- Capitolo 5: Dove nessuno si è mai avventurato

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15.

«Finalmente!», esclamò Matt non appena inquadrò la distesa d'acqua davanti ai suoi occhi. Non diede neanche il tempo ai suoi compagni di squadra di prestargli attenzione, che subito si tuffò nelle acque del lago Mizumi.
Irina assunse la posa di una persona immersa nei propri pensieri, per poi ripetere con voce pensierosa la frase riportata sulla tavola di pietra.
«Chi può averlo scritto?», domandò Candy, mettendosi tra Irina e Alex. Matt fece rumore con l'acqua, si tolse la maglietta, intento a sciacquarla con più cura.
«Beh, non saprei risponderti con precisione. Non è fuori discussione pensare che sia stato proprio il nostro bersaglio a farlo», rispose la russa, sempre tenendo la mano sotto il suo piccolo mento.
Akai rimase con lo sguardo fisso sulla scritta: notò che i simboli erano tanto perfetti che non sembravano fatti a mano. Sarebbe stato impossibile determinare chi fosse stato a scrivere quella frase basandosi sulla grafia.
«Tsk! È ovvio che è stato lui, chi altri, sennò? È stato il capo del Demone che ha specificato che nessun essere umano è mai riuscito ad uscire dalla foresta». In quel momento, Akai ebbe un gigantesco brivido che gli percosse l'intera colonna vertebrale, in più, un pizzico di adrenalina si faceva spazio nelle sue vene. Era tutto dovuto al modo in cui l'aveva chiamato Alex. Il ragazzo orientale si morse il labbro inferiore e successivamente si girò verso il ragazzo dagli occhi azzurri.
«Potresti gentilmente evitare di chiamarmi in quel modo?», disse. Akai non lo guardò negli occhi — anche perché quest'ultimi erano coperti dai suoi capelli ancora bagnati. (Se Alex avesse controbattuto in modo scorbutico, allora sì che l'avrebbe guardato, fino al profondo della sua anima).
Aaron percepì che il fratello era in procinto di rispondere in maniera scontrosa, pertanto gli pizzicò la nuca, evitando che rispondesse in quel modo. I due fratelli comunicarono attraverso i pensieri, e dopo lunghi secondi, Aaron riuscì a convincerlo a rispondere in maniera educata.
«D'accordo», disse Alex. In realtà, la frase che suo fratello minore gli disse di dire fu: "D'accordo. Scusami tanto, non lo farò più". Ma questo era il modo in cui parlava Aaron, non suo fratello maggiore. Ad ogni modo, quella risposta — se pur accompagnata da un tono puramente infastidito — era bastata per far sì che Akai non prestasse più attenzione allo statunitense.
«Comunque, se questa frase è stata scritta da Kaneshi, non mi viene in mente nessun motivo logico per cui avrebbe dovuto farlo, o più che altro... non ne vedo il significato. Che motivo avrebbe avuto per scrivere una cosa del genere?», disse Akai, quando puntò nuovamente gli occhi sulla grande tavola di pietra. «Non c'è bisogno di starcene qui imbambolati. Questa frase non vuol dire proprio niente. È solo un modo di Kaneshi per prendersi gioco di noi. Probabilmente non aveva di meglio da fare». Il timbro di voce del ragazzo dagli occhi rossi sembrava vagamente infastidito, dava l'impressione di essere di fretta per qualcosa. Avanzò di un paio di passi, avvicinandosi al ragazzo inglese — ancora alle prese col lavaggio della sua maglietta. «Piuttosto, come facciamo ad attraversare questa distesa d'acqua?». Akai rivolse i suoi occhi annoiati al resto della squadra. Candy arrossì senza neanche accorgersene. Nel frattempo, Matt, una volta che ebbe finito di pulire i suoi vestiti, uscì dall'acqua.
I Senshi diedero un'altra occhiata al lago, e compresero perché Akai disse "distesa d'acqua". Quello, anche se non compariva nei libri di scuola, era uno dei laghi più estesi dello stato. Higuma non aveva specificato per quanti chilometri si estendesse, ma già intravedere l'altra sponda era davvero impegnativo — gran parte dello sforzo era dovuto alla nebbia, che stava piano piano comparendo.
Irina si mise a braccia conserte. «Io sono in grado di camminare sull'acqua, congelandola, ovviamente. Mi rendo conto che non sarà molto pratico per voi, ma optando per questo metodo risparmieremo molto più tempo». Akai girò lievemente la testa, arrivando a guardarla con la coda dell'occhio. Dopodiché, diede un ulteriore e rapido sguardo al lago, per poi rispondere in maniera affermativa. Anche gli altri sembravano d'accordo.
Irina fece un paio di passi avanti, giungendo sul bagnasciuga. Ormai di spalle agli altri, la ragazza si abbassò e appoggiò con estrema cautela le mani sull'acqua. Dovrò congelare una parte d'acqua abbastanza estesa — sia in larghezza che in lunghezza —, ne consegue il fatto che io debba ricorrere all'Istant Gelo, ma dovrò calibrarlo bene, visto che questa tecnica mi permette di congelare tutto ciò che mi circonda nell'area di un paio di metri. Per fare ciò, sarà necessario sacrificare una quantità non indifferente di energia. Considerando l'impegno, direi che lo sforzo è maggiore. Dopo essersi preparata psicologicamente, Irina allargò le dita più che poteva, i suoi occhi si spalancarono e le pupille si accesero leggermente. Un debole vento congelato la circondò e in brevissimi attimi gran parte del lago Mizumi divenne completamente di ghiaccio. I compagni di squadra della ragazza si lasciarono andare a delle occhiate lievemente stupite. Matt strizzò una parte della maglietta.
