- Capitolo 6: Il mito di Aries

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20.

Matt osservò il cielo alla ricerca della vetta di quelle montagne per almeno tre minuti. Irina chiese a Candy se fosse necessaria una mappa, ma anche stavolta lei rispose di no. Disse alla ragazza russa che sarebbe stato necessario arrivare in cima e individuare il punto in cui era situato il castello di Kaneshi — almeno supponeva.
Ad Akai vennero in mente le parole del suo capo riguardanti le montagne che aveva davanti, sul fatto che procurassero uno strano effetto sull'occhio umano, che quello era ''territorio di Aries'' e altri pensieri che gli balenarono in mente in quegli attimi.
Akai non sapeva nulla di questo fantomatico Aries, aveva solamente letto qualcosa di accennato su uno dei suoi libri, che menzionavano il fatto che Aries fosse il protettore delle montagne Sangaku. Il piccolo paragrafo sul libro diceva anche che era in possesso di un'arma particolare, ossia un bastone sulle cui estremità erano presenti delle lame lunghe almeno una ventina di centimetri. Anni fa, quando lesse per la prima volta quel paragrafo e anche gli altri libri che parlavano delle creature che lui e la sua squadra avevano affrontato, si chiese come facessero le descrizioni ad essere così dettagliate. In verità, si stava domandando la stessa cosa adesso, però decise che non avrebbe dovuto farsi distrare da simili pensieri proprio in quel momento, visto che i suoi compagni erano in procinto di incominciare la scalata.
«Sarà davvero impegnativo arrivare fino alla vetta di questi monti», commentò Matt, esaminando con la mano il terreno e la roccia che avrebbero dovuto scalare.
«Non hai tutti i torti, ma essendo superiori agli esseri umani in abilità motorie, probabilmente ci riuscirà in maniera più naturale», disse Irina.
Matt guardò il pezzo di roccia nella sua mano, poi la buttò. «Tutto sommato, potresti avere ragione. Avanti, iniziamo la scalata!».

Ecco, dopo esattamente dieci minuti, il ragazzo inglese si pentì di quell'ultima frase, poiché, arrivati ormai a oltre centocinquanta metri di altezza, i Senshi iniziavano a rendersi davvero conto di quanto fosse difficile continuare la scalata. Tutto era dovuto al fatto che quelle montagne erano estremamente appuntite, ma non solo le cime, anche le parti laterali. Sarebbe bastato un attimo di distrazione per ritrovarsi con un pezzo di pietra conficcata in qualche parte del corpo. Inoltre, adesso i Guerrieri iniziavano a comprendere a pieno le parole di Higuma circa quelle montagne, dello "strano effetto che avevano sull'occhio umano". Ecco, si sarebbe potuto dire che facevano venire il mal di testa e un senso di nausea, essendo tutto dannatamente uguale. Non c'era distinzione tra un punto e l'altro, infatti sembrava che la squadra fosse sempre ferma in un unico punto. Ogni componente pensava di aver fatto una sottospecie di "giro in tondo" più o meno ogni venti secondi.
Lì sopra tirava un'aria molto più calda, sembrava di stare in un deserto. Akai iniziava a non soffrire solo il caldo, ma anche la fame. Il suo stomaco non la smetteva di brontolare, facendogli stringere i denti ogni volta. Distratto dall'ennesimo brontolio, il ragazzo si tagliò sotto al ginocchio con un appiglio appuntito, attirando l'attenzione di tutti i suoi compagni.
Ormai iniziavano a notarlo: Akai stava incominciando ad indebolirsi. Difatti, era il componente che si trovava più indietro rispetto agli altri.
«Akai, tutto bene?», domandò Aaron, con tono preoccupato.
Akai ansimò, un po' per il lieve bruciore provocato dalla ferita, un po' per la fame, un po' per il caldo e un po' per il nervoso. «Sì», rispose poi, con denti serrati, dopodiché riprese la scalata in maniera più veloce rispetto a prima.
«AAARRGHH! CHE PALLE!», sbottò Matt. «Va bene una scalata, sono un asso in questo... Mi sta bene anche un'arrampicata... MA PERCHÉ DEV'ESSERE TUTTO COSÌ APPUNTITO E COSÌ UGUALE? MI SEMBRA DI ESSERE VITTIMA DI UNA SOTTOSPECIE DI SPIRALE INFINITA! UNA... UNA SPIRALE SPUNTONATA!». Tutti lo guardarono, leggermente a disagio, anche se, in fondo, condividevano il suo stesso pensiero.
«Non credo che quel termine vada usato così», commentò Alex, con un sopracciglio inarcato.
«Non lo so... e non mi interessa!», rispose Matt, facendo una smorfia.
«Beh, almeno questa "spirale" che intendi tu, in qualche modo, fa riferimento al tuo cognome».
«Vuoi stare un po' zitto?! Non sei per niente d'aiuto!». Candy non poté fare a meno di ridacchiare, a differenza di Aaron, che in altre circostanze avrebbe abbozzato un sorriso, ma in quel momento non ne era proprio in vena.
«Oh, perdonami. Adesso ti tiro un bel calcio su quel sedere da inglesino che ti ritrovi così ti faccio arrivare in cima», disse Alex, sorridendo arrogantemente.
Per un istante, i capelli di Matt divennero più a punta, come in segno di nervosismo. «Dico io, si può sapere che accidenti di problema hai in quella testa di...».
«Ragazzi», la voce della ragazza spagnola interruppe quello che Matt stava dicendo, attirando gli sguardi dei presenti sul suo indice destro, che stava indicando in alto. «Guardate, tra qualche metro potremmo continuare la scalata a piedi, senza doverci arrampicare!». L'ultima frase di Candy fece tirare un sospiro di sollievo a tutti, e fece esclamare a Matt un potente: "GRAZIE AL CIELO!".
«Avanti, non arrendetevi», disse Irina, superando i compagni. «Questo non sarà niente in confronto a ciò che ci attende oltre queste montagne». Quelle parole cambiarono l'umore degli altri Senshi, dando vita ad un senso di preoccupazione nei loro animi.
Aaron strinse la presa di un appiglio. Ha ragione, pensò, riprendendo l'arrampicata.

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