29.

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Dopo quella assordante esplosione che diede vita ad una irrefrenabile pioggia di scaglie di ghiaccio, Irina continuò ad attaccare le due marionette manovrate dalle mani del fratello. Si rese conto non solo che i loro movimenti erano talmente fluidi da risultare quasi reali, ma anche che Ivan aveva un vero e proprio talento nel controllo delle marionette. Non lasciava a sua sorella nemmeno un attimo di tregua. Ad ogni modo, Irina non sembrava soffrire il fatto di dover affrontare due avversari. Pareva uno scontro più che equo.
Ivan piegò tre dita e rivolse parzialmente la mano verso l'alto. Quel gesto fece sì che Krot attivasse la trivellatrice che gli faceva da sostegno per iniziare a scavare sotto terra. Irina non poté impedirglielo in alcun modo, poiché le cinque mani di Vertolet la stavano al momento ostacolando. La russa afferrò rapidamente il braccio sinistro della marionetta e si affrettò a congelarglielo, poi gli tirò un calcio, però non ebbe l'effetto voluto.
«Credi che basti una semplice tecnica di congelamento per fermare le mie marionette?», gli disse Ivan, in russo. Irina lo guardò con la coda dell'occhio. Ogni volta che parlava sentiva come un brivido di rabbia che attraversava il suo intero corpo. «Siamo cresciuti in una delle zone più fredde della Russia. Non sei l'unica che è immune al freddo, anch'io lo sono, e così anche le mie marionette». Non appena finì di pronunciare quelle parole, Krot rispuntò dal terreno con la stessa rapidità di una freccia e colpì di striscio il braccio di Irina, strappandole sia i vestiti che la carne. La ragazza indietreggiò, e a parte un verso di dolore, nient'altro uscì dalla sua bocca. «Non esiste niente di diverso che le mie marionette non possano fare rispetto a me», spiegò Ivan, non appena Krot si riappoggiò a terra, creando un rumoroso tic con la punta della trivellatrice a contatto col pavimento.
Irina non disse né pensò nulla, si limitò solo ad osservare il fratello, che la guardava con quella sua solita espressione vuota, vagamente infastidita. Quello era uno sguardo che negli anni non era mai cambiato.
Nonostante Irina avesse una bruttissima ferita, sapeva già in che modo curarsela. Beh, diciamo che quello non sarebbe stato il termine più adatto, perché quel che fece fu congelarsi il punto in cui era stata ferita: ciò equivaleva a fermare il processo, ma non a curarlo. Però, in quella situazione, era l'unica cosa intelligente che potesse fare. Quella soluzione non avrebbe limitato i suoi movimenti.
«Dimmi come mai hai ucciso tutti gli abitanti del nostro villaggio d'origine». Le parole della ragazza giunsero alle orecchie del marionettista, autoritarie e taglienti.
«Credo che, dento di te, tu l'abbia già capito», rispose lui.
«Io mi sono fatta molte congetture, e tra queste sicuramente ci sarà quella fondata. Non ho tempo di elencartele, quindi sarebbe molto meglio che me lo dicessi tu», controbatté.
Ivan chiuse gli occhi, ma visto che le sue marionette erano ancora sull'attenti, non dava l'idea di starsi rilassando. «A cosa ti serve saperlo? È già accaduto e nessuno può farci niente. Essere a precisa conoscenza di tutto ciò che è accaduto e della motivazione che mi ha spinto a farlo non ti farà stare meglio, non ti completerà. E poi, Irina, a proposito di questo, tu sei mai stata anche solo vicina al pensiero di essere completa, in tutta la tua vita?». Nessuna risposta. «Non era affatto arduo da intuire. Quindi per quale motivo la conoscenza totale di quello che feci anni fa dovrebbe aiutarti a completarti?». Il tono del ragazzo risuonava incredibilmente spento, come se non avesse più alcuna ragione per continuare a vivere. In quell'istante, lui stesso dava l'idea di essere una marionetta.
«Dimmi perché l'hai fatto», ripeté Irina, dopo aver taciuto per lunghi secondi. Fu un silenzio rabbioso, il suo.
«In ogni caso, non ti sembra un po' troppo presto?». Dopo quelle parole, la ragazza si fiondò con tutta la sua velocità verso Ivan, che immediatamente si fece scudo con entrambe le marionette. Ci fu un botto fortissimo ed incredibilmente violento: Irina aveva il palmo della mano bloccato da Vertolet e Krot.
«Dimmelo», disse, con insistenza, ed essendo sempre più schietta ed evitando qualsiasi parola o anche lettera che potesse risultargli inutile.
«Perché dovrei dirlo a te? Oltre ad essere mia sorella di sangue, cosa sei? Cos'hai rappresentato per me? Niente. Sarebbe come parlare a delle mura», rispose Ivan, assottigliando lo sguardo.
Immediatamente, Irina fece una giravolta e in seguito si abbassò un po' col busto. L'attimo dopo, la sua gamba tracciò nell'aria un qualcosa di simile ad un arco e la testa di Vertolet volò dall'altra parte della stanza, sbattendo contro il grande portone, alle spalle della russa.
«Interessante. Allora sei più veloce di quel che pensassi. Faceva parte della tua tecnica non farmelo comprendere? Oppure sei solo arrabbiata perché non stai ottenendo le informazioni che cerchi disperatamente?», commentò suo fratello, chiudendo gli occhi.
Nel frangente a seguire, Ivan fece altri gesti con la mano destra, e il corpo di Vertolet fece una serie di movenze scollegate, quasi fosse in preda a delle convulsioni. Dalla schiena gli uscì qualcosa che sembrava essere un bastone, ma poi assunse una forma completamente diversa e iniziò a girare e contemporaneamente produsse un intenso rumore. Un'elica, ecco cos'era. Grazie a quella, il corpo di Vertolet iniziò ad alzarsi, fin sopra i quattro metri. Poi Ivan staccò un filo dal corpo della marionetta per collegarlo alla testa. Tramite una piccola serie di movenze gli ordinò di ritornare al suo posto e così accadde. La testa si rimise a posto come se il dito di Ivan fosse invaso dalla telecinesi. Ora la marionetta aveva di nuovo la sua testa, e in più, volava ferma nell'aria grazie all'aiuto dell'elica che gli era spuntata dalla schiena.
Vertolet e Krot erano l'una l'opposto dell'altra: una era in grado di volare e quindi di sferrare attacchi aerei, mentre l'altra era capace di scavare agilmente sotto terra, avendo così la possibilità di sferrare degli attacchi sotterranei. Irina, mentre osservava passivamente Vertolet, in alto, cercava di anticipare quali sarebbero potuti essere i prossimi movimenti che Ivan gli avrebbe fatto fare. E in verità lo pensava anche se guardava Krot, che in quel momento se ne stava appoggiato a terra, anche con le trivellatrici che aveva al posto delle mani. Avere il potere del ragazzo canadese, in quella situazione, sarebbe stato di enorme aiuto, anzi, determinante per l'esito della battaglia. Ma comunque, Irina non era tipo da scoraggiarsi così facilmente, prima di tutto perché era un'emozione che non aveva mai provato - e che sicuramente non avrebbe mai provato -, e poi perché era davanti a suo fratello maggiore. Non poteva permettersi di sbagliare, tutto doveva andare nel verso giusto e riuscire così ad ottenere la sua vendetta.

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