La ragazza russa si alzò poco dopo, come se niente fosse. «Procediamo», disse.
«Wow! Ma è magnifico! Volendo potremmo pattinarci, qui sopra!», esclamò Candy, volando sul lago ghiacciato e sprizzando felicità da tutti i pori. «Sei stata incredibile, Irina», disse con un sorriso, dopo aver toccato il ghiaccio col dito.
«Grazie, ma non l'ho interamente congelato. Questo lago è enorme, non si riesce neanche a vedere la fine». Candy la guardò con aria vagamente confusa.
Matt sospirò rumorosamente. «Non che non apprezzi il tuo sforzo, ma, come hai detto tu, non è molto pratico per noi. Per voi è facile: questa è una tua creazione e Candy è in grado di volare. Avremmo potuto ricorrere alla sua tecnica, quella che ha usato per salvarci dall'impatto col suolo, quando l'elicottero stava precipitando».
«E allora come mai non ti sei opposto prima? Invece di farmi faticare avresti potuto esternare il tuo pensiero subito dopo la risposta di Akai», fu Irina quella che gli rispose, ma lo fece con aria estremamente tenebrosa, arrivando addirittura a congelare metà del suo corpo, come una sottospecie di avvertimento per un possibile scontro.
Immediatamente, Matt mise le mani davanti e si scusò. «M-Ma che hai capito?! Non stavo mica sminuendo il tuo sforzo, s-solo che prima non mi era venuto in mente. Sei stata eccezionale! Noi non saremmo mica stati in grado di farlo». Si mise a ridere, era visibilmente a disagio.
Certo che non saremmo stati in grado, idiota, pensò Alex. Aaron sorrise, proprio come la maga, che approfittò dell'occasione per spiegare a Matt che la tecnica che aveva usato per salvarli non aveva ancora avuto tempo di perfezionarla, e che quindi non avrebbe potuto ripeterla, visto che non aveva intenzione di farli cadere in acqua. Gli disse anche che grazie a quella tecnica evitò loro soltanto l'impatto col suolo, non li fece levitare dal momento in cui erano usciti dall'elicottero.
«Capisco perfettamente», disse Matt, assumendo la stessa posa che aveva Irina poco fa, sperando che l'avesse perdonato e che avesse fatto scomparire sia il ghiaccio dalla parte sinistra del suo corpo, sia quell'espressione agghiacciante, che lo spaventava davvero molto.
«Invece di dire fesserie, sta' zitto e lascia che ti dica una cosa», gli disse Irina, rilassando il suo corpo. Matt gli rivolse la sua completa attenzione. «Data la tua temperatura corporea, vedi di non sostare in un punto per un tempo prolungato, potresti sciogliere il ghiaccio».
«Oh, non c'è poi così bisogno di preoccuparsi», rispose, indicando i suoi vestiti bagnati. «In questo stato non emano la stessa temperatura corporea».
«Ciò non nega che tua abbia comunque una temperatura corporea più elevata di noi tutti messi insieme».
«Beh, sicuramente più di te». A Irina bastò una semplice occhiata per far sì che il ragazzo inglese si pentisse della frase appena detta e che si scusasse nell'immediatezza più assoluta.
«Tu sarai l'ultimo a raggiungere l'altra sponda, stai un passo dietro di noi». Irina glielo disse con tono così autoritario, che a Matt vennero altri brividi lungo la schiena e le braccia.
Alle risate di Candy e Aaron, si unì anche Akai, che a differenza loro aveva in volto un piccolo accenno di sorriso, che svanì subito, sostituendosi con un'espressione stranita. Si toccò la mascella, come se gli facesse male. In realtà aveva sentito qualcosa all'interno della sua bocca muoversi, ma al tatto tutto sembrava normale.
«Va tutto bene, Akai?», domandò Aaron, ancora col sorriso in volto.
Il ragazzo dagli occhi rossi appoggiò prima lo sguardo sulla faccia costantemente arrabbiata di Alex e poi sulle tenere e rosse guance del fratello. «Sì. Dai, non perdiamo altro tempo», disse, per poi rivolgere gli occhi al lago ghiacciato, facendo così volar via Candy, il cui volto era nuovamente arrossito.
«Quasi dimenticavo». Irina si mise la mano in tasca, tirando fuori la mappa che usarono per uscire fuori dalla Foresta Mori. «Tieni, Candy, ancora grazie per averci indicato la strada». La maga prese il pezzo di carta, per poi farlo magicamente sparire e sorridere alla sua compagna di squadra, la quale, ovviamente, non ricambiò. Ma per Candy non importava, perché sapeva che, internamente, aveva fatto il più grande dei sorrisi.
Quando l'intera squadra si servì di quell'enorme distesa di ghiaccio per avanzare — fatta ovviamente eccezione per Candy, visto la sua abilità che le permetteva di volare e per Aaron, che riposava momentaneamente aggrappato alle spalle del fratello — l'espressione di Matt lasciò chiaramente trasparire la sua incapacità nel muoversi su una superficie congelata. Aveva fatto sì e no una decina di passi, eppure aveva rischiato di cadere per ben dodici volte. Osservando Akai e Alex, il ragazzo castano comprese che per loro non era poi così complicato avanzare. Certo, non era come camminare su un normale pavimento, ma non mostravano così tanta inabilità. Ma che diamine! Sarà il mio potere a rendermi così incapace, il fatto che i miei vestiti siano interamente bagnati, ma che ne so! Non mi spiego come facciano quei due ad avanzare in maniera così disinvolta. Ma guardali... scommetto che se gli dessi un paio di pattini inizierebbero a pattinarci qui sopra. Nella mente del ragazzo inglese apparve l'immagine di Alex che pattinava sul ghiaccio con la sua solita espressione orgogliosa in volto. Inutile dire che non poté fare a meno di ridere. Per tanto, perse la concentrazione e di conseguenza l'equilibrio, scivolando come un allocco e urtando la fredda e dura superficie con il lombare. Quel tonfo fece girare praticamente tutti i presenti, c'era chi lo guardava con occhi divertiti e chi con occhi annoiati, e poi c'era Akai, che lo fissava con sguardo spento. Neanche lui avrebbe saputo attribuire un altro aggettivo a quell'espressione, se si fosse visto.
