È un dolore strano, morire di nostalgia per qualcuno che non potrai più rivedere.
Alicia era più grande di me per questo si ricordava ancora di nostra madre, per questo aveva qualche bel ricordo con lei prima che diventasse cieca e sorda per noi.
Sono abbastanza sicura che abbia altri ricordi di lei ma che non me li dica per paura di ferirmi, come sono abbastanza sicura che mia madre abbia voluto lei più di quanto avesse voluto me, non aspetti anni prima di avere un altro figlio sennò corri il rischio di non poterne più avere e allora non servi più come donna.
Mia mamma aveva aspettato per avere me e un giorno me lo disse chiaro e tondo «Saresti dovuta morire nella culla» Ero nata prima di quanto ci si aspettasse, avevo deciso io quando nascere con un calcio che le aveva rotto le acque e lei partorì in casa, sola e senza preavviso. Pensava, e forse sperava, che sarei morta presto, invece non successe, invece le somigliavo più di quanto sperassi perché, come lei, mi ero rifiutata di morire.
Era appena passata l'ora di cena, il locale nel bel mezzo della città era gremito di gente, ma probabilmente lo sarebbe stato a qualsiasi ora.
Parcheggiamo la freccia rossa davanti al locale e lasciammo la sua pistola in bella vista sul cruscotto, per far capire a chiunque ci provasse, che era meglio non scassarla.
Ordinai da bere per entrambe ma Alicia sembrava riluttante all'idea di ingerire qualcosa diverso dall'acqua, s'inventava che doveva guidare.
«Puoi bere sai? Ormai siamo due orfanelle, dovremmo festeggiare»
Per la prima volta da quando l'avevo ritrovata mi resse il gioco, si portò la bottiglia di birra alle labbra, la buttò giù, poi le fiorì in faccia un espressione disgustata.
«Mi racconti qualcos'altro di lei?»
Cercavo di ricordarmi la faccia di mia madre in quella di mia sorella, cercavo una somiglianza che non c'era mai stata.
«Perchè vuoi continuare a sapere di lei? Se ti fosse interessato l'avresti cercata prima ed invece non l'hai fatto» L'idea di doverle dare ragione mi diede fastidio, quel tipo di fastidio che fa bruciare lo stomaco vuoto più dell'alcol «E comunque tutto il dolore che stai provando non entrerà in un solo bicchiere»
«Lo so» Ordinai un whisky e cola «Ma si può sempre provare»
Continuammo a bere senza smettere e ad un certo punto non smettemmo più di ridere.
E l'alcol è così, ti rende felice, ti rende la testa leggera ed il cuore pure, ma non eravamo sbronze, non ancora. Uscimmo barcollando dal locale, camminavamo vicine per non perderci nel parcheggio. Camminammo così tanto che ci scordammo dov'era la macchina.
Alicia appoggiò la schiena ad una macchina qualsiasi, chiese una pausa per respirare, poi la vidi chinarsi per vomitare.
«Non lo reggi per niente l'alcol»
«Tu non reggi per niente l'emozioni, meglio io»
Ci fissammo a lungo, in silenzio. Cercava di leggermi dentro ed io lo stesso.
«Togliti la maglietta»
«Cosa?»
«Togliti la maglia, dai, devo vedere una cosa» Mi avvicinai per strattonarla e quella si allontanò come se l'avessi morsa «Non fare la scema, sono ubriaca, non una Lannister»
Senza far domande se la tolse, mostrò la pelle bianca, con le mani strette al petto e finalmente la vidi, un lembo di pelle raggrinzito e rialzato dal tempo, più bianco del resto del corpo. Una linea obbliqua che si estendeva lungo l'addome.

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Tremiladue.
FanfictionSequel di Amabili resti. Come Maca raccontava la sua storia dal risveglio dal coma, Zulema farà lo stesso per tutto il casino che è venuto dopo.