo era. Sudavo tre magliette al giorno per assicurarmi che non si facesse male.
Vivi era con noi da un po', gli assistenti sociali l'avevano affidata a Maca, cioè all'unica persona che si era offerta di prendersi cura di lei finchè non le avrebbero trovato un'altra sistemazione, magari una famiglia con soldi e che la trattasse bene eppure dopo le prime settimane di visite, nessuno aveva più visto i tizi con le valigette.
Restò con noi altre settimane, ed era come se ci fosse sempre stata, come se quella casa oltre che nostra, fosse anche sua, nel senso che me la ritrovavo in mezzo ai piedi ovunque ed in ogni momento.
La prima notte dopo il mio ritorno, non facevo che pensare che non mi sarei mai abituata alla sua presenza, ai suoi rumori mentre dormiva, alle sue fisse sul cibo, al suo disordine in una casa che già di per sé sarebbe scoppiata da un momento all'altro.
Io e la bionda avevamo i nostri ritmi, le nostre abitudini, un nostro strano equilibrio, precario forse, ma nostro, e lei lo avrebbe sconvolto perchè era una bambina e non poteva fare nient'altro.
La mattina dopo, la vidi uscire presto di casa senza far rumore, tornare di fretta, preparare qualcosa sul tavolo e incamminarsi verso lo spiazzale dove si riuniva con altri teppistelli. Quello che trovai era un fiore che aveva perso la metà dei petali, una brioche scadente e un biglietto.
Sono contenta che tu sia tornata anche se sei una bugiarda, ma non fa niente, la brioche è vuota ma è buona lo stesso.
Maca mi guardò con il foglio in mano, cercò qualcosa dentro di me. Ed io guardai lei.
Ma con la mente pensai alla bambina che aveva dormito nel letto matrimoniale in mezzo a noi nonostante il caldo. Aveva i capelli scuri, Vivi, aveva i capelli scuri e gli occhi neri, era come me, sembrava me quando avevo la sua età.
«Che ti ha scritto?»
Chissà se sarebbe stata più mia che sua.
Era ancora giovane Maca, aveva 35 anni, mi chiedevo se sarebbe riuscita a starle dietro, lei che essere madre era la cosa che più aveva voluto al mondo.
Se avrebbe avuto la forza di rialzarla ogni volta che sarebbe caduta o si fosse scorticata le ginocchia, se le sarebbe stata accanto quando avrebbe avuto l'influenza o durante un brutto temporale o durante un incubo, sperai di si, sperai di farcela anche io.
«Ha scritto che mi odia tremiladue, l'avrà imparato da te»
L'amore si vede con poco.
C'era stata oscurità nella mia vita e poi una luce forte, una luce così forte da illuminare anche me.
Avrei voluto togliermela dei piedi quella bambina appiccicosa invece non successe, invece rimase e non se n'è andò più. Anche se non era mia, anche se il sangue era diverso e non sarebbe mai stato lo stesso, volerle bene mi stravolse l'esistenza prima di rendermene conto.
Decorammo insieme un albero finto e malmesso così piccolo da stare su un tavolino da roulotte il giorno di Natale, e niente mi sembrò così felice come il primo natale passato insieme. Il suo primo natale con noi ed il mio primo Natale felice, il primo di una lunga serie.
Finimmo di addobbare quello che un tempo poteva somigliare ad un albero appena Maca finì di cucinare qualcosa di sconosciuto nel forno a microonde, in tempo per pregare di non avere una intossicazione alimentare e di pensare per un momento a chi il Natale non poteva festeggiarlo.
Riunite intorno al tavolo, sembravamo tre anime perdute, scappate da tre mondi simili.
Avevamo vagato per mare e per terra, attraversato ostacoli e guardato negli occhi la morte. Tutto solo per cercare quella speranza che alcuni chiamavano casa, che a noi sembrava un miraggio pallido e sbiadito, fragile e illusorio come allucinazioni nel deserto. Eravamo, però, felici. Di quella felicità pura, ma cieca, accompagnata dalla colpa, l'unica felicità concessa alle spalle di chi aveva lasciato qualcuno indietro.
Finita la cena e scartati i regali, uscimmo fuori. Vivi corse verso il mare, neanche il vento freddo che le arrossava il viso poteva fermava, era come un uragano, inarrestabile.
Maca mi prese la mano e sorrise, illuminata dalla timida luce della luna piena, bellissimo enigma, dolce tempesta «É il primo Natale insieme e credo sia andato bene»
Ci confondemmo col buio, ci sedemmo sulla spiaggia per fissare il cielo.
In lontananza, il nero della notte venne spezzato dai mille colori dei fuochi d'artificio. Ci sedemmo vicine a guardare scintille che salivano in cielo e diventavano balletti di luci colorate, per poi scendere e lasciare spazio ad altre scintille dorate. Le seguivamo con lo sguardo, ci meravigliammo della loro esatta monotonia.
Eppure, allo spettacolo di luci e colori su un telo nero, io preferivo i suoi occhi verdi, la vera opera d'arte che mi lasciava senza parole, la più bella che conoscessi.
Si allargò qualcosa al centro del petto, qualcosa scese dagli occhi, bruciò la pelle, erano lacrime ma non ero triste, ero felice. Era qualcosa che non conoscevo.
«Voglio restare qui, per sempre, ed essere una famiglia» Le lacrime marchiarono la guance, le lasciai scivolare come per anni mi ero lasciata scivolare addosso tutto il male che avevo ricevuto ed avevo ricambiato, un calore forte si espanse nel petto mentre un rovo di spine mi consumò la gola.
Per la prima volta riuscivo ad immaginare un futuro, uno in cui ero vecchia, con i capelli bianchi, le rughe in faccia, tanta musica e luci attorno, la sua mano, stretta, sulla mia, come in quel momento, non più sola, sedute su due sdraio verdi a guardare il cielo cadere in una notte di settembre e all'improvviso la cosa non mi fece più paura, all'improvviso mi sembrò che tutto quello che avevo detto e fatto in vita fosse per essere lì, in quell'istante, e che tutto il resto fosse contorno.
«Non so se siamo fatte per il per sempre, ma possiamo provarci»
Salvarsi a vicenda, l'una fra le braccia dell'altra.
Con la mano mi accarezzò la guancia, aveva le mani calde, erano sempre calde. Fermò le lacrime, spazzò via ogni cosa. Essere guardata da quegli occhi verdi, gli stessi che per anni mi avevano odiato ed ora si riempivano di lacrime e mi amavano, uguali, io e lei, mi ripagava di ogni cosa.
Labbra contro labbra, mille idee per la testa, il cuore dappertutto «Se non per sempre, per molto, molto tempo»
Quella notte ci giurammo amore eterno.

STAI LEGGENDO
Tremiladue.
FanfictionSequel di Amabili resti. Come Maca raccontava la sua storia dal risveglio dal coma, Zulema farà lo stesso per tutto il casino che è venuto dopo.