Irina sapeva già che cosa era successo, ancor prima che si voltasse. Lo aveva predetto che Matt sarebbe stato il primo — e molto probabilmente l'unico — a cadere. Prevedibile, pensò, sospirando debolmente.
Prima che l'inglese potesse fare qualcosa, Candy si avvicinò a lui, aiutandolo ad alzarsi. Ovviamente lo fece servendosi di una magia, non del classico modo per aiutare una persona a rialzarsi, ovvero porgendogli la propria mano. Matt la ringraziò.
«Ti sei fatto male?», domandò lei, con occhi amichevoli.
«Eh? Oh, no, sto bene», rispose. Diversamente dalle precedenti buffonate di Matt, questa non fece perdere alla squadra molto tempo, così, ripresero a camminare. Candy non aveva smesso di offrire il suo aiuto al suo compagno, tenendogli la mano, in maniera tale da evitargli un'ulteriore caduta. Il ragazzo inglese incominciò ad arrossire.
Anche se avanzavano, la sponda da raggiungere era ancora lontana, in più, la nebbia si stava infittendo.
Akai, che non aveva smesso di interrogarsi su quel bizzarro movimento tra i suoi denti, iniziò a percepire qualcosa. In seguito, anche gli altri se ne accorsero. Sentiva dei rumori che provenivano da oltre la gigantesca tavola di ghiaccio, dove la magia di Irina non era arrivata. Successivamente, i Senshi udirono altri rumori, questa volta provenivano da sotto i loro piedi, come se qualcuno stesse colpendo con smisurata aggressività il ghiaccio. Gli occhi di Akai persero un filo di luminosità per un secondo: aveva visto qualcosa muoversi, proprio sotto di lui.
«Irina, per caso la tua magia è arrivata fino alla profondità del lago?», chiese Akai, con tono impetuoso, cambiando in un batter d'occhio la sua espressione.
Prima di rispondere, la ragazza esaminò il suo sguardo, poiché sembrava più preoccupato del solito. «Ma certo», disse, poi.
Il ragazzo moro tornò a guardare il ghiaccio sotto i suoi piedi. Qualcosa non torna. Com'è possibile che io abbia udito dei rumori e che abbia visto qualcosa muoversi sotto di me se è tutto interamente congelato?
Non ci fu bisogno che Aaron usasse il suo potere per determinare attraverso i pensieri se quella cosa fosse un essere umano o un animale; era chiaro che non apparteneva a nessuna delle due razze.
Alex, forse è il caso che tu mi metta giù. Se ci sarà bisogno di combattere non puoi pensare di farlo tenendo addosso un peso, pensò Aaron, scrutando attentamente l'acqua che si vedeva in lontananza, sperando di notare qualche movimento sospetto.
Te lo scordi. Non ti sei ancora ripreso del tutto. Quella tecnica ti ha sottratto una bella dose di energia. Se il nemico si rivelasse forte, non saresti in grado di reggere per molto, rispose il fratello, attraverso un pensiero.
Allora mollami in un punto qualsiasi... Aaron non finì neanche di pensarla, quella frase, che fu subito interrotto dalla voce presente nel cervello di Alex.
Non ci pensare neanche.
Il ragazzo dai capelli dorati sgranò gli occhi per una frazione di secondo, poi, la sua solita espressione timida cambiò rapidamente in una infastidita. Alex! Sto dicendo sul serio. Non puoi combattere al meglio delle tue forze se sei impegnato a tenermi. Aaron strinse il colletto della maglia del fratello.
Vuoi stare un po' zitto? Se continui a distrarmi non riesco più a percepire da che direzione vengono i rumori. Dopo quella frase, il minore dei fratelli Jonesty si morse il labbro inferiore e non proferì più parola.
Improvvisamente, nella zona calò il silenzio. I rumori che infastidivano le orecchie dei Guerrieri erano spariti. Non si sente più nulla, pensò Akai, in maniera leggermente allarmata.
In quell'istante, la nebbia diventò ancora più fitta, impedendo di avere una chiara visione del lago ghiacciato e di ciò che lo circondava.
«Akai», disse Irina, e il ragazzo la guardò, «secondo te ci hanno già individuato?». La ragazza mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, anche dopo quella domanda.
Successivamente, anche Akai la imitò, tornando con gli occhi puntati sull'orizzonte sbiadito. «Presumo di sì. Il nemico ci sta osservando, sta attendendo il momento giusto per attaccare. Non so voi, ma io ho un brutto presentimento», rispose, per poi contrarre la mascella, accentuandola. «Non ci resta che aspettare l'attacco di colui o colei che ci sta guardando, e contrastarlo». Con l'aiuto dell'indice e del medio sbottonò la guaina e afferrò il suo coltello, facendolo roteare tra le dita con disinvoltura. «La cosa che mi preme di più sapere è il modo con cui sceglierà di attaccare». Dopo quell'ultima frase, i suoi occhi brillarono.
Nella mente di Irina risuonavano le parole del suo capo: "Un Guerriero che si rispetti deve sempre essere pronto ad ogni tipo di attacco". Contro un normale essere umano non ce ne sarebbe stato bisogno. Anche il più forte dei combattenti di boxe avrebbe fatto la figura dell'insetto di fronte ad uno dei Guerrieri. Batté le palpebre e scacciò via quella frase dalla sua testa. Nonostante non gli fosse mai importato del suo capo, riconosceva che quelle erano parole esatte. Prendendo come esempio la situazione in cui si trovava, sarebbe dovuta essere pronta ad ogni tipo di attacco nemico: dall'alto, dal basso, frontale, retrostante, da sinistra e anche da destra. Ma oltre a lei, sarebbero dovuti essere pronti anche i suoi compagni di squadra. D'altronde, erano tutti sullo stesso livello, ma con punti di forza differenti.
Alex continuò a scrutare l'orizzonte annebbiato, quando intravide quella che sembrava una sagoma. «Ragazzi», disse, e tutti i componenti della squadra lo guardarono immediatamente. Dopo aver esaminato il suo sguardo, gli altri Senshi capirono che aveva probabilmente avvistato il nemico, così guardarono nello stesso punto su cui erano posati i suoi begli occhi azzurri. Adesso la vedevano anche loro, quella figura. Sembrava un essere umano — o per lo meno aveva sembianze umane —, in particolar modo ad una donna ancora nel fiore degli anni, con un fisico simile a quello delle modelle che apparivano sulla prima pagina di una rivista di moda.
Già da quella prima visione, nella mente di Candy e Aaron si formò un'ipotesi sulla natura di quella sagoma, ma non dissero nulla, in quanto sarebbe stato ancora troppo presto per giudicare. Comunque, non era un comune essere umano, questo era certo.
In poco tempo, altre figure pressoché identiche a quella avvistata dal ragazzo statunitense comparvero. Aaron le contò: quattro. L'ipotesi formatasi nella sua mente stava per essere fondata. Le sagome si mossero, e a loro volta, i Senshi si mossero istintivamente — come fa un animale per spaventare la preda, per avvertirla che molto presto sarebbe arrivata la sua fine se avesse anche solo provato ad avanzare di un centimetro. I movimenti delle figure femminili erano estremamente soavi, sembrava quasi che stessero cercando di sedurli tramite uno strano ballo formato da movimenti lenti e sensuali.
Il ragazzo canadese provò a leggere i pensieri di quelle donne — se così si potevano chiamare — e comprese che il loro intento era proprio quello di far cadere lui, Akai, Alex e Matt in tentazione, per poi sferrare un attacco improvviso ed ucciderli. Era proprio come pensavano lui e Candy.
«Cercate di non fissarle troppo a lungo. Quelle sono delle sirene seduttrici, una specie molto pericolosa e imprevedibile», disse Aaron, mantenendo un tono di voce basso appositamente per evitare che i nemici lo sentissero.
«Delle sirene?». Matt socchiuse gli occhi intento ad esaminare al meglio i loro corpi. «Saranno anche lontane, ma si vede che dispongono di gambe». Dopo aver detto ciò, riappoggiò lo sguardo su Aaron.
Alex puntò i suoi occhi sul ragazzo inglese, dicendogli: «Ti ha appena detto di non guardarle troppo a lungo, e tu cosa fai? Le osservi con più attenzione! Sei proprio un deficiente».
«Di nuovo?! Ma sta' un po' zitto! Però... ehi, ora che le osservo meglio, noto che i loro corpi sono davvero pazzeschi!», esclamò, tornando a guardare le sagome che si muovevano. Se fossero stati i personaggi di un fumetto, Matt avrebbe avuto gli occhi a cuoricino e un accenno di bava alla bocca. Alex sospirò.
Irina congelò parte delle gambe di Matt, il ragazzo se ne accorse e chiese subito spiegazioni. «Sono riuscita a congelarti così facilmente, questa è la prova che hai abbassato la guarda», rispose lei. Matt non controbatté. «Sii serio», disse Irina, con tono di rimprovero, per poi scongelare le gambe del castano.
Le sirene seduttrici non smisero di danzare, speravano ancora che i ragazzi del gruppo avessero una forza di volontà così misera da farli avvicinare a loro, spinti ovviamente dal desiderio sessuale.
Irina alzò parzialmente il braccio destro. «Preparatevi, tra un attimo si scateneranno contro di noi». La sua mano venne avvolta da delle sottili e trasparenti strisce e dei minuscoli frammenti di ghiaccio.
«Come fai a saperl...». La domanda di Matt fu interrotta a meno di un secondo dalla fine, quando il braccio della ragazza russa era posizionato davanti a lei, in maniera tale che gli coprisse le clavicole. Le sirene smisero immediatamente di danzare in modo sensuale, era come se fossero state colpite da qualcosa. Solo in quel momento Matt realizzò che Irina aveva scagliato un attacco contro il nemico. Pazzesco, è stata così rapida che quasi non me sono accorto. L'attacco della ragazza consistette nel creare dei piccoli spuntoni di ghiaccio dal palmo della mano, per poi scagliargli a velocità supersonica contro le sagome coperte dalla nebbia, e aveva funzionato egregiamente.
A quel punto, le sirene si rialzarono, tuttavia, la loro eleganza era del tutto svanita: se prima stavano in posizione eretta, come modelle pronte ad uno scatto fotografico, adesso avevano la schiena inarcata in avanti, come degli orrendi goblin. Dalle loro bocche uscirono versi rochi, ringhiavano.
Aaron contò: tre... due... uno! I nemici si decisero ad attaccare frontalmente. Con rapidità raggiunsero il lago ghiacciato, volandoci sopra — solo all'ora i Senshi si accorsero del fatto che i loro bei corpi erano coperti in parte da dei veli color rosso corallo. Quest'ultimi si spostarono a vari metri di distanza gli uni dagli altri. Erano in superiorità numerica, quelle sirene non avrebbero dovuto rappresentare un ostacolo così grande da superare, ma le sorprese non erano finite. Infatti, ci pensò un altro essere a complicargli la situazione, ovvero il responsabile dei rumori che giravano nell'aria precedentemente. Dal ghiaccio spuntò un enorme creatura, alta almeno due, o addirittura tre metri. A confronto, le sirene seduttrici e i Guerrieri sembrano dei giocattoli. Il rumore che causò frantumando il ghiaccio fu sufficiente a cogliere alla sprovvista ogni essere vivente nella zona.
Akai e gli altri la guardarono, ricordandosi, però, di tenere sotto controllo anche le sirene seduttrici. Il nuovo nemico era un gorgone. Al posto dei capelli era presente un esagerato numero di serpenti che si muovevano in maniera ipnotica, non era possibile neanche vedere che forma avesse il cranio per quanti ne erano. I suoi seni, penzolanti, proprio come quelli delle arpie, ma a differenza delle creature alate risaltavano di più. Dagli occhi completamente neri sgorgava un liquido che sembrava pece, esso colava lungo le guance color muschio della creatura. Un gorgone non disponeva di gambe, ma di una lunga coda di rettile.
Akai spalancò gli occhi. «NON GUARDATELA NEGLI OCCHI!», urlò, non appena si rese conto cos'era ciò che avevano davanti. Grazie a quella frase pronunciata frettolosamente e con tono sorprendentemente allarmato, Akai riuscì nell'intento di attirare a sé gli sguardi dei suoi compagni di squadra. «Evitate il contatto visivo, altrimenti diventerete delle statue di pietra».
Matt sembrava il più sorpreso — susseguito da Alex — dal fatto che una creatura mitologica fosse proprio davanti a lui. Sorrise. No, non ci poteva credere. Si ricordava di quando lesse un libro a riguardo, di un coraggioso combattente che affrontò e sconfisse un mostro proprio come quello. L'autore del libro esprimeva alla perfezione la scomodità del protagonista nell'affrontare un avversario con cui non poteva avere neanche un contatto visivo di un secondo. Quando Matt, all'epoca, fu nel vivo del combattimento, pensò qualcosa come: Wow. Se capitasse a me di affrontare un simile avversario... chi può dire se ne sarei in grado?
«Tutto ciò è davvero ridicolo», commentò Alex, a denti stretti.
«Hai ragione», disse Matt, guardando la coda del gorgone che si muoveva come un pesce fuor d'acqua. «D'accordo le altre creature che abbiamo affrontato finora, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi davanti ad una creatura appartenente alla mitologia greca». Per un attimo si perse nelle sue parole, e fu proprio in quell'attimo di distrazione che il gorgone decise di attaccarlo. Anche se la superficie su cui stava era estremamente scivolosa, il nemico riusciva a slittare con molta precisione. Il ragazzo inglese impedì al gorgone di colpirlo, schivando il colpo.
Non appena i suoi piedi sfiorarono il lago ghiacciato, Irina usò la sua magia per congelarglieli, evitandogli così di scivolare. Fu come se Irina e Matt si scambiarono qualche parola telepaticamente.
«Non è il momento di pensare troppo ai particolari. In questo momento, la priorità è quella di sbarazzarci di queste seccature. Contro di noi ci sono cinque nemici, ma uno di noi non è in grado di combattere, pertanto...». Improvvisamente, una sirena seduttrice urlò, impedendo alla ragazza russa di terminare la frase. Tutti i Senshi furono costretti a tapparsi le orecchie, perché quello non era un urlo come gli altri, ma una tecnica per privare l'avversario dell'udito. Anche mantenere la forte pressione sui timpani non migliorava di molto la situazione, i Guerrieri non sarebbero stati in grado di sentire i loro pensieri neanche sforzandosi. Matt e Alex imprecarono, ma data la situazione, fu come se lo fecero in maniera muta.
Com'era prevedibile, il gorgone approfittò di quell'occasione per sferrare un altro attacco: questa volta mirando i due fratelli biondi. Alex aveva gli occhi chiusi — l'urlo era talmente rumoroso che trovavano anche fatica a tenere gli occhi aperti —, perciò fu Aaron che dovette avvertirlo dell'imminente pericolo col piede. Dopo che il fratello minore tirò un debole colpo alla gamba del maggiore, quest'ultimo riaprì gli occhi e si teletrasportò istantaneamente, facendo fare cilecca al gorgone un'altra volta. I due fratelli Jonesty ricomparvero da un'altra parte, più precisamente a molti metri di distanza dalla sirena che stava limitando i movimenti degli altri membri della squadra attraverso quella tecnica di stordimento. Alex si accorse che poteva anche smettere di tenere le mani sulle orecchie, in quanto non si trovavano più nel raggio d'azione della sirena.
«Attaccala!». Alex, ancora un po' stordito, girò lievemente la testa. «Fa' presto, attaccala!», disse Aaron, con voce colma di agitazione e con occhi lucidi, ormai non più sorretto dal fratello maggiore. Il ragazzo dagli occhi azzurri rimase fermo per altri tre secondi, poi realizzò quello che gli aveva detto il fratello. Non se lo fece ripetere una terza volta: si teletrasportò proprio alle spalle della sirena che era occupata ad urlare e conficcò le dita nei suoi occhi e gli tappò la bocca. Non appena lo fece, nell'area ritornò a regnare un silenzio assordante. Akai e gli altri componenti della squadra potettero cessare di tenere le orecchie tappate. Dall'interno, furono tutti interamente sollevati.
La sirena che Alex aveva bloccato si dimenava, ma non avrebbe mai potuto liberarsi dalla pesa ferrea del ragazzo. Sangue di un colore simile a quello di una prugna schizzò da ogni parte, arrivando anche a sporcare la maglia e il volto del ragazzo statunitense. La sirena seduttrice smise di dimenarsi improvvisamente quando Alex gli aprì la bocca talmente tanto che la parte superiore della testa si staccò, facendo così la prima vittima del lago Mizumi.
Alex gettò a terra la metà del cranio della sirena, con un pizzico di affanno. Anche lui sbottonò la guaina e tirò fuori il suo coltello. La lama era parallela al braccio con cui lo teneva, che gli copriva le labbra, lasciando intravedere solo quello sguardo torvo.
Candy afferrò la maglia del ragazzo inglese, ancora umidiccia. Matt non fece in tempo a girarsi, la ragazza dai capelli lilla gli stava sussurrando qualcosa all'orecchio. Dopo poco, il castano fece di sì con la testa, Candy gli prese le braccia ed entrambi si alzarono in volo. Gli altri Senshi li guardarono, domandandosi cosa avessero in mente di fare.
Non appena raggiunsero alta quota, Matt sorrise e le guance di Candy assunsero una debole sfumatura rossa. «Scusami tanto, Averin, ma adesso devo proprio fare il contrario di quello che mi hai detto nella foresta!», disse Matt. Irina capì al volo che si riferiva a quando lei gli disse di non usare più i suoi poteri contro il gigante, dato il danno che aveva creato.
Lo sguardo della ragazza russa si fece tagliente. Spero che tu abbia in mente qualcosa di anche solo lontanamente intelligente, pensò. Poi disse: «E va bene». Usò un tono basso, e ovviamente Matt e Candy non la sentirono. Successivamente sospirò, preparandosi mentalmente ad un'altra scemenza da parte del suo compagno di squadra.
«Okay, puoi lasciarmi adesso». Non appena Matt pronunciò quelle parole, la ragazza spagnola smise di reggerlo con le braccia — il che fu un sollievo, visto che pesava molto più di lei — e fece ricorso alla tecnica che utilizzò per salvare i suoi compagni dalla caduta dell'elicottero.
Non appena fece combaciare i polpastrelli del pollice, del medio e del mignolo l'un altro, il ragazzo inglese iniziò a levitare. Candy non era mai stata un asso nelle tecniche inerenti alla telecinesi, di conseguenza non avrebbe potuto tenere il castano a mezz'aria per così a lungo, per più di un minuto, ad essere precisi.
«Bene», disse Matt. Dopodiché, le sue mani vennero sostituite da due fiamme molto grandi, e la pelle delle sue braccia assunse un colorito arancione, come se si fosse scottato in spiaggia. Successivamente, il ragazzo puntò i palmi delle mani al cielo, aggrottò le sopracciglia e strinse con forza i denti, dando una forma completamente diversa alla sua mascella. In poco tempo, il cielo venne invaso da numerose fiamme a forma di spuntoni che scendevano ad alta velocità verso le sirene seduttrici. Le creature dal corpo snello non ebbero neanche il tempo di schivarle o di tentare di deviare la loro traiettoria con un urlo. Subito le fiamme le colpirono e le sirene urlarono in preda al dolore. In poco tempo non furono più in grado di combattere: erano morte bruciate.
Candy riportò il suo compagno di squadra a terra, sciogliendo la tecnica che lo faceva levitare. Matt si dimostrò pienamente soddisfatto del suo operato, mostrando il pugno al resto dei componenti. Lo stato attuale della grande tavola ghiacciata su cui poggiavano i piedi dei Senshi non era nelle condizioni migliori. C'erano dei buchi dappertutto, delle deboli fiamme si espandevano, sciogliendo lentamente il ghiaccio. Irina si accinse a ricongelare quelle parti, pensando che sarebbe stato svantaggioso per loro combattere in quel modo contro il gorgone, che nel frattempo sembrava non importarsene della perdita delle sirene seduttrici.
La ragazza russa toccò la tavola di ghiaccio con entrambe le mani, e sforzandosi la perfezionò, coprendo i buchi formatosi dalla magia di Matt e spegnendo le fiamme. Quando, però, cercò di raddrizzarsi, non ci riuscì subito. Si rese conto di avere consumato più energia del dovuto, ripetendo quella tecnica praticamente due volte.
Akai se ne rese conto e la osservò, poi guardò in basso: vedeva il suo riflesso. Anche se Matt ha eliminato con facilità le sirene, prevedo che la situazione diventi più spinosa di quel che già è. Dannazione, non è per nulla facile combattere su una superficie così scivolosa, specialmente contro un avversario con cui non puoi avere un contatto visivo. Si morse il labbro inferiore, pensando che lui stesso era qualcuno con cui in combattimento non si poteva avere un contatto visivo, sempre se si voleva evitare di finire prigionieri della sua tecnica.
«Adesso ci rimane solo questo stupido serpente!», disse Matt, battendosi il pugno sul palmo della mano sinistra.
«Non fare un altro passo». Con quelle parole, accompagnate da un tono tutt'altro che freddo, Akai lo immobilizzò. «Con un nemico simile non sono ammesse mosse avventate», disse, sollevando lo sguardo, arrivando al lungo collo del gorgone.
Matt fece una smorfia, come per dire: "Accidenti!". Alex rimase fermo, col coltello in mano. Gli venne in mente di attaccare, così, su due piedi, ma aveva predetto che qualcuno avrebbe detto di non fare mosse azzardate. Anche se...
Akai sembrava in procinto di dire qualcosa, tuttavia si fermò quando si accorse di un attacco imminente alle sue spalle. Si girò rapidamente, e così fecero anche Irina, Matt e Candy. La prima cosa che vide furono gli occhi di quella sagoma che stava per attaccarlo, poi capì che era un altro gorgone. Non appena il giovane dai lineamenti orientali se ne rese conto, distolse immediatamente lo sguardo, ma ormai era troppo tardi. Se anche per qualche accenno di secondo, i loro sguardi si erano incrociati. Occhi disorientati che venivano a contatto con altri che erano esageratamente aperti, con sclere invase da parecchie vene verdi.
In quei brevi attimi — il tempo che ci avrebbe impiegato il potere oculare della creatura a fare effetto —, tutti i componenti della squadra pensarono al peggio, Akai più di tutti. Aaron non aveva percepito neanche il minimo pensiero proveniente dalla mente di quel nemico, e non capiva come fosse possibile. Alex non aveva notato quella creatura, in quanto il primo gorgone coprisse la visuale. Candy si allontanò istintivamente, Matt e Irina, che erano quelli più vicini, si prepararono a contrattaccare. Era come se quella scena fu a rallentatore, perché per Akai passarono in maniera tremendamente lenta, quei due o tre secondi.
Il ragazzo asiatico aveva chiuso gli occhi, ma in seguito li riaprì. Sospirò, poiché aveva trattenuto il fiato per la durata in cui i suoi occhi erano serrati. Riusciva a respirare, poteva usufruire della vista, sbattere le palpebre. Sentiva la sensazione dei suoi piedi a contatto con una superficie, il battito accelerato del suo cuore. Provò a muovere le dita, sentiva anche quelle. Il ragazzo dagli occhi rossi, per un motivo sconosciuto a qualunque essere presente nella zona, non aveva assunto le sembianze di una statua di pietra. Non ebbe neanche il tempo di realizzarlo, né di capire che cosa stesse succedendo, che subito ci fu un grande spostamento d'aria, seguito da un grande calore. Spostò di poco lo sguardo e vide il gorgone che aveva cercato di ucciderlo tra fiamme e ghiaccio. Akai sbatté nuovamente le palpebre e si rese conto che i suoi compagni avevano iniziato ad attaccare a loro volta. Praticamente, Irina aveva sferrato un attacco da sinistra, mentre Matt da destra. La ragazza aveva mirato alla testa della creatura, trafiggendogliela con un grande spuntone di ghiaccio, mentre il ragazzo aveva direttamente optato per un sistema più "barbaro", bruciando il suo intero corpo. Il gorgone non ebbe neanche il tempo di urlare, che subito cadde a terra, e in pochi attimi finì in acqua. La tavola di ghiaccio iniziava a sciogliersi di nuovo, e Irina dovette ricongelare quella parte, usando una quantità di energia non sarebbe stato necessario consumare.
C-Che cosa?! È ancora vivo?! Alex osservò la scena, ed era sicuro che il gorgone avesse avuto il tempo necessario per trasformare il suo compagno di squadra in pietra. Comunque, nessuno ebbe il tempo di pensare a come Akai avesse fatto a sopravvivere, dal momento che l'altro gorgone, il primo che si era mostrato a loro, si apprestò ad attaccarli. Alex concentrò lo sguardo su quella creatura, pensando che aveva passato fin troppo tempo in loro compagnia. Decise di andare contro quello che Akai disse poco prima, sull'evitare mosse azzardate. Tanto... non gli importava mica. Si teletrasportò, giungendo alle spalle della creatura che serpeggiava sul ghiaccio, per poi colpirla alla schiena col coltello. Il gorgone urlò e si fermò, il ragazzo statunitense gli bloccò qualsiasi movimento con la testa con l'aiuto del piede. I piccoli serpenti che sostituivano i capelli della creatura lo morsero più volte, tentando di danneggiarlo a tal punto che spostasse il piede dal cranio della loro padrona. Essendo, quegli animaletti, non dotati di veleno nei loro denti, ad Alex non fecero neanche il solletico. Quest'ultimo diede il colpo di grazia al nemico spingendo la sua testa contro il ghiaccio, rompendolo e facendo in modo che le schegge trapassassero il volto del gorgone. In quell'istante, i serpenti smisero di morderlo, morendo insieme alla loro padrona.
Alex alzò trionfalmente lo sguardo, rivolgendolo ai suoi compagni di squadra, in particolar modo ad Akai, che lo osservò per dei lunghi secondi, con occhi alquanto titubanti. Poi, si teletrasportò di fianco al fratello e lo aiutò a rialzarsi.
Il ragazzo dagli occhi cremisi aveva un'espressione molto confusa in volto, e allo stesso tempo esterrefatta. Non aveva ancora effettivamente realizzato l'accaduto, si domandava costantemente come avesse fatto a sopravvivere. Non ci stava capendo più nulla. Immaginava che sarebbe stata una missione assai particolare, ma non avrebbe mai pensato fino a questo punto. (E si trovavano soltanto a metà strada). Ad ogni modo, il pensiero di come fosse ancora in vita non era fissato solo nella sua mente, ma anche in quelle degli altri Senshi. Quest'ultimi continuavano a guardarsi negli occhi l'un l'altro, completamente a corto di parole. In quel momento li raggiunsero anche i due fratelli Jonesty, e Alex colse l'occasione di condividere ciò che tutti stavano pensando.
«Beh, alla fine non è stato poi così difficile. "Con un nemico simile non sono ammesse mosse avventate". Ma per favore... Cosa dirai quando ci troveremo faccia a faccia col nostro target? Ripeterai la stessa cosa? Pff! Già che ci sei, perché non ci spieghi che razza di tecnica hai usato contro quel disgustoso rettile?». Non sarebbe stato Alex se non avesse aggiunto cose non necessarie, giusto per irritare il diretto interessato, ovviamente con tono sgarbato. Aaron distolse lo sguardo, molto probabilmente imbarazzato dal tono utilizzato dal fratello.
Alex aveva posto quella domanda ad Akai con molta leggerezza, pensando che si trattasse di una variante del suo potere oculare, ma invece non era così.
«Io... non lo so», rispose Akai, guardandosi i palmi delle mani, forse per controllare ulteriormente che non fosse diventato per davvero una statua di pietra. Alex alzò un sopracciglio.
«Forse il contatto visivo non è stato così intenso da pietrificarlo. Alla fine si è trattato di qualche millesimo di secondo», disse Candy.
«Hai ragione, ma in quel breve lasso di tempo avrebbe comunque potuto trasformare il mio corpo in pietra, ma non è successo». Akai socchiuse gli occhi, come se fosse molto stanco. I capelli non rendevano visibile il suo sguardo, rendendolo quasi inespressivo. Accidenti, non so neanche spiegarlo. È come se il potere di quella creatura avesse avuto effetto, ma non del tutto. Io mi sentivo bloccato, pietrificato, ma il mio corpo non lo era. Sembrava che ci fossimo scambiati gli occhi, e che mi avesse ordinato di non muovermi.
«Non è da escludere che, magari, il gorgone può aver capito che non avrebbe avuto via di scampo e che, appunto per questo, si sia interrotto», ipotizzò Matt.
Dopo quella risposta insensata — almeno per lui —, le vene sulle braccia di Alex si fecero lievemente più evidenti. «La tua spiegazione non ha assolutamente senso! Il nemico ha attaccato da dietro, la sua mossa era una sottospecie di sacrificio pur di riuscire a pietrificare almeno uno di noi. In casi del genere, non credo che la tua ipotesi possa reggere». Aaron era in procinto di dire al fratello di abbassare il tono di voce, ma Matt non glielo permise, visto che iniziò un battibecco con il ragazzo statunitense. Ormai era una cosa certa: Alex e Matt erano come due sostanze chimiche incompatibili. Se qualcuno avesse provato ad unirle, avrebbe dato vita ad un'esplosione.
«Finitela», disse Irina, interrompendo Alex e Matt e impedendo un probabile litigio. La ragazza russa si mise in postura eretta, sospirando lievemente. «Non è il momento di pensare ai dettagli. Pensiamo piuttosto a raggiungere l'altra sponda del lago. Potrebbero arrivare altri attacchi nemici, e voi non siete agevolati a combattere su una superficie simile». Con l'aiuto del pollice di sistemò dei ciuffi di capelli, dopodiché diede le spalle ai suoi compagni.
«A-Aspetta! Ma non ti interessa sapere come ha fatto Akai ad evitare la pietrificazione di quella creatura?», chiese Matt.
«Francamente no. E poi, neanche Akai è consapevole del perché la pietrificazione non ha avuto effetto, quindi che senso avrebbe accanirsi nel saperlo?», rispose. «Piuttosto, cercate di lasciarlo in pace», disse poi, lanciando un'occhiataccia verso il ragazzo dagli occhi color zaffiro.
Irina iniziò a camminare e Candy la seguì volando.
«Certo che non mostri interesse in molte cose, tu», commentò Matt, mettendosi a braccia conserte e iniziando ad avanzare nella direzione della sponda.
«Ma figurati... Per me, ogni singola creatura che mi è apparsa davanti rappresenta solo un sassolino nel mio sentiero. Tu che cosa faresti se incontrassi dei sassolini sopra al tuo sentiero? Li ignoreresti, oppure li calceresti via?». Quando Irina porse quella domanda a Matt, lo guardò dritto negli occhi, in attesa di una risposta. Era come se una bufera di neve stesse fissando intensamente un incendio, consapevole di poterlo spegnere.
Matt pensò prima di azzardare una risposta. «Non so... Vedi, il fatto è che, a differenza tua, non credo di avere un sentiero da seguire, non ancora, almeno. Volendo, potremmo dire che la vita sia il sentiero di chiunque, il cammino che ognuno deve fare. Secondo questa filosofia, potrei dire che il mio sentiero è questo».
Irina assottigliò lo sguardo. «Ciononostante, non hai risposto con esattezza alla mia domanda. Io non gradisco affatto risposte vaghe».
Anche lo sguardo del ragazzo castano si fece più serio, di conseguenza iniziò a pensare in maniera seria ad una risposta che potesse soddisfare la ragazza di ghiaccio. «Non posso saperlo con esattezza, in quanto, come ti ho detto, non sto percorrendo un cammino simile al tuo, anche se non so con precisione in che cosa consista. Comunque, la mia risposta è la seguente: cercherei di ignorarli, se fosse sempre possibile».
Ci fu un breve e sottile silenzio nell'aria, ma successivamente, Irina disse: «Proprio come fuoco e ghiaccio sono l'esatto opposto, lo siamo anche noi». Il suo tono era, come sempre, adiaforo.